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Raccontami di Te a Donnafugata

I RACCONTI PRENDONO FORMA E DIVENTANO OPERE D’ARTE. SUCCESSO DI PARTECIPAZIONE PER IL PROGETTO “RACCONTAMI DI TE” AL CASTELLO DI DONNAFUGATA. UN ESPERIMENTO LETTERARIO DA CUI E’ NATO GIA’ UN PRIMO LIBRO E UNA MOSTRA

Momenti che diventano ricordi, ricordi che diventano parole, parole che diventano colori. E poi prendono forma e diventano opere d’arte. Un inaspettato quanto straordinario successo per l’iniziativa “Raccontami di te”, la prima edizione del contest promosso da Malìa, start-up ragusana in ambito culturale, che ha chiamato a raccolta, ottenendo la partecipazione da più parti d’Italia, scrittori e non che si sono cimentati nella produzione di un racconto riguardante una persona cara.

In pochi mesi sono arrivati vari testi, molto interessanti e pieni di ricordi, ma anche di aneddoti e curiosità. Dall’iniziativa lanciata da Debhorah Di Rosa e Salvo Garipoli sono stati selezionati 38 racconti inseriti nel volume del libro “Raccontami di te” presentato ufficialmente al Castello di Donnafugata a Ragusa e “trasformati” in opere d’arte da sei artisti siciliani, Claudia Clemente, Simone Favero, Denise Giacchi, Ilenia Madaro, Milena Nicosia, Mario Occhipinti.

Raccontami di Te a Donnafugata

Ispirati dalle parole di quei racconti, hanno creato quadri che raffigurano quelle storie adesso in mostra fino al 29 settembre (dal martedì alla domenica dalle 16 alle 20) nella sala bianca del castello, inaugurata al termine di una piacevole serata che ha visto, tra gli ospiti, anche lo scrittore Michele Arezzo e il bravissimo violinista Daniele Rizza e oltre 300 spettatori. Ma la cosa forse più bella è stato l’incontro tra gli autori dei racconti e i sei artisti che hanno interpretato quei racconti per farli diventare opere d’arte e che per la prima volta si sono incontrati tra gli applausi di tutti. “Un’emozione vissuta pienamente, con tante sfumature diverse, dall’inizio, da quando è nata l’idea, fino ad adesso con la pubblicazione del libro che raccoglie i racconti, un esperimento letterario che ci ha arricchito tantissimo, in primis a noi ma anche a tutte le persone che si sono lasciate coinvolgere – spiegano gli ideatori Debhorah Di Rosa e Salvo Garipoli -.

Raccontami di te al castello di donnafugata

Le parole sono diventate colori, e insieme hanno creato un corpus unico che adesso si potrà ammirare al Castello di Donnafugata sprigionando arte”. Il progetto ha il patrocinio del Comune di Ragusa, con in testa il sindaco Peppe Cassì e l’assessore alla Cultura, Clorinda Arezzo e il supporto dell’associazione nazionale Case della Memoria. Informazioni sul sito www.raccontamidite.com che è una vera e propria piattaforma digitale, nata per dare voce a tutti coloro i quali vogliono raccontare il proprio vissuto attraverso la storia di una persona speciale.

scena valzer Il Gattopardo

I luoghi del Gattopardo. La “vecchia e nuova Sicilia” di Luchino Visconti

di Giulia Monaco,

   Foto di Di Natale Maria e Ass. B.C. Sicilia

 

Basta pensare al “Gattopardo”, e in un attimo la mente ci trasporta in uno sfarzoso salone gremito di gente. Gli occhi di tutti sono incantati ad osservare una coppia che danza sulle note del Valzer brillante di Verdi: si tratta di Claudia Cardinale e Burt Lancaster, nei panni di Angelica e del Principe di Salina. È una scena altamente simbolica, che rappresenta l’unione tra gli ideali della vecchia aristocrazia siciliana ormai decadente, impersonati da don Fabrizio, e la nuova borghesia nascente personificata da Angelica.

Il film “Il Gattopardo”, uscito nel 1963, è la trasposizione cinematografica dell’omonimo capolavoro di Tomasi di Lampedusa, e narra le vicende della società siciliana a seguito dello sbarco dei Mille, durante il delicato passaggio dal regime borbonico all’Unità d’Italia.

scena valzer Il Gattopardo

Il regista Luchino Visconti non si limitò a girare un film, ma dipinse un vero e proprio affresco, modellato alla perfezione sul progetto letterario di Tomasi. Ogni scena è un quadro votato al dettaglio e all’ eleganza estetica, e restituisce l’idea di quella Sicilia nuova e vecchia insieme raccontata dallo scrittore: una Sicilia in cui “è necessario che tutto cambi perché tutto rimanga com’ è”, per usare le parole del personaggio di Tancredi.

Per giungere a questo risultato fu determinante la scelta delle location, che impegnò il regista per diversi mesi. Ad accompagnarlo in Sicilia durante i sopralluoghi c’erano lo scenografo Mario Garbuglia, l’organizzatore generale Pietro Notarianni e Gioacchino Lanza Tomasi, figlio adottivo di Tomasi di Lampedusa. Visconti non era disposto a badare a spese: quando il produttore gli raccomandò di contenere i costi che crescevano sempre di più, rispose «Io questo film lo posso fare solo così. Se lei vuole, mi può sostituire».

museo il gattopardo

Gran parte delle riprese si svolsero a Palermo: piazza San Giovanni Decollato, piazza della Vittoria allo Spasimo, piazza Sant’Euno e piazza della Marina furono i set principali, dove fu necessario fare importanti interventi al paesaggio per ricreare lo scenario ottocentesco della Sicilia post-unitaria. C’erano centinaia di saracinesche da sostituire con tende e persiane, la pavimentazione di asfalto da occultare con la terra battuta, pali e fili della luce e del telefono da eliminare.

La residenza dei Salina fu ricreata nella magnifica Villa Boscogrande, edificio tardo barocco situato sulle pendici del Monte Pellegrino, in cui fu realizzato un intervento di restauro nel tempo record di ventiquattro giorni. Infissi, pavimenti e soffitti furono rimessi a nuovo, le pareti furono affrescate e tappezzate, e la facciata venne completamente restaurata.

Per il Castello di Donnafugata, che nel romanzo sostituiva il feudo di Palma di Montechiaro, appartenuto alla famiglia dello scrittore, il regista scelse la città di Ciminna. Il viaggio verso la residenza estiva dei principi fu girato nei favolosi scenari della campagna di Piana degli Albanesi. Molte scene, inoltre, furono girate all’interno del Palazzo Manganelli a Catania.

location il gattopardo

L’ unica location già pronta e impeccabile era il Palazzo Valguarnera-Gangi, nel cuore di Palermo. Visconti ne rimase estasiato, e lo scelse per girare la scena iconica del ballo, che con i suoi 44 minuti di durata è la più importante dell’intera pellicola. Il salone giallo del palazzo venne allestito per l’occasione con estrema cura e raffinatezza. Le riprese durarono cinque settimane, durante le quali ogni sera venivano abbigliate seicento comparse e accese migliaia di candele, per ricreare al meglio l’atmosfera dell’epoca. Il risultato fu che la festa dei Ponteleone descritta da Tomasi tornò magicamente in vita tra le mura del salone, e la scena valse al film un meritatissimo Nastro d’Argento per la scenografia.

Probabilmente neppure lo stesso Visconti avrebbe mai potuto immaginare che quel valzer di Angelica e don Fabrizio era destinato a diventare la danza più celebre della storia del cinema.