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Marzocca Sarcinelli a Castelbuono

Spettacolo a Castelbuono con Marco Marzocca & Stefano Sarcinelli

In occasione del DiVino Festival la sera del 29 luglio si terrà lo spettacolo comico “Ciao Signò” con la partecipazione dell’attore e cabarettista Marco Marzocca e con Stefano Sarcinelli.
La manifestazione è organizzata dai ragazzi del festival sempre impegnati nella ricerca di attori comici che non siano i soliti nomi del panorama artistico regionale.
In scena Marco Marzocca si legge nelle note dello spettacolo – porto anche la voglia di divertire e di divertirmi. Questo è uno spettacolo comico semplice, divertente, esilarante per tutta la famiglia: lo scopo è proprio quello divertire le persone che verranno a vederci”.
Una serie infinita di gags comiche ed esilaranti che coinvolgerà il pubblico fin dall’inizio dello spettacolo con incursioni a sorpresa di alcuni degli storici personaggi di Marco Marzocca che hanno fatto la storia della comicità degli ultimi anni. Uno spettacolo per tutte le famiglie, divertente e coinvolgente.
 
Marzocca Sarcinelli a Castelbuono
Al premio Gusto DiVino saranno premiati :
 
Nicola Nocella è un fenomeno. Ha talento, umanità, umorismo, passione, follia: tutto in eccesso. Come quel John Belushi a cui ha rubato la faccia (e che portò a teatro con Omar Pedrini in Sangue Impazzito). Con Il figlio più piccolo di Pupi Avati se ne accorsero tutti, ma senza santi in Paradiso e con un carattere piuttosto fumantino, due cose che nel cinema italiano non si accoppiano bene, le porte del successo non si sono aperte. Non del tutto. Lui si è rimboccato le maniche, si è arrabbiato (tanto), si è fatto conoscere per gli status su Facebook quasi quanto per il suo lavoro. Fino a quando lo abbiamo incontrato nel centro di Roma, su Via Nazionale, tra la Nike di Via Torino – “mica scherzavo, io le scarpe da ginnastica coatte sotto lo smoking le metto davvero” – e IBS – Libraccio, perché il ragazzo è così: corpo e anima, un colosso dal cuore puro. Uno che ha fatto tre spot elettorali per entrare in cinquina che parodiando grandi cult del cinema avevano come claim “invece di votare uno bravo, votate Nocella”. Lui ai David di Donatello, è il caso di dirlo, ci va perché vuole mettere le scarpe sul tavolo. “Per prenderci meno sul serio, e perché sono un po’ punk”.
Simone Fracassi, classe 1965, è un personaggio sanguigno: fa il macellaio. Ma che macellaio! E’ il re della Chianina, il profeta del Prosciutto del Casentino, il fondamentalista della carne (sana). La sua macelleria, a Rassina di Castel Focognano, nel Casentino appunto, provincia di Arezzo, ha lunga storia, che parte dal 1927: 90 anni portati bene.
Gabriele Gorelli, un anno da Master of Wine: Era fine febbraio dello scorso anno, quando l’Italia poteva finalmente festeggiare il suo primo Master of Wine, il 418esimo della storia del prestigioso Istituto inglese. Gabriele Gorelli, wine expert e designer, con le radici saldamente affondate a Montalcino, conquistava il tanto ambito titolo che mai nessuno era riuscito a portare dentro i confini nazionali. Un percorso a ostacoli che solo un runner come lui, abituato ai tornati di Montalcino e alle corse in mezzo ai filari, poteva affrontare con la determinazione dei suoi trent’anni (oggi ne ha 38)
Nel 2015 ha fondato una seconda società di vendita e marketing, KH Wines, con clienti che vanno dalle cantine agli importatori e ristoranti gourmet. Partecipa regolarmente a concorsi enologici nazionali e internazionali come presentatore e giudice. Gabriele Gorelli. Il primo e unico master of wine italiano, brand ambassador della britannica OenoGroup, leader globale nella gestione del vino da investimento.
Enrico Bartolini  Proprietario dell’Enrico Bartolini al Mudec di Milano, Enrico Bartolini con le sue 9 stelle Michelin è lo chef più stellato d’Italia.
Bartolini è l’unico chef al mondo ad aver conquistato quattro stelle in una sola volta, di cui due per il suo ristorante al Mudec, che oggi ha tre stelle Michelin, e ha ricevuto l’ultima stella nel 2021, grazie al ristorante Poggio Rosso in provincia di Siena, uno degli altri cinque ristoranti che lo chef ha in tutta Italia.
Con nove macarons Enrico Bartolini è il cuoco più stellato d’Italia e – primo italiano – in quarta posizione nella classifica mondiale dopo Alain Ducasse, Pierre Gagnaire e Martín Berasategui.
Presenta Daniele Lucca la voce del Salone del Gusto / terra madre
Vittorio Barbera

Vittorio Barbera, un talento nascente della comicità siciliana. 

Di Samuel Tasca

 

«Sono Vittorio Barbera, comico e showman palermitano. Un saluto a tutti i lettori di Bianca Magazine!».

Si presenta così Vittorio Barbera, classe 1997, giovanissimo talento palermitano con una spiccata vocazione per la comicità. 

