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Festival città di Mascalucia: Sabato 6 Agosto la finale del concorso canoro giunto alla tredicesima edizione

di Patrizia Rubino

Dopo mesi di selezioni, realizzate in diverse località della Sicilia e a Malta, a cui hanno preso parte oltre 120 aspiranti cantanti, sabato 6 agosto si terrà la finale della manifestazione canora “Festival Città di Mascalucia”. L’evento giunto alla tredicesima edizione è patrocinato dal Comune di Mascalucia e si terrà al Parco Trinità Manenti alle ore 21,00.

Sul palcoscenico si esibiranno i 30 cantanti che si sono aggiudicati la finale, suddivisi in tre categorie: junior, senior e inediti.

Locandina festival canoro mascalucia

Diverse e accattivanti le proposte musicali dei partecipanti che canteranno dal vivo accompagnati da un’orchestra di 25 elementi, diretta dal maestro Daniel Zappa. La manifestazione organizzata dal prof. Carmelo Russo e Nunzio Russo dell’Associazione Cenacolo 2000 Produzione Spettacoli con la collaborazione tecnica di Lino Mancuso, rappresenta da oltre un decennio un appuntamento importante in Sicilia per coloro che aspirano ad iniziare una carriera nel mondo della musica.

Dalle scorse edizioni, infatti, sono emersi diversi giovani talenti che stanno proseguendo con successo il loro percorso formativo e lavorativo. «La nostra mission – spiega Maurizio Casella ideatore e direttore artistico della manifestazione, grande cultore di musica – è quella di trovare talenti, appassionati di musica, con la speranza che poi con lavoro, impegno e determinazione possano trovare la forza di emergere. Noi – aggiunge – offriamo una vetrina e un’esperienza di confronto. Le sfide se si vorrà proseguire saranno tante, ma se ci si crede si possono anche vincere».

A decretare i vincitori per ciascuna categoria sarà come da tradizione una giuria di professionisti di primissimo piano, nelle passate edizioni sono stati presenti tra gli altri il maestro Beppe Vessicchio, la cantante Mariella Nava, la vocal coach Valentina Ducros, solo per citarne alcuni.

giuria festival canoro mascalucia

Nel parterre dei giudici di quest’anno ci sarà il cantautore e musicista Luca Madonia, Rori Di Benedetto, autore e produttore musicale, e Marco Vito, cantante, direttore d’orchestra e musical performer. Sarà presente anche una giuria composta da giornalisti e addetti ai lavori del settore radio televisivo che assegnerà il premio della critica e quello per la migliore presenza scenica.

Ospite della serata che sarà condotta da Ruggero Sardo, la giovane e talentuosa Christina Magrin, già protagonista dello Junior Eurovision Song Contest.

oriana civile

Tredici racconti in lingua siciliana: dalle leggende alla denuncia sociale di Oriana Civile

IL PRIMO ALBUM DI INEDITI DI ORIANA CIVILE

Tredici racconti in lingua siciliana: dalle leggende alla denuncia sociale

PRIMO SINGOLO ESTRATTO: UNNI SINI

Il video: https://www.youtube.com/watch?v=bRZNd3mfwYU

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Si intitola “Storii (tra il serio e il faceto)” il nuovo album di Oriana Civile, artista, studiosa delle tradizioni musicali siciliane e interprete del repertorio di tradizione orale della sua terra. Si tratta del suo primo disco di inediti: tredici brani, tredici racconti in lingua siciliana dalle sonorità minimaliste e di grande impatto. Registrato in presa diretta, come un live in studio insieme al chitarrista Nino Milia, sorprende per il carisma e la grande genuinità interpretativa della Civile. “Ho voluto un disco – dice l’artista – che fosse più vicino possibile a quello che si ascolta in un mio concerto. Per questo ho ricercato un suono reale e senza artifizi”.

