Lo Zibibbo – L’oro di Pantelleria
di Omar Gelsomino e Titti Metrico Foto di Milena Ippolito
Dalla terra, dal sole e dal lavoro umano ecco nascere un’altra eccellenza siciliana. Nella Perla Nera del Mediterraneo, così come chiamiamo Pantelleria, si coltiva lo Zibibbo. Conosciuto anche come Moscato d’Alessandria, lo Zibibbo vanta una storia millenaria e il legame unico e indissolubile con l’isola.
Importato probabilmente dall’Egitto, il suo nome sarebbe da ricondurre secondo alcuni autori a Capo Zebib in Africa da cui risale la dominazione araba, oppure da Zaibib cioè uva essiccata. In ogni caso, la certezza assoluta, è che Zibibbo è il vitigno e il vino Doc. Sarebbero stati i Fenici a trapiantarlo e i Saraceni a tramandarne la coltivazione. Si narra che durante la dominazione araba lo Zibibbo sopravvisse facilmente alle restrizioni religiose perché conservarono il diritto di coltivare questa varietà principalmente per appassirne i frutti, indispensabili alle gustose preparazioni culinarie, ma non disdegnavano di fare e bere del buon vino.
Nonostante fosse vietato dai principi religiosi, era ben tollerato, come dimostrano un’illustrazione conservata al Museo Salinas di Palermo, raffigurante il Fondaco dello Zibibbo e numerosi poemi medievali siculo-arabi. Il paesaggio pantesco, su cui si stagliano i ‘dammusi’, è infatti caratterizzato dalla coltivazione della vite, una viticoltura eroica per certi versi, in cui l’uomo ha saputo integrare e fondere le asperità della natura con la qualità eccellente di un prodotto. L’unico tipo di coltivazione possibile è proprio l’alberello basso, la cui piantina cresce in una conca, cioè in una buca nel suolo di terra lavica, per proteggerla dallo scirocco sferzante dal mare che modella la terra e dalla salsedine e trattenere l’umidità, tanto che l’uomo per praticare la coltivazione dell’uva ha addolcito i pendii realizzando dei terrazzamenti attraverso dei muretti a secco con pietre vulcaniche. Il caldo africano, l’assenza di piogge e il vento continuo fanno sì che l’uva presenti una forte concentrazione zuccherina.
Il metodo di coltivazione millenario, la produzione e la qualità dell’uva sono stati fondamentali per l’inserimento nel 2014 da parte dell’Unesco della Vite ad alberello di Pantelleria tra i Beni immateriali dell’Umanità. Da questo vitigno si producono il Passito di Pantelleria, che ha ottenuto la Denominazione di Origine Controllata nel 1971 e di cui esiste persino un disciplinare; il Moscato e lo spumante.
Ricche di proprietà organolettiche le uve Zibibbo sono tardive, poiché vendemmiate a fine settembre, e sono anche da appassimento. Una volta imbottigliato si presenta con il suo colore giallo dorato dai riflessi ambrati, il cui profumo è fruttato ed aromatico che ricorda i fiori secchi e la frutta matura, con sentori di arancia candita, del dattero, del miele, dell’uva passa. Cremoso al palato, imperlato dalla dolcezza della confettura e del miele e impreziosito da una nota agrumata. Conservato ad una temperatura di circa 10°- 15° C è ideale per accompagnare crostacei, ricci e piatti di pesce in genere, così come i formaggi piccanti o erborinati, ma l’abbinamento migliore è sia con la piccola pasticceria che la grande pasticceria, con i dolci della tradizione siciliana (cassata, cannoli, paste di mandorla), con dessert secchi o con gelati al pistacchio. Un’altra eccellenza siciliana, dal colore dorato e cremoso al palato, apprezzata in tutto il mondo.