Vittorio, quando ti sei accorto di voler fare il comico nella vita?
«Fin da quando ero un bambino, all’età di cinque anni, per la precisione. Già da piccolo facevo degli spettacolini in famiglia dove interpretavo il cosiddetto cuntu, raccontando la storia di Santa Rosalia in dialetto. Ho sempre amato esibirmi. Ricordo che una volta, guardando il Festival di Sanremo con i miei genitori, dissi loro: “Un giorno io lo presenterò”».

Spazi dal teatro, alla radio, alle emittenti locali e ogni giorno cresce la tua popolarità sui social… qual è tra questi il palcoscenico che preferisci e perché?

«Il mio lavoro è fatto di varie sfaccettature e amo tutto quello che faccio: dal web alla radio e alla tv per l’appunto, ma il primo amore in assoluto, come dico sempre, è il teatro. Quello che mi dà il palcoscenico, il contatto col pubblico, l’adrenalina e l’ansia prima di entrare in scena, gli applausi e le risate della gente, è qualcosa che non riesco a descrivere. A mio parere, il palco per un artista è la culla ancestrale. Le emozioni, le vibrazioni che percepisci una volta in scena te le porterai dietro tutta la vita. Per questo penso che la cultura del teatro e degli spettacoli dal vivo vada valorizzata sempre e tramandata alle nuove generazioni, che spesso dimenticano quanto, senza il teatro e quello che rappresenta, tantissime cose non esisterebbero».

Quanto è importante far ridere le persone?

«Tantissimo. La risata è terapeutica. Ho sempre amato fare ridere la gente, potergli regalare un momento di evasione tramite l’ausilio della risata che considero la cosa più spontanea che esista. Quando ridi dimentichi i problemi e tutto quello che bisogna affrontare ogni giorno. E anche quando ridi amaramente, in quel momento la risata ti sta salvando da qualcosa che probabilmente ti fa male. Ridere, anche in un contesto storico come quello che stiamo vivendo oggi, penso sia davvero il regalo più grande che ognuno di noi possa concedersi. Io ho avuto la fortuna di riuscire a trasformare la mia passione in un lavoro, e di questo ne sono grato. E sapere che il mio lavoro, grazie ad una risata, può far star meglio qualcuno, mi rende incredibilmente felice».

 

Nel 2021 ti sei schierato a difesa delle donne, esponendoti sul tema del catcalling. Ci sono altre tematiche sociali che per te sono importanti e che ti piacerebbe affrontare seppur con ironia?

«Penso che la comicità, la satira siano un ottimo veicolo per fare denuncia e le tematiche che ho affrontato, affronto e voglio affrontare sono veramente tantissime. Se anche la risata può dar voce a un fenomeno che sta virando nel modo sbagliato, considero giusto parlarne. La risata è sinonimo di riflessione, di coscienza e di consapevolezza».

Un tuo sogno nel cassetto.

«Bella domanda! I miei sogni sono veramente tanti, tantissimi. Uno tra questi, appunto, è arrivare un giorno a presentare il Festival di Sanremo! Per sicurezza ho già chiesto ad Amadeus cosa ne pensa!».

 

Cosa si prospetta nel tuo futuro?

«Non posso fare spoiler e anticipare nulla, ma sto lavorando veramente a tantissime cose. Spero ovviamente che nel mio futuro ci siano tante belle esperienze e soddisfazioni. L’importante è impegnarsi e lavorare sodo. Va bene, dai, qualcosa ve la anticipo: Amadeus non mi ha ancora risposto!».

Vittorio Barbera

Con questa battuta salutiamo Vittorio Barbera augurandogli che la sua strada sia lastricata di successi e di duro lavoro e, perché no, che possa portarlo, un giorno, su quel tanto desiderato palco del Teatro Ariston.

Se siete curiosi di vederlo in scena, vi suggeriamo il suo prossimo spettacolo: Sabato 7 maggio 2022, alle ore 22:00, presso Panormos Officina Artistica, sita in Via Generale Arimondi 5 A a Palermo, si terrà uno spettacolo Live Musicabaret.

 

Valerio Ludini

Valerio Ludini a teatro in Sicilia

 

“Il mansplaining spiegato a mia figlia” il 25 e il 26 gennaio al Teatro Metropolitan di Catania e al Golden di Palermo

