Teatro Massimo di Palermo. Emblema dell’arte che rinnova i popoli.
di Giulia Monaco, foto di: Samuel Tasca, Letizia Tantillo, Roberta Fustaino
Il 16 maggio 1897 il sipario del Teatro Massimo di Palermo si spalancava per la prima volta sulla sua vasta platea con l’opera Falstaff di Giuseppe Verdi. Si inaugurava così il più grande teatro lirico d’ Italia e uno tra i più grandi d’Europa, terzo per ordine di grandezza dopo l’Opéra National di Parigi e la Staatsoper di Vienna.
Il Teatro Massimo, intitolato a Vittorio Emanuele, venne pensato per promuovere la città dopo l’Unità d’Italia proclamata nel 1861. Progettato da Giovan Battista Filippo Basile, noto architetto palermitano, la sua prima pietra fu posata il 12 gennaio 1875, anniversario della rivoluzione siciliana del 1848, in piazza Giuseppe Verdi, come a rappresentare una cerniera simbolica tra la città vecchia e la città nuova.
Concepito come un vero e proprio tempio della musica lirica, fu costruito seguendo le caratteristiche di un edificio religioso greco-romano. Il complesso architettonico è articolato con l’armonia e l’ eleganza tipiche dello stile neoclassico. Una scalinata monumentale introduce a un pronao con sei grandi colonne corinzie. A conferire maggiore solennità all’ingresso, ai lati della scalinata si stagliano due imponenti leoni bronzei, allegorie della Tragedia e della Lirica.
Lo sguardo dei passanti, affascinato dalla maestosità e imponenza del teatro, viene attratto dalla scritta “L’Arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l’avvenire” collocata sul fregio della facciata principale. L’autore di questa epigrafe è avvolto da un alone di mistero: per oltre un secolo, nei vari ambienti culturali cittadini, non sono mancate attribuzioni a volte fantasiose: da Pirandello a Verga, da Verdi al patriota palermitano Perez. Chiunque sia il vero autore, ha certamente consegnato all’eternità un messaggio d’impatto notevole, sottolineando il ruolo determinante dell’arte e della cultura nella crescita sociale e civile dei popoli.
Ma i misteri che aleggiano attorno al Massimo non finiscono qui. In un teatro di tale valenza simbolica poteva forse mancare un fantasma dell’opera? Certo che no. Tanto più se per la sua costruzione si decise di abbattere, tra le altre cose, un numero ragguardevole di chiese e monasteri. Leggenda vuole che, tra le varie demolizioni, sia stata involontariamente profanata la tomba della madre superiora del convento di San Giuliano. La quale, per vendicarsi del disturbo del suo riposo eterno, stagliò una maledizione sul teatro: è per questo, pare, che la sua costruzione durò ben 23 anni, ed è per questo che per altri 23 anni (dal 1974 al 1997) rimase chiuso per lavori di restauro. Sembra sia stata avvistata più volte l’ombra di una monaca che si aggira irrequieta tra le quinte e nei sotterranei del teatro, e si dice inoltre che chi non crede alla leggenda è destinato a inciampare nel traditore “gradino della suora”, posto in prossimità dell’ingresso.
Il maleficio della monachella evidentemente non bastò a impedire che il Teatro Massimo diventasse famoso in tutto il mondo. Tra i motivi di celebrità c’è la sua acustica di eccellenza, riconosciuta a livello mondiale e accreditata persino dalla scienza. Per ottenerla l’architetto Basile, dopo aver visitato e studiato i più grandi teatri che erano già sorti in Europa nell’Ottocento, adottò per il Massimo geniali soluzioni costruttive, giocando con leggere asimmetrie, perfezionando il rapporto fra l’altezza e l’ampiezza della sala e del palcoscenico e rivoluzionando la collocazione dell’orchestra.
Il Teatro Massimo è senza dubbio uno dei simboli di eleganza e magnificenza del capoluogo siciliano, e continua a essere un importantissimo polo culturale internazionale. Oggi vanta una florida stagione artistica fatta di opere, balletti, concerti musicali d’eccezione e rassegne di musica contemporanea. Artisti di tutto il mondo trovano qui il loro tempio consacrato alla divina arte della musica.