A comporlo, come indica il titolo, una manciata di storie. Storie personali e storie collettive. Storie individuali e storie universali. Tredici brani che si aprono con una canzone il cui testo è una poesia dell’avvocato Pippo Mancuso, tratta dal libro “Malu Tempu – strofe strofacce aneddoti”. Tra le tracce del disco incontriamo poi paesaggi, leggende, denunce, provocazioni e strambi interrogativi ai quali dare finalmente una risposta definitiva, come il sesso dell’arancin*. Ma anche personaggi come Attilio Manca (la cui morte è uno dei misteri italiani legati a Cosa Nostra), Claudio (agente di scorta di Paolo Borsellino) e Luciano Traina e addirittura Lady Gaga, la pop-star americana originaria di Naso, il paese in provincia di Messina da cui viene anche Oriana Civile.

Questi brani – scrive la Civile nell’introduzione all’album – sono un esplicito invito ad approfondire la conoscenza di queste storie che sembrano lontane da noi ma non lo sono affatto”.

Nel booklet ogni canzone è accompagnata da una fotografia estratta dal progetto “Life (serie Faces and Hands)” di Raffaele Montepaone, fotografo calabrese, instancabile ricercatore di espressioni ed atmosfere senza tempo, “lo ringrazio sentitamente di vero cuore per aver abbracciato la mia idea; queste fotografie sono la testimonianza di un mondo pieno di dignità e bellezza che ci appartiene nel profondo, il mondo che io canto, e io le trovo semplicemente meravigliose”

Storii”, che è stato preceduto da una fortunata campagna di crowdfunding, esce per l’etichetta Suoni Indelebili ed è distribuito da Ird.

TRACCIA DOPO TRACCIA (Guida all’ascolto a cura di Oriana Civile)

01. U ME RITRATTU

testo di Pippo Mancuso – musica di Oriana Civile

U me ritrattu” mi descrive con le parole dell’Avvocato Pippo Mancuso. È l’unico brano del disco il cui testo non è scritto da me, ma mi racconta alla perfezione; io non sarei stata capace di descrivermi allo stesso modo. Il componimento è contenuto nella raccolta Malu Tempu – strofe strofacce aneddoti di Pippo Mancuso (Casa Costanza, 2018).

02. PUNTI DI VISTA – 14 LUGLIO 2017

Questo brano racconta l’arrivo dei migranti a Castell’Umberto il 14 luglio del 2017. Una piccola comunità sconvolta dall’arrivo di cinquanta ragazzini neri, accolti con le barricate dal sindaco e pochi suoi seguaci. Il paese, mai considerato prima dai media, è stato letteralmente invaso dalle telecamere; la RAI, Mediaset e persino la BBC hanno messo le tende a Castell’Umberto per settimane, intervistando passanti e abitanti pro e contro accoglienza. Un caso mediatico senza precedenti nelle nostre zone.

A Castell’Umberto c’è il seminario vescovile. In questa occasione io mi sono chiesta: ma se queste persone, invece che essere etichettate come “migranti”, fossero stati seminaristi? L’accoglienza sarebbe stata sicuramente diversa. Ecco l’importanza dei Punti di vista.

Da questa esperienza è nato il Coordinamento Senza Frontiere, la più bella realtà di accoglienza che abbia mai vissuto. Perché, come diceva “qualcuno”, se «dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior».

03. ‘A RISURVEMMU

Qual è il sesso dell’arancin*? Un’annosa questione, questa, per la nostra terra. Io l’ho risolta così: perché mai eliminare l’uno o l’altra? Sarebbe bene che convivessero e che magari lo facessero in pace, anzi in amore. La tradizione va mantenuta anche attraverso la lingua, certe volte, e questa è una di quelle. Dalle mie parti l’arancino è maschio; lo è sempre stato. Se a mio nonno parlavi di “arancine”, lui restava dubbioso di fronte a qualcosa che non conosceva. Lo stesso vale per Palermo e i palermitani; lì l’arancina è femmina e così deve continuare ad essere. Le motivazioni possono essere (e sono) svariate; proprio per questo è giusto mantenere e preservare ognuno le proprie tradizioni, senza cercare di eliminare quelle degli altri. D’altronde la diversità è ricchezza da sempre.