Grande attesa per le date siciliane di Valerio Lundini. Il comico e conduttore, considerato personaggio dell’anno, acclamato dalla critica e dagli addetti ai lavori, porterà nei teatri isolani lo spettacolo “Il mansplaining spiegato a mia figlia”. Dopo il successo di ‘Una Pezza di Lundini’ e il tutto esaurito nelle 24 tappe del tour estivo, Lundini sarà al teatro Metropolitan di Catania martedì 25 gennaio 2022 e al teatro Golden di Palermo mercoledì 26 gennaio. Gli spettacoli inizieranno alle ore 21. Grazie agli ascolti da record in seconda serata su Rai Due, con le irriverenti interviste di Una Pezza di Lundini, “Il mansplaining spiegato a mia figlia – tour teatrale”, sarà l’occasione per Lundini di incontrare il pubblico dal vivo, portando con sé il suo rinnovato linguaggio di comicità televisiva. Il conduttore porta per la prima volta sui palcoscenici dei grandi teatri italiani sketch surreali, canzoni, giochi satirici di parole ed effetti speciali multimediali, il tutto proposto nel suo inconfondibile stile. Con Una pezza di Lundini, ha portato nella televisione italiana un inedito, rinnovato e originale late night comedy, con servizi surreali lontani dai luoghi comuni, dal buonismo e dai cliché. Con ‘Il mansplaining spiegato a mia figlia – tour nei bei teatri’ il pubblico avrà modo di scoprire dal vivo la versatilità ironica, sarcastica e giocosa di un nuovo fuoriclasse della risata inaspettata che vanta, lontano dalla tv, un decennio di gavetta sui più disparati palcoscenici, ma anche come fumettista, in radio come autore e non solo. I biglietti dello spettacolo, prodotto e distribuito da Vigna PR e DO7, sono in vendita su Ticketone.it (n.tel 095 – 892101) e nei circuiti locali autorizzati: ctbox (n.tel 095 – 7225340), al botteghino teatro Metropolitan di Catania (in via Sant’Euplio 21 – n.tel 095 322323) e al botteghino del Teatro Golden di Palermo (in via Terrasanta, 60 – n.091-6284702). Per info e approfondimenti è possibile telefonare al 393.94.50.020 o inviare una mail all’indirizzo agavespettacoli@inwind.it o anche collegarsi al sito 

bit.ly/lundinilive21. Di seguito il costo dei biglietti: poltronissima € 37.95, poltrona € 32.20 e distinti € 26.45.

Note sull’artista

Valerio Lundini nasce a Roma nel 1986. Si diploma alla Scuola Romana dei Fumetti e inizia a scrivere abitualmente sulla rivista Linus. Oltre all’attività di musicista con i Vazzanikki, fa l’autore alla radio e alla TV collaborando, tra gli altri, con Nino Frassica e Lillo & Greg. Nel 2019 partecipa in qualità di autore e comico al programma ‘Battute?’ in onda in seconda serata su Rai 2. Nel 2020 partecipa come co-conduttore al programma ‘L’Altro Festival’, nuova versione del DopoFestival di Sanremo, in streaming su RaiPlay e sempre nel 2020 arriva il suo primo ruolo da conduttore principale nel programma ‘Una pezza di Lundini’. Il 2 marzo 2021 pubblica ‘Era Meglio il Libro’, la sua prima opera letteraria, entrando direttamente al 1° posto nella classifica Bestseller di IBS Libri Narrativa Italiana. Il 4 marzo duetta in diretta su RAI1 con Fulminacci alla 70esima edizione del Festival di Sanremo, interpretando insieme al cantautore romano (ed arricchendo alla sua maniera) la canzone Penso Positivo di Jovanotti.

Nell’estate 2021 realizza un trionfale tour con il suo spettacolo Il Mansplaning spiegato a mia figlia, registrando tutti soldout: lo show ha riscosso un enorme riscontro di pubblico e di consenso tra gli addetti ai lavori, ribadendo l’eclettica creatività del comico e presentatore romano.

anteprima frassica

Nino Frassica, l’attore siciliano simbolo della TV italiana

nino frassica

di Omar Gelsomino   Foto di Art Show

Personaggio poliedrico, Nino Frassica da anni si è imposto come comico, attore, conduttore e scrittore. Partendo dalla sua Messina, dopo aver studiato al Piccolo di Milano, ha raggiunto il meritato successo divenendo un simbolo della televisione italiana e della radio con programmi di successo.  Adesso sta per tornare in TV e in libreria con un suo nuovo libro.

Notato dal grande Renzo Arbore, Nino Frassica partecipò a “FF.SS.”, “Quelli della notte” e “Indietro tutta”, ha presentato “Ritira il premio” e partecipato a diverse trasmissioni: da “Fantastico” a “Domenica In”, da “Scommettiamo che”? a “I Cervelloni”, da “Acqua calda” a “Colorado Cafè” e “Markette”. Protagonista nella fiction televisiva “Don Matteo” e di altri prodotti tv di successo come “Che fuori tempo che fa” e “La mafia uccide solo d’estate”, è stato anche testimonial di campagne di sensibilizzazione contro il fumo e altri fenomeni sociali. Fra i tanti impegni artistici siamo riusciti a raggiungerlo per strappargli un’intervista condita di tante sue esilaranti gag a cui ci ha abituati.

Com’ era Nino Frassica bambino?
«Un po’ come tutti i bambini non amavo studiare e preferivo giocare e uscire con gli amici, lo svago e il divertimento. Sin da piccolo marinavo la scuola per andare al cinema agli spettacoli della mattina».

Quando è nata la passione per lo spettacolo?
«Io ho cominciato da divoratore di spettacoli, andavo a vedere tutti gli spettacoli musicali o teatrali che facevano a Messina, tutte le settimane andavo al cinema, e poi tantissima tv, tanta radio, ero un ingordo, che vedeva di tutto, e che si appassionava ad alcune cose. Si formava il mio gusto. E negli anni ’70 impazzivo per Alto Gradimento, Cochi e Renato e la comicità siciliana di Tuccio Musumeci e Pippo Pattavina. Ero uno spettatore che voleva capire perché mi facevano così tanto ridere quei determinati artisti. Diciamo che li ammiravo e li studiavo. E sognavo di saper fare quello che facevano loro».

nino frassica

Nino Frassica, artista poliedrico, lei è attore, frate, giornalista, scrittore, ecc. Come si definisce?
«Una showgirl!!!».

