“Ti Amo” E lo dico nel modo più elegante che ci sia: la POESIA

a cura di Alessia Giaquinta

Ah, l’amore! Quanti sospiri, quanti turbamenti, quanta… poesia!

Ma lo sapevate che, nella letteratura italiana, l’incontro tra amore e poesia è avvenuto proprio in Sicilia?

Proprio così: nel XIII secolo, l’imperatore Federico II decise di circondarsi di intellettuali e poeti e fare del suo Regno (lui era Re di Sicilia e imperatore del Sacro Romano Impero) un immenso centro culturale aperto agli influssi del mondo arabo, latino, greco-bizantino e tedesco. Insomma, possiamo immaginare la Palermo di quel tempo: ricca, vivace e culturalmente all’avanguardia: il “top”, diremmo oggi!

Ed è proprio in questo ambiente che nacque la Scuola Poetica Siciliana, ossia il primo gruppo di poeti italiani che si espressero in lingua volgare (non più il latino ma nella lingua del vulgus, del popolo), trattando temi non religiosi: i poeti siciliani avevano deciso di cantare l’amore. E non tanto l’amore inteso come sentimento universale bensì quello che si rivolge alla propria amata, una donna di cui vengono cantate tutte le virtù e paragonata agli elementi naturali più preziosi. E lo fanno in maniera elegante, sperimentando così importanti forme metriche e compositive.

Stefano Protonotaro, probabilmente natio di Messina, fu uno dei maggiori esponenti (insieme a Giacomo da Lentini, Pier Delle Vigne, e lo stesso imperatore Federico II col figlio Enzo) della scuola poetica siciliana. Proprio il suo componimento “Pir meu cori alligrari” è l’unico giunto sino a noi nella sua forma originale (gli altri componimenti invece subiranno una toscanizzazione quando verranno raccolte nei Canzonieri) e rappresenta, dunque, non solo una preziosa testimonianza della magnifica realtà culturale di quel tempo, ma continua ad essere viva e raffinata espressione di un amore che è capace di “alligrari”, rallegrare il cuore e al tempo stesso di far sopportare qualsiasi sofferenza, nell’attesa e speranza che l’amata ricambi il sentimento d’amore.


Vi propongo allora i versi del congedo del componimento, con a fianco la parafrasi che può essere d’aiuto per una maggiore comprensione (prestate attenzione anche alla lingua: è il siciliano del XIII secolo!). Se vi piacerà, vi invito alla lettura integrale di “Pir meu cori alligrari”. E perché no: magari potrà ispirare qualcuno per il prossimo San Valentino o anche per cantare le virtù della donna in occasione della sua festa, l’8 marzo!

Ad ogni modo, buona lettura.

 

(…) E si pir suffiriri

       ni per amar lïalmenti e timiri

       omu acquistau d’amur gran beninanza     

dig[i]u avir confurtanza

       eu, chi amu e timu e servi[vi] a tutturi

       cilatamenti plu[i] chi autru amaduri.

 

(…) E se per il fatto di sopportare

o amare con lealtà e timore

 qualcuno ha ottenuto la felicità amorosa,

 devo avere fiducia (pure) io,

che amo e temo e vi servo di continuo,

in segreto, più di ogni altro innamorato.

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