04. UNCIA E SDUNCIA

Comincia il viaggio attraverso i paesi dei Nebrodi. Nei Nebrodi esiste una “figura mitologica”, ‘a Buffa di Lonci (il rospo di Longi), alla quale è legato un modo di dire diffuso in tutto il territorio che, quando l’ho sentito per la prima volta da mia nonna, non ci ho capito nulla e ho dovuto chiedere spiegazioni. Il detto è: «Uncia e sduncia, sempri carcirata a Lonci resti» (Gonfia e sgonfia, resti sempre carcerata a Longi). Questo detto si utilizza quando proprio non si vuole fare una cosa, ma è necessario farla, anche controvoglia, oppure quando qualcuno si dà delle arie senza averne motivo. A questo detto è legata una storia che si racconta da sempre e che io ho raccolto, scritto e musicato per farne un racconto in musica, così come per tutte le altre storie contenute in questo disco.

05. LADY GAGA NUN NNI CACA

Stefani Joanne Angelina Germanotta, in arte Lady Gaga, la più importante pop-star contemporanea del mondo, è originaria di Naso, il mio paese, in provincia di Messina. Il suo bisnonno Antonino è partito da lì, con la valigia di cartone, alla volta delle Americhe nei primi decenni del 1900, come milioni di altri siciliani. Da allora non è più tornato, ma la famiglia che si è costruito ha sempre avuto un forte legame con la terra di origine e anche Stefania Angelina rivendica spesso e volentieri le sue origini siciliane, nei suoi concerti e nelle sue interviste. Nel suo ristorante nel cuore New York, il padre di Lady Gaga, Joseph, ha appeso ai muri vecchie foto di famiglia in cui Naso è protagonista come le polpette al sugo lo sono sulla tavola. Peccato che Lady Gaga non sia mai venuta a trovarci. Peccato che si dica da anni di volerle dare la cittadinanza onoraria, ma non si sia mai fatto. Peccato che, se Lady Gaga venisse a Naso, non avremmo le risorse per riceverla come si deve. Peccato che le risorse che abbiamo spesso le lasciamo abbandonate a loro stesse, nonostante siano davvero importanti e di notevole interesse storico-artistico-culturale. Da qui il mio invito a curarci del Bello (cose e persone) e di trattarlo come merita. Solo così saremo un paese all’altezza di una diva.

Ma questo non vale solo per Naso; questo vale per tutti i paesini dell’entroterra siciliano che fanno fatica a creare circoli virtuosi di crescita e, piuttosto che puntare sulle proprie risorse, si lasciano andare all’incuria e all’abbandono, non credendo realmente nelle proprie potenzialità e, spesso, anche mettendo i bastoni tra le ruote a chi vuole e tenta di risollevare le loro sorti con tutta la sua buona volontà. La buona volontà però prima o poi finisce, se non è sostenuta dalla comunità e dalle istituzioni. Inutile andare a cercar lontano, se non vediamo quello che abbiamo sotto gli occhi.

06. SABBATURANI ANNACA-PUCCEDDI

In Sicilia, fino a pochissimo tempo fa, esisteva l’usanza di appioppare soprannomi (le cosiddette inciurie) alle singole persone o a intere famiglie, anche per distinguerle le une dalle altre, esistendo una forte omonimia tra i componenti della comunità. Nei Nebrodi (ma girando per la Sicilia mi sono accorta che è una pratica diffusa in tutta l’isola) i soprannomi vengono affibbiati anche a tutti gli abitanti di interi paesi che vengono definiti in un determinato modo a causa di fatti (secondo la credenza popolare realmente accaduti) che ne hanno stabilito l’identità.

A San Salvatore di Fitalia gli abitanti vengono chiamati Annaca-pucceddi, cioè Culla-maiali. Il perché lo racconto nella canzone. Da questo racconto emerge forte l’acume del popolo, che fa fronte comune per risolvere problemi importanti.

07. GALATISI ZZAPULÌA-SARDEDDI

Galati Mamertino è un bel paesino di montagna, dedito all’agricoltura e alla pastorizia. Fino a qualche decennio fa, i collegamenti con la costa erano infrequenti, oltre che difficili. La dieta dei galatesi, quindi, ha conosciuto il pesce solo quando il primo pescivendolo si è avventurato fino al paese. Questa storia è simbolo dell’ingenuità del popolo che, legando la propria sopravvivenza alla terra e alla sua coltivazione, si convince che può piantare qualsiasi cosa, per evitare di spendere i soldi che non ha; anche i pesci, invece di comprarli dall’ambulante.

L’abbanniata iniziale è di Maurizio Monzù, figlio di Nicola, il pescivendolo che per quasi 40 anni mi ha svegliato col suo canto imbonitore che il figlio replica alla perfezione. Sarà un’emozione fortissima per tante persone ritrovarla qui. In tanti volevamo bene a Nicola e risentire la “sua” voce riporterà, alla memoria di tanti, tanti bei ricordi.

08. FICARRISI ‘NFURNA-CANNILI

Anche questo soprannome l’ho scoperto da un modo di dire che usava mia nonna: “Chistu sì chi è veru Diu! Pisciò ‘nto furnu e si nni ìu!” (Questo sì che è vero Dio! Ha pisciato nel forno ed è scappato!). Mia nonna lo riferiva ad una persona che si credeva tanto intelligente, ma in realtà era una mezza calzetta.

La stessa storia esiste anche nel paese di Ucria dove, invece della cera, per costruire il Bambin Gesù viene utilizzata la neve.

09. ATTILIO MANCA – LAMENTU PI LA MORTI DI ATTILIO MANCA

Il 12 febbraio del 2004 il giovane urologo siciliano venne ritrovato cadavere nel suo appartamento a Viterbo. Il corpo presentava evidenti segni di colluttazione mentre dal naso era uscita una considerevole quantità di sangue. Da quella scena straziante iniziò uno dei casi di cronaca più sconcertanti della storia della nostra Repubblica reso ancor più sinistro dalle innumerevoli menzogne raccontate dal potere.

Dipinto come un tossicomane morto suicida per un’overdose causata da un mix di droga e farmaci autoinoculati, Attilio fu oggetto di scherno e di derisione in primis da coloro che avrebbero dovuto ricercare la verità. E i due buchi nel braccio sbagliato, lui che era un mancino? Quisquilie. L’assenza delle sue impronte dalle due siringhe ritrovate con tanto di cappuccio salva-ago inserito? Dettagli insignificanti. Il suo computer? Sparito. Il suo appartamento? Quasi completamente pulito a lucido da impronte.

E poi ancora, non c’è spiegazione alla “sparizione” di una telefonata di Attilio dei mesi gennaio-febbraio 2004 giunta ai genitori qualche giorno prima della morte e poi c’è quell’inquietante “coincidenza” dell’operazione alla prostata di Bernardo Provenzano a Marsiglia negli stessi giorni in cui Attilio si spostò in Francia “per lavoro”. Altra “coincidenza” è quella del mafioso Francesco Pastoia che morì suicida in carcere il 28 gennaio 2005 dopo essere stato intercettato mentre parlava di un urologo che avrebbe visitato Provenzano nel suo rifugio da latitante in convalescenza. La morte di Attilio Manca è quindi avvolta dalla stessa coltre nera che ha permesso la latitanza di Bernardo Provenzano. E tante altre sono le ombre sulla scena del caso Manca, ma una più di tutte è la più sinistra, quella dello Stato.

Proprio di questi giorni la notizia delle sconcertanti intercettazioni che potrebbero riaprire il caso e riaccendere la speranza di avere giustizia per Attilio.

10. CLAUDIO E LUCIANO

Claudio e Luciano Traina sono due fratelli.

Nel 1992 Claudio è stato trasferito a Palermo da poco tempo ed è agente di scorta di un leader di un’associazione antiracket, Costantino Garraffa, che nei fine settimana non è quasi mai in città e perciò Claudio il sabato e la domenica viene utilizzato come jolly a disposizione di chi serve. Il 17 luglio, venerdì, chiama suo fratello Luciano col quale condivide la passione della pesca e lo invita ad andare a pescare la domenica successiva, il 19 luglio. Partono di buon ora, ma intorno alle 9 Claudio dice al fratello che alle 14 deve rientrare in servizio, deve fare una scorta. Luciano si risente un po’ perché uscire per tre ore in barca “non ne vale la pena”, ma Claudio risponde che voleva stare un po’ con lui da solo in mare. Prima di andarsene, gli dice: “Mi raccomando, stasera riunisci la famiglia, ci vediamo tutti a casa di mamma”. Claudio quel giorno sostituiva un agente della scorta del Dottore Paolo Borsellino. Muore a 26 anni in Via d’Amelio dilaniato dal tritolo.

Luciano è un agente della sezione catturandi della Squadra Mobile di Palermo. Anche lui poliziotto, anzi è il tipo di poliziotto a cui suo fratello Claudio, di tanti anni più piccolo, si è sempre ispirato, anche se fanno lavori diversi. Luciano il 20 maggio 1996 è nella squadra che ha catturato Giovanni Brusca. Entra per primo nel covo del latitante dopo due giorni di appostamento senza neanche mangiare. Il giorno dopo della cattura viene chiamato dal Questore di Palermo e mandato in Sardegna, per motivi di sicurezza; pende una taglia sulla sua testa. Col senno del poi, Luciano ricostruisce tutto e realizza che il Questore di allora, Arnaldo La Barbera (che è stato addirittura promosso per aver messo in atto depistaggi e insabbiamenti su Via d’Amelio) lo manda in Sardegna, non per proteggerlo, ma per punizione. In vacanza prima, in pensionamento anticipato dopo. Le “menti raffinatissime” di cui parlava Falcone avevano voluto mandare Luciano Traina a catturare Giovanni Brusca, pensando che il poliziotto, trovandosi davanti a uno dei responsabili della morte di suo fratello, lo avrebbe ucciso per vendetta. Brusca doveva morire per evitare che diventasse collaboratore di giustizia; avrebbe avuto troppe cose da dire, troppi insospettabili da coinvolgere. Ma Luciano è un uomo per bene, è un poliziotto, e così “si limita” a fare il suo dovere, a catturare un latitante, un uomo seminudo e disarmato che gli fa persino schifo quando lo vede in quelle condizioni. Per questo motivo, per aver fatto il suo dovere, abbiamo perso un valoroso servitore dello Stato, mentre un traditore dello stesso Stato veniva promosso fino ad ottenere persino la decorazione di commendatore dell’Ordine al merito della Repubblica italiana. Luciano adesso continua a portare avanti la memoria di Via d’Amelio e continua a raccontare la sua storia a tanti ragazzi che lo stanno a sentire con le lacrime agli occhi; spiega loro cosa significa stare dalla parte giusta, parla di giustizia e del valore delle Istituzioni, anche se, confessa, a volte gli sembra di prenderli in giro. “Io ci credo poco – dice – ma loro devono crederci.”

11. ‘NA NUCI

Per questo brano ho preso spunto da una vicenda realmente accaduta ai miei nonni. A tutti capita di dover fare qualcosa, ma dimenticarsene per i troppi pensieri o le troppe cose da fare o per semplice sbadataggine. Così la convivenza, in qualche modo, ne risente.

12. U BOI E U SCICCAREDDU

Un classico: il bue che dice cornuto all’asino. Una storia antica come il cucco! Una prevaricazione talmente evidente che non smetterà mai di esistere perché non smetteranno mai di esistere la prepotenza del più “forte” sul più debole, l’arroganza, il pregiudizio e il silenzio complice e colpevole di chi dovrebbe far notare al bue che le corna è lui a portarle sulla testa. D’altronde chi lavora umilmente, con rispetto e dignità, commu ‘nu sceccu, da sempre è soggetto ai soprusi di chi si crede superiore, e per sempre lo sarà. L’importante è essere consapevole del proprio valore e del proprio operato. Tanto, prima o poi, al bue pruderanno; sentirà il bisogno di grattarsi e allora, raspannusi i corna, scoprirà di averle!

U boi chi cci dici curnutu ô sceccu è un paradosso destinato a ripetersi fino alla fine del mondo!!!

13. UNNI SINI

È il mio personale inno alla Solitudine, compagna inseparabile e fondamentale nella mia vita soprattutto nel momento della creazione.

Nello sviluppo del brano questa solitudine si evolve in un atto di autoerotismo, in cui lui (o lei) si identifica in una immaginaria presenza che lascia spazio alla fantasia erotica più di quanto farebbe un reale contatto.

ORIANA CIVILE

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Oriana Civile, cantante, attrice, autrice, appassionata studiosa delle tradizioni musicali della terra di Sicilia, è una interprete unica e preziosa del repertorio musicale di tradizione orale della sua terra.

È presidente della sezione ANPI Capo d’Orlando/Nebrodi Ignazio Di Lena.

È stata coordinatore artistico della rassegna Il Teatro siamo Noi del Teatro Vittorio Alfieri di Naso, importante borgo in provincia di Messina e suo paese di origine.

Nel 2018 le è stato assegnato il Premio Antimafia Salvatore Carnevale “per l’impegno culturale e civile profuso come attrice e cantautrice, sempre congiunto a meritevoli battaglie di legalità e alla valorizzazione del ruolo di coraggiose figure femminili del movimento antimafia”.

Nel 2016 ha aperto il concerto di Noa e Gil Dor in occasione della XXIII edizione del Capo d’Orlando in Blues Festival, consacrando così le sue qualità di interprete in grado di calcare importanti palcoscenici internazionali.

Ha all’attivo numerose collaborazioni con artisti italiani e internazionali, tra cui Mario Incudine, Antonio Putzu, Salvo Piparo, Marco Corrao, Roy Paci, Pierre Vaiana, Salvatore Bonafede e altri.

Ha preso parte a diverse produzioni discografiche e ha realizzato due album da solista come interprete: Arie di Sicilia (di Oriana Civile e Maurizio Curcio, OnAir Records, 2009) e Canto di una vita qualunque (di Oriana Civile, Autoproduzione, 2016), che contiene i brani dell’omonimo spettacolo di teatro-canzone da lei scritto, diretto e interpretato.

Oriana ha, inoltre, collaborato a numerose produzioni cinematografiche; una per tutte Ore diciotto in punto del regista Pippo Gigliorosso, investendo nella produzione e interpretando la colonna sonora composta da Francesco Di Fiore, della quale nel 2019 è stato pubblicato il disco dall’etichetta olandese Zefir Records.

L’11 ottobre 2019 il debutto alla Cité de la Musique di Marsiglia con il progetto A Vuci Longa della “chanteuse sicilienne” Maura Guerrera insieme a Catherine Catella, progetto che punta alla riproposta delle complesse forme polivocali di tradizione orale contadina siciliana.

Per approfondimenti: https://it.wikipedia.org/wiki/Oriana_Civile

Il Volo Credito foto Shipmates

Il Volo, cantiamo la nostra tradizione italiana nel mondo

Articolo di Omar Gelsomino    Foto di Shipmates

Quando per la prima volta li vedemmo in Tv erano dei singoli esordienti alla seconda edizione di “Ti lascio una canzone”. Da allora Piero Barone, Ignazio Boschetto (entrambi siciliani, il primo di Naro nell’agrigentino; il secondo di Marsala, in provincia di Trapani) e Gianluca Ginoble, abruzzese, di strada ne hanno fatto e dal 2009 hanno “spiccato” Il Volo. Si chiama proprio così, questo straordinario trio che in dieci anni, dal talent di Antonella Clerici in poi ha firmato un contratto con la Universal e poi con la Sony, ha cantato per le più importanti personalità del mondo, duettato con star internazionali, fatto e continuano a fare tour sold out in ogni parte del globo, nel 2015 ha vinto il Festival di Sanremo con “Grande amore”. Li abbiamo visti al cinema con “Notte Magica”, un film concerto che ha ripercorso le tappe dell’omonimo “A Tribute To The Three Tenors”, recentemente, in Tv nel film “Un amore così grande”, e adesso impegnati in “Musica Tour”.

Tre personalità diverse ma chi siete veramente?
«Siamo tre ragazzi con tanta voglia di fare musica e condividere quello che amiamo fare. Tre ragazzi, con personalità completamente differenti, accomunati dalla passione per lo stesso genere musicale, un po’ dimenticato e stiamo cercando in tutti i modi di riportare di nuovo tra i giovani».

Da un talent al successo mondiale. Come lo vivete?
«Lo viviamo con molta tensione, poiché ti dà lo stimolo a produrre cose nuove, di fare musica, di non mollare mai. La nostra giornata tipo è segnata dal lavoro h24, non riusciamo a immaginare la nostra vita senza questo lavoro, l’ultima cosa che fa l’artista è salire sul palco e cantare, prima c’è tutto un lavoro dietro».
«Le persone che mi stanno vicino quotidianamente mi vedono un giorno sono nervoso, un giorno felicissimo, un giorno pensieroso, un giorno teso, tutti abbiamo lo stimolo e il punto interrogativo del domani, però bisogna godersi sempre il momento (Piero, ndr)».

Se guardate indietro cosa e come vi vedete?
«Vediamo tre ragazzi estremamente privilegiati, guardando al nostro passato non possiamo non credere al destino. Se anche uno di noi avesse partecipato alla prima o alla terza edizione di quel programma non sarebbe nato Il Volo. Da allora grazie a Michele Torpedine, il nostro attuale manager, abbiamo fatto tanto lavoro».
Come siete cambiati?
«In positivo ma anche in negativo (scherzano). Siamo cresciuti umanamente e professionalmente. È chiaro che ognuno di noi ha le proprie esigenze, vuole fare le vacanze da solo, vuole stare più da solo. Noi non possiamo lamentarci, chiaramente come qualsiasi matrimonio o convivenza ci sono momenti di discussioni, la cosa più matura per un gruppo e per qualsiasi rapporto è trovare il giusto compromesso, un punto d’incontro».

Come ci si sente a essere ambasciatori del Bel canto nel mondo?
«È una grande responsabilità. Pavarotti, Bocelli e Il Volo condividono le stesse canzoni. Le persone che vivono all’estero non vedono l’ora di ascoltare “O sole mio”, “Torna a Surriento”, “Nessun dorma”, “Libiamo”. Il nostro successo è dovuto all’eco e alla forza della tradizione musicale italiana».

Fra le celebrità che avete incontrato, chi vi ha colpito di più?
«Ognuno di noi ha il suo preferito, quando firmammo il contratto del tour insieme a Barbra Streisand non ci rendemmo conto di quanto fosse importante e grande la cosa. Un momento magico che porterò per tutta la vita e racconterò ai miei nipoti è stato due anni fa, quando siamo stati accanto a Placido Domingo (siamo cresciuti ascoltando la sua musica, lo ascolto sempre perché sono un amante dell’opera, sottolinea Piero Barone, ndr), un’icona della musica classica che ci dava dei consigli su come cantare. È la fortuna del nostro lavoro, uno stile di vita, ti porta a cantare con Placido Domingo, dopo ti trovi in un momento di difficoltà estrema, due giorni dopo ti trovi di fronte al Papa davanti ad un milione di persone. Ci sono degli sbalzi di umore e degli stati d’animo difficili da controllare. Quando ti guardi allo specchio la cosa più importante da fare è pensare: “Domani cosa possiamo fare?” Pensiamo al domani, mai cullarsi del successo e di quello che ti da e mai dire io, io, io».

Siete tornati a Sanremo festeggiando dieci anni di carriera, cosa avete provato?
«Abbiamo provato tanta emozione a cantare lì. L’edizione di Ti lascio una canzone nel 2009 si svolgeva proprio al Teatro Ariston, quindi quel palcoscenico ci ha visti nascere. L’anno scorso siamo andati come ospiti, quest’anno invece da concorrenti. Il palcoscenico è un momento di condivisione, che si è ospiti o concorrenti, le persone stanno lì ad ascoltarti, il resto sono solo circostanze».

Parlateci di Musica che resta, la canzone che avete portato a Sanremo e del vostro nuovo album Musica…
«Quest’album è particolare perché contiene i nostri tre gusti musicali – spiega Gianluca – abbiamo creduto che fosse necessario soddisfare i nostri tre gusti e le nostre personalità: “Be my love” è vicina a Piero, “Arrivederci Roma” è più il mio genere mentre “A chi mi dice” a Ignazio».
«Musica che resta è un brano abbastanza rappresentativo per Il Volo, quando abbiamo finito di registrare abbiamo chiamato Gianna Nannini perché mancava quel graffio rock. Quando cantiamo questo brano, esterniamo perfettamente le nostre vocalità e non vediamo l’ora di tornare in tour, a giugno e luglio, tra l’altro faremo due concerti in Sicilia, il 21 luglio a Palermo e il 23 luglio a Taormina».

Con quale spirito avete iniziato questo nuovo tour?
«Con il sorriso. Con questo tour festeggiamo i nostri dieci anni di carriera davanti al nostro pubblico, ai nostri fan, coloro che hanno permesso tutto ciò. Il pubblico è la ragione per cui viviamo. Ci riteniamo dei privilegiati e per tale motivo lo ringraziamo perché ci permette di condividere il nostro dono, la nostra voce e la nostra passione».

Quali sono i vostri progetti futuri?
«Sono tantissimi ma l’obiettivo de Il volo è confermare e consolidare tutto quello che abbiamo fatto in passato».

bm

Alice Caioli, quando la musica può salvare

Articolo di Omar Gelsomino   Foto di Alberto Cosenza

Dopo l’esperienza a “Io Canto” e “X Factor” la ventiduenne siciliana Alice Caioli ha portato al “Festival di Sanremo” una canzone autobiografica che ha fatto parlare di sé. Un talento, una vera rivelazione con una voce che si è imposta nel panorama musicale italiano. Ancora una volta la Sicilia è una terra in cui l’arte, la cultura e la passione aiutano anche nel mondo della musica. Una grande personalità, il fascino mediterraneo e una voce potente. Unica cantante siciliana fra le Nuove Proposte a Sanremo 2018 Alice Caioli, messinese, originaria di Sant’Agata di Militello, ha cantato “Specchi rotti”, una ballata melodica con suggestioni elettroniche dal sapore R’n’B. La canzone è autobiografica e racconta del mancato rapporto col padre, lei si definisce «una ragazza normale, caratterizzata da due colori in particolare, che sono il bianco e nero, forse sono un po’ più nera che bianca semplicemente per il vissuto che ho avuto. Sono una persona che ama tanto quello che fa, lo fa con amore, lo fa con grande umiltà, che ha voglia di migliorarsi sempre, che non si crede chissà chi e fondamentalmente sono una persona molto semplice, alla mano. La passione per la musica nasce da bambina, per necessità, nel senso che la musica è stata un modo per salvarmi dal dispiacere, dalla sofferenza; è stato un po’ un rifugio perfetto». Nonostante la giovane età Alice Caioli ha una lunga esperienza maturata con diverse esibizioni e partecipazioni a talent di successo «Io canto e X Factor sono state due esperienze completamente distinte affrontate comunque in due periodi completamente diversi. Mi sono ritrovata a Io canto da bambina ed è stata una tappa formativa però vissuta con pochissima consapevolezza; X Factor è arrivato in un momento non bellissimo della mia vita e sono felice di non essere andata avanti in quel contesto perché non avrei dato il meglio di me, avrei soltanto bruciato le tappe troppo presto perché ero inconsapevole e avevo capito di non volermi molto bene e non sapevo esattamente cosa volessi fare nella vita, quindi sarebbe stato un percorso intrapreso in un periodo completamente sbagliato». Un messaggio intimistico quello di “Specchi rotti”, metafora tra la visione intera di ciò che si vede allo specchio e la percezione frammentata di se stessi. «Specchi rotti nasce due anni fa e racconta il rapporto mancato in adolescenza con mio padre e di quanto è stato difficile vivere questo delicato periodo senza una figura così importante; racconta di quante volte mi sono imbattuta nelle strade sbagliate e quante volte grazie alla musica e a mia madre sono riuscita a tirarmi fuori dai casini e a vivere una vita come si deve. Quindi è un invito verso tutti i ragazzi che per via delle difficoltà, per attirare l’attenzione, per rabbia, per ripicca o per dispetto, s’imbattono in strade sbagliate senza riuscire poi a tirarsi davvero fuori dai guai. Alice oggi in quello specchio vede frammenti, però non guarda i lati positivi di questi frammenti, fondamentalmente ci sono cose che non miglioreranno mai perché comunque ce le portiamo dietro, sono come i nostri scheletri e ci ricordano puntualmente di dover fare tanto per poter stare bene. Allo specchio guardo sempre la stessa Alice, ma forse vedo una persona più matura, più responsabile, più forte. La forza che vedo oggi in quello specchio è un qualcosa che mi aiuta tanto». Alcune settimane dopo essersi aggiudicata il Premio Sala Stampa “Lucio Dalla” è uscito il suo album #NegoFingoMento, «è un lavoro che reputo molto bello. Sono cantautrice quindi