Quando ha scelto di diventare un comico?
«La mia palestra è stato il mio paese Galati Marina vicino Messina, e nel periodo giovanile con i miei coetanei si “cazzeggiava” parecchio, notavo che tutti ridevano alle mie battute, per cui a un certo punto mi sono detto di provare a farlo diventare un mestiere, gestivo un dancing (a quei tempi le discoteche le chiamavano così) e a scuola approfittavo per organizzare serate a tema che potessero darmi la possibilità di provare le mie battute ed il mio stile comico».

Cosa preferisce fra teatro, radio, cinema e tv?
«Solitamente la risposta dipende da chi mi intervista, se l’intervista verte sul teatro, dico il teatro, se l’intervista verte sul cinema, rispondo il cinema ecc., quindi… dipende».

Come nasce la band dei Los Plaggers?
«Nasce dal mio amore per la musica, la musica in generale mi fa sempre stare bene, da qui la voglia di essere accompagnato da sei formidabili musicisti, tutti siciliani e io sono la Guast Star del gruppo».

Nonostante da anni viva a Roma, quanto è legato alla Sicilia?
«Tantissimo, e ancor di più proprio per il fatto che vivo a Roma, ma quando posso cerco di legare gli impegni di lavoro a una toccata e fuga siciliana. C’è tutta la Sicilia sempre con me, ci sono le mie origini e i miei ricordi e quando posso caratterizzo sempre i miei personaggi rendendoli più simili e vicini alle mie radici: è un fatto naturale, se devo recitare e posso scegliere o dare indicazioni agli sceneggiatori preferisco essere me stesso, quindi un siciliano con la propria cadenza che ogni tanto si lascia scappare qualche frase nel suo dialetto».

Ci racconta l’incontro con Renzo Arbore?
«Questa domanda non me l’hanno mai fatta! Da ragazzo ero “Alto Gradimento radio dipendente”, non a caso mi proposi ad Arbore, ero consapevole del fatto che il mio stile era molto vicino al suo e a quello dei suoi amici/collaboratori, così fingendomi la mia segreteria telefonica che parlava con la sua, gli ho lasciato una serie di messaggi “surreali” in cui però non ho mai lasciato il mio numero per essere richiamato, tranne che nell’ultimo e ad un certo punto mi richiamò».

Avete immaginato di lavorare insieme ad un nuovo programma tipo “Indietro tutta”?
«Fino a un paio di anni fa abbiamo condotto insieme “Guarda…Stupisci” e “Indietro tutta! 30 e lode”, in occasione dell’anniversario di “Indietro tutta”, non ci precludiamo nulla».

Quali sorprese riserva ai lettori nel suo nuovo libro?
«Il mio nuovo libro, “Vipp. Tutta la Veritàne”, prende in giro le star e pure un po’ me stesso, punta sui loro difetti ma è una favola».

Cosa le piacerebbe fare che ancora non ha fatto?
«Mi piacerebbe fare una sitcom, qualche idea c’ è vedremo… Mi mancano i fotoromanzi, ma prima o poi farò anche quelli! Ma se devo rispondere più seriamente, dico che mi sento in credito con il cinema».

Quali sono i suoi progetti futuri?
«In questo momento sto girando “Don Matteo 13” e da inizio ottobre riprenderà «Che Tempo Che Fa» di Fabio Fazio, nel quale continuerò ad essere ospite fisso».

 

sergio vespertino

Sergio Vespertino, il valore di una risata

di Samuel Tasca   Foto di Vincenzo Zaffuto

Lo avrete visto in numerose fiction, dall’ultimo successo di “Màkari” a “La mafia uccide solo d’estate”; molti lo seguono a teatro dove rimangono catturati dalla sua comicità spiccata e genuina: stiamo parlando di Sergio Vespertino, palermitano dallo sguardo intenso che, partendo dal teatro, ha saputo conquistare anche il pubblico di cinema e televisione.

Sergio, ci racconti perché hai scelto di fare l’attore?
«Perché avevo bisogno di vedere attorno a me gente che ride. Sentivo la voglia e la necessità di interfacciarmi con un pubblico nel migliore dei modi: dando infinite possibilità all’anima. Comunicare è qualcosa di incredibile che ho sempre nutrito sin da bambino. Già da piccolo inventavo delle storie che poi mi divertivo a interpretare assieme agli amici. Ricordo le mie avventure di Zorro nelle quali con la mia spada giocattolo fingevo che il mio cane fosse il mio cavallo».

E poi com’è andata?
«Poi ho avuto la fortuna di conoscere delle persone che mi hanno aiutato a levigare la mia recitazione, che mi hanno dettato i perimetri di scena e quant’altro c’è da sapere. Primo tra tutti il grande regista Pippo Spicuzza a Palermo e poi, allo Stabile di Catania, alcuni tra i nomi più importanti come Turi Ferro, Tuccio Musumeci e Pippo Pattavina. In seguito, ho iniziato a scrivere dei monologhi, cosa che per me fu una novità. Così, dal 2003, ho iniziato questa nuova avventura da solo in scena, anche se non sono mai del tutto da solo perché con me c’è sempre il Maestro Pier Paolo Petta che coadiuva tutte le musiche e con i suoi suoni colora il mio percorso narrativo».

Quando scrivi da cosa trai ispirazione?
«Più che altro dalla vita. Non ho mai voluto attingere troppo ai classici. Mi sono detto: “Perché non possiamo parlare di questo tempo e del nostro bagaglio che ci portiamo dentro?”. Parto spesso dai miei ricordi d’infanzia, dalle persone che hanno condiviso parte del mio cammino, dall’idea di poter ridere di noi stessi facendo anche dell’autocritica».

Perché è così importante una risata secondo te?
«Sono uno di quelli che crede che il meglio di noi stessi si ottenga solamente grazie ad un sorriso. Siamo in un’epoca nella quale ci rendiamo conto di non essere il centro del mondo e che la vita è spesso caratterizzata da sforzi, sacrifici e disillusioni. È qui che nasce in me la voglia di trovare nella risata una forma di alternativa a quanto di negativo può succedere».

Qual è un ruolo che ti ha caratterizzato particolarmente?
«Dopo l’esperienza nella fiction “La Mafia Uccide solo d’Estate”, nella quale interpretavo Tommaso Buscetta, ho avuto la possibilità di continuare la collaborazione con Pierfrancesco Diliberto (Pif) con il film al cinema “In guerra per amore”, nel quale interpretavo il ruolo di un cieco. È stata una bella sfida dal punto di vista recitativo perché sicuramente non capita tutti i giorni di interpretare un personaggio che possiede un handicap di questo tipo».

C’è qualche nuovo progetto in arrivo?
«Ho partecipato al nuovo film di Aldo Baglio, con la regia di Alessio Lauria, che mi ha dato la possibilità di usare alcune mie forme di coinvolgimento verso il pubblico senza essere troppo imbrigliato nel personaggio, lasciandomi un certo grado di libertà. “Una boccata d’aria” uscirà alla fine di quest’anno e racconterà questa storia che parte da Milano, per poi arrivare qui in Sicilia tra i territori di Segesta e Calatafimi. Nel frattempo continuerò a lavorare con la Rai, mantenendo il mio personaggio di Girolamo Ammirata all’interno de “Il Paradiso delle Signore”. E poi tanto teatro da portare in Sicilia e nel resto della penisola».

Nei tuoi progetti ti porti spesso dietro la tua Sicilia…
«Sì, penso si possa fare molto per valorizzare alcuni luoghi di questa terra. Una bella iniziativa che ho condiviso col Maestro Petta è stata quella di portare lo spettacolo “Novecento” in giro per i teatri di pietra della Sicilia. Un’esperienza che ha permesso a me per primo di scoprire alcuni luoghi incredibili».

 

 

 

TOTO CALI anteprima

Totò Calì, ironia e creatività al servizio dei più fragili

Articolo di Patrizia Rubino   Graphic by Totò Calì

È noto al pubblico soprattutto per essere il vignettista sarcastico ed irriverente da ben 27 anni del quotidiano catanese “La Sicilia”, ma per Totò Calì questa definizione è sin troppo stretta; pittore, musicista, scenografo, autore e regista, scrittore. Una laurea in Accademia di Belle Arti e una in Scienze e Tecniche Psicologiche. Un uomo, un artista dalle mille sfumature che ha scelto di mettere la sua creatività anche a servizio delle persone fragili, affette da disturbi mentali per offrire loro percorsi per riscoprire il sé smarrito nei meandri della malattia.

L’arte e la creatività come terapia per il disagio psichico.
«Diciamo che ho raggiunto questa consapevolezza in maniera graduale e del tutto casuale. Tutto ebbe inizio qualche anno fa quando misi in scena due spettacoli come dire surreali, sicuramente fuori dagli schemi classici, ma che esprimevano una creatività libera da condizionamenti. Piacquero molto ad un amico psichiatra che trovò il mio linguaggio espressivo un utile strumento per tirare fuori sentimenti ed emozioni di chi vive oppresso dal disagio mentale. In seguito affrontai il tema della follia, in uno spettacolo dal titolo “Pazza – Il gioco dell’oca”. La protagonista, la pazza appunto, grida la sua voglia di vivere e al tempo stesso sfoga il suo senso di sopraffazione perché costretta a vivere in un ambiente chiuso che la incatena sempre più al suo disagio. Compresi che attraverso la creatività che può avere mille sfaccettature si possono risvegliare fiumi di emozioni e capacità inesplorate anche nelle menti fragili dei cosiddetti folli».

Da lì non ti sei più fermato.
«Sì, ho sentito l’esigenza di portare fuori dalle mura il pensiero del paziente psichiatrico, di liberarlo e renderlo manifesto. Sono trascorsi circa dieci anni da quando ho iniziato a collaborare con le comunità per riabilitazione psichiatrica. Da qualche tempo opero in una struttura a Paliano, in provincia di Frosinone. Grazie alla sensibilità e alla grande apertura mentale, e qui ci sta proprio bene, dell’amministratore unico Enzo Prisco, riesco a fare un lavoro straordinario con gli ospiti. Musica, pittura, attività teatrale, piccoli cortometraggi, o anche la visita ad un museo, tutto può essere un mezzo per sollecitare emozioni e benessere anche in coloro che inizialmente sembrano non voler uscire dal loro guscio di totale chiusura verso l’esterno. Recentemente abbiamo realizzato un docu-film dal titolo “Quante rose a nascondere un abisso”, su come ha vissuto la pandemia, quella della prima ondata, la comunità di Paliano; i ragazzi hanno partecipato realizzando le interviste e in qualità di assistenti alla regia. Volevo che, attraverso il racconto delle persone si rendessero conto, di una situazione che perlopiù conoscevano solo dalla tv. Un modo per renderli parte integrante di questo particolare momento».

Forte di queste esperienze da qualche anno curi la sezione Cinema e Psichiatria, nell’ambito della rassegna cinematografica “Corti in Cortile”.
«Si tratta di uno spazio dedicato ai progetti artistici, o meglio di espressività creativa, realizzati dagli ospiti delle comunità di riabilitazione psichiatrica. Un’opportunità per questi ragazzi per confrontarsi e raccontarsi davanti ad un pubblico vero, per esprimere sentimenti, emozioni o anche semplicemente se stessi».

Non possiamo non fare un cenno alle tue vignette sempre specchio dell’attualità. Ma com’ è nata la passione per la satira?
«All’età di dieci anni, durante il funerale di mio nonno, feci le caricature dei miei parenti. Questo mi servì ad alleggerire un’atmosfera pesante e difficile da sostenere. Il sarcasmo, la satira, il non prendersi mai troppo sul serio sono importanti chiavi di lettura per superare paure e disagi. Restando sull’attualità, in quest’ultimo periodo ho prodotto moltissime vignette sulla pandemia. Penso che ne farò un libro. Ci troviamo sicuramente davanti ad una delle più grandi paure del nostro tempo, non ci resta che esorcizzarla con l’ironia e il sorriso».

friscia

Sergio Friscia: «Lo spettacolo è il mio mondo»

Articolo di Omar Gelsomino    Foto di Luca Evangelisti

È un artista poliedrico. Uno showman di razza amatissimo dal pubblico. Sergio Friscia, palermitano doc, riesce a interpretare tanti personaggi con la sua spontaneità, dal comico al drammatico. Attore di cinema, teatro, imitatore, dj, speaker, conduttore è un vero personaggio dello spettacolo. Tra una battuta e l’altra Sergio Friscia si racconta a Bianca Magazine, dall’infanzia agli esordi, dalla gavetta al meritato successo.

«Da bambino ero una peste (ride, ndr). Mio padre girava in macchina per Palermo tutta la notte sino a quando non mi addormentavo. Mi sono fatto cacciare dall’asilo perchè dicevo le parolacce imparate da mio cugino e da mio zio. Mi portavano in giro ad abbordare le ragazze e mi insegnavano a dire “Che belle cosce che hai”, per poi intervenire, quando era il momento, con: “Scusa mio nipote, ciao, molto piacere!”. Così loro facevano la parte dei fighi ed io quello vastasissimo. Nessuno dei miei parenti voleva tenermi con loro e mia madre, allora direttore, fu costretta a portarmi con lei al Banco di Sicilia. Sono cresciuto nelle agenzie di Palermo, insegnando le parolacce anche ai cassieri. Essere un grande osservatore da piccolo mi è servito per creare i miei personaggi. Indossavo parrucche, gli occhiali della nonna e le collane per imitare i miei parenti. Per intrattenere i miei compagni delle elementari la maestra mi faceva raccontare le storie del mio cane Cilì. L’improvvisazione è stata una delle mie armi vincenti per districarmi nelle situazioni, pensare velocemente ad una battuta che può chiudere un concetto. Sono sempre stato aggregante. Ancora oggi Amadeus, Carlo Conti e altri dicono che “è bello avermi nel gruppo perchè ci divertiamo e lavoriamo in armonia”, così come sui set dei film».

Il sogno accarezzato del mondo dello spettacolo è poi diventato realtà. «Sognavo di fare questo mestiere, di avere un mio show in prima serata su Rai 1 e un ruolo da protagonista in un film con De Niro e Al Pacino, i miei attori preferiti. Ho sempre sognato in grande, crescendo capisci che non dipende dal tuo impegno e dal tuo talento, ma da altre cose che non fanno parte del tuo modo di essere: cerchi di fare il tuo, senza chiedere niente a nessuno e camminando con le tue gambe. Ti rendi conto che nella nostra società non c’è meritocrazia. Come dico sempre nella vita è questione di culo: o ce l’hai o… La passione per lo spettacolo è nata quando facevo l’animatore nei villaggi turistici: ricordo che negli spettacoli serali facevo l’attore, il regista, il coreografo e senza mezzi dovevo inventarmi tutto. Quando cominciai a fare televisione arrivò un successo incredibile. Io e Francesco Vallone di Tele Sud ci inventammo Limitati Network: chiamai alcuni amici, Gioacchino Caponetto e Fabio Pellerito, a co-condurre insieme a me, poi è nato “Belli sodi”, e insieme a Marcello Mordino e Vittorio Cassarà formammo un trio ottenendo tutto il successo possibile in Sicilia. Compresi però che se volevo fare il salto nazionale dovevo lasciare la mia amata Sicilia, il suo mare, tutte le sicurezze per fare la gavetta e la fame, con tutte le difficoltà del caso: esperienze che ho raccontato nel mio libro “Un girovita da mediano” per Rai Eri. La soddisfazione più bella è arrivata quando, nel mitico Studio Uno di via Teulada 66, ho condotto Mezzogiorno in famiglia dal 2009 al 2019, ideato e diretto da Michele Guardì».

Un’altra sua passione è la musica, dopo anni di gavetta, con programmi di successo. «Ho iniziato a collaborare con le radio: gli esordi come deejay con Radio Young e Radio Time e deejay vocalist nelle discoteche siciliane, poi sono arrivate Radio Kiss Kiss e la trasmissione su RDS insieme alla grande Anna Pettinelli, con cui conduco il programma di punta mattutino. La radio è il mio primo amore e rimane il più grande». Apprezzato dal pubblico per la sua umiltà e per essere rimasto il Sergio Friscia di sempre. «Anche se in Italia è considerata una malattia mi piace essere poliedrico. Ritengo che ci siano gli attori e i non attori, quelli che hanno un talento innato e sui propri errori con umiltà crescono e si migliorano; poi ci sono quelli che se non chiedono la raccomandazione non lavorano mai, ma sono quelli che lavorano di più. Devi scontrarti con la realtà, quando ti si dà l’opportunità devi dare il massimo, lasciare un bel ricordo, il profumo come si dice da noi. Io continuerò a spaziare: radio, cinema, fiction, teatro interpretando qualsiasi ruolo. Il pubblico mi apprezza nei ruoli comici nei film di Pieraccioni e di Ficarra e Picone, in teatro con “Aladin, il musical geniale”, o drammatici come nel “Capo dei capi” e “Squadra antimafia”. Lo spettacolo è il mio mondo. Mi piace regalare sorrisi ed emozioni, sorprendere e stupire. Ho il pubblico dalla mia parte, c’ è un rapporto di fiducia e stima reciproco, nessuno mai potrà togliermi questo affetto. Nella vita quotidiana sono il Sergio di sempre, quello che ero al liceo, ho gli amici di sempre con cui condivido tutto, ci confidiamo e confrontiamo: se mi dicono certe cose lo fanno per farmi crescere ed è importante ascoltarli. Riconoscono che sono la persona di sempre, che non mi sono montato la testa, che ho avuto la fortuna di vivere di quello che ho sempre voluto fare: sto facendo il mestiere che amo di più al mondo».

Congedandosi da noi ci svela alcuni suoi desideri e non possiamo che augurargli di realizzarli perché li merita davvero. «Prima di chiudere la mia carriera artistica mi piacerebbe interpretare un film da protagonista e un one man show perché ho alcune mie storie nel cassetto. Sicuramente non succederà né l’una né l’altra cosa, ma se avverrà tuttu bonu e binidittu (tutto buono e benedetto, ndr). Voglio continuare a divertirmi, ma non me lo fate diventare un lavoro (ride, ndr). Soprattutto in questi momenti è fondamentale regalare sorrisi. Viva la vita, la serenità e l’amore, quei valori che mi hanno insegnato i miei genitori e che un giorno trasmetterò, se ci saranno, ai miei figli. Grazie di questa bellissima chiacchierata».  

bm

Antonello Costa, l’artigiano dello spettacolo che mette il buonumore

Articolo di Alessia Giaquinta   Foto di Fabrizio Frigerio

A come Attore, B come Ballerino, C come Cantante, D come Delizioso, E come Entusiasmante, F come Fenomenale… Insomma, si potrebbe procedere all’infinito. A ogni lettera dell’alfabeto corrisponde più di una competenza o aggettivo attribuibili a lui, G come il grande Antonello Costa.

Lo incontro in camerino, dopo l’esibizione nel suo ultimo spettacolo-varietà “C Factor”, a Città della Notte presso Augusta, suo luogo natio, tra l’altro.
Antonello vive a Roma dal 1991 e si muove in tutta Italia per donare al suo pubblico ore di spensieratezza e allegria.

Quando nasce Antonello-Artista?
«(ride, ndr). Mia mamma mi racconta che a tre anni mi divertivo a imitare il mio bisnonno. Mi piaceva fare ridere i parenti. A quattordici anni ho iniziato a fare teatro con una compagnia di Augusta “Teatro Minimo” diretta da Giuseppe Amato. Lui disse a mia mamma “suo figlio è portato per il teatro, lo faccia studiare”. Così, dopo il liceo, mi trasferii a Roma per studiare recitazione, canto, ballo, insomma tutto ciò che serve per sostenere il talento».

Potremmo dire che lo studio è alla base in questo lavoro?
«Certo. È importantissimo. Negli spettacoli nulla è affidato al caso ma ogni battuta, movimento, pausa viene studiata nei dettagli. Ecco perché per preparare uno spettacolo passano parecchi mesi. Non è facile far ridere… ».

E nella vita, lontano dal palco, come sei?
«Beh, devo ammettere che mi piace molto scherzare ma non sono l’Antonello-Artista. C’è differenza tra la sfera privata e lavorativa: sul palco faccio quello che ho studiato e che devo fare, nella vita mi diverto con gli amici, amo la mia famiglia e mi rilasso pescando e suonando la chitarra».

Quindi Antonello persona e personaggio da una parte coincidono, dall’altra fanno vita differente…
«Sì, necessariamente. Ma non è stato facile comprenderlo. Io sono eccessivo in tutto, appartengo alla categoria dei capi-comici. In passato facevo l’ errore di dedicare gran parte del mio tempo all’Antonello-Artista finché un’amica psicologa mi ha aiutato a comprendere che tu sei due: se non coccoli, nel mio caso, l’Antonello-Persona ne risente l’Antonello-Artista e viceversa».

E l’Antonello-Artista, nella sua carriera, ha dato vita a numerosi personaggi. A quali sei maggiormente legato?
«I personaggi sono come dei figli. Ciascuno di loro nasce in un momento e in un contesto che lo rende speciale. Sicuramente sono legatissimo a Sergio (sììììììì) perché è stato il primo e don Antonino, nome di mio nonno, che me lo ricorda tantissimo».

Cosa fai prima di entrare in scena?
«A parte il “merda, merda, merda” di rito, gestisco la concentrazione controllando autonomamente ogni cosa che mi riguarda: ho due bauli interi pieni di parrucche e oggetti, senza contare le camicie, stirate esclusivamente da me. Questo potei definirlo un rito».

Hai un motto?
«Quando si è giovani, l’obiettivo è diventare famoso poi, negli anni, capisci che è molto più importante cercare di diventare bravo».

Utilizzi il corpo in maniera sublime: hai le capacità dei più grandi artisti mondiali, Michael Jackson per esempio…
«Avevo quindici anni quando ho scoperto che mi veniva facile imitare Totò, John Travolta, Michael Jackson, appunto. In discoteca, quando ballavo, si creava un cerchio attorno a me, era un’attrazione. Una cosa però è importante: io utilizzo il loro stile per creare un pezzo tutto mio, non è un copia-incolla».

In cosa sarai impegnato prossimamente?
«Da ottobre a dicembre sarò impegnato come protagonista in una commedia con Barbara Bouchet, Fiordaliso e Sergio Vastano. A gennaio, febbraio e marzo farò la mia commedia. Ad aprile o maggio debutterò col mio nuovo varietà al Teatro Olimpico di Roma».

Prima di chiudere l’intervista fa una considerazione spontanea: “Sono fortunato perché faccio il lavoro che amo”. Lo abbraccio e mi sorride, anche con lo sguardo.
Mette il buonumore – anche solo a parlarci – l’artigiano dello spettacolo, come ama definirsi. Ad maiora, Antonello, la Sicilia è fiera di te!

 

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Roberto Lipari, un comico veramente “eccezionale”

Articolo di Gaetano Cutello    Foto di Biagio Tinghino

Dai quartieri di Palermo ai palcoscenici delle più importanti emittenti televisive nazionali, la strada è lunga.
Ne sa qualcosa il comico Roberto Lipari, classe ‘90, che vanta oramai un percorso artistico degno di nota, dovuto principalmente alla vittoria della prima edizione del talent show comico “Eccezionale veramente” in cui è riuscito a farsi amare dal pubblico del piccolo schermo.
Oggi Roberto, oltre ad essere un idolo sui social, fa parte del cast dello storico laboratorio Zelig e gestisce un Lab al Convento Cabaret insieme ai comici Matranga e Minafò, con i quali ha collaborato per i testi del programma di Rai 2 “Made in Sud”.

Roberto quando hai sentito l’esigenza di comunicare attraverso la comicità?
«In realtà, essendo molto timido, attraverso questo strumento riesco a dire cose che altrimenti non riuscirei a esprimere. Quindi, più che una scelta è una vera e propria esigenza che ho sempre sentito nella vita di tutti i giorni, sin da bambino».

Tu dici che la comicità è un veicolo… ma quanto è difficile trattare tematiche molto spesso spinose attraverso la comicità?
«Molto. Esistono, infatti, due possibilità: la prima è di essere troppo scontati e quindi il rischio di dire qualcosa che il pubblico ha sentito migliaia di volte, la seconda, invece, è infastidire qualcuno che magari la prende più sul personale.
L’esempio perfetto è il film “La vita è bella” di Benigni, nel quale è riuscito a inserire, all’interno della cosa più brutta della storia dell’umanità, un corpo comico, riuscendo a far arrivare il messaggio a tutti. Ovviamente è molto rischioso, ma se riesce il risultato che ne viene fuori è strabiliante».

Com’è cambiata la tua vita dopo la vittoria di Eccezionale Veramente?
«La cosa più preziosa che ho ottenuto da questa vittoria è senza ombra di dubbio l’affetto della gente.
Si è creato, infatti, una sorta di legame fra me e il pubblico che tifava per me, un po’ come accade per le squadre di calcio».

Che consigli dai ai giovani di oggi?
«A parte che io sono ancora giovane (ride, n.d.a.), ai giovani consiglio di inseguire i propri sogni proprio come me che volevo fare questo mestiere, anche se la società ci dice che questo non è un vero lavoro, soprattutto in Sicilia. Siccome le nostre generazioni il lavoro se lo devono inventare, abbiamo la possibilità di sperimentare e reinventare ogni giorno qualcosa di nuovo.
Certo, a volte fallirete, come ho fatto anch’io del resto, ma l’importante è non mollare mai.
Cercate di costruire i vostri sogni e non abbandonateli mai».

Quali sono i tuoi progetti futuri?
«Adesso sto scrivendo una sceneggiatura per un film che penso, si vedrà nel 2019, per poi tornare in televisione e in teatro».

Attendiamo con ansia i prossimi lavori del simpaticissimo Roberto Lipari, cui auguriamo una carriera ricca di successi, certi che grazie al suo tipico umorismo siciliano conquisterà sempre più i nostri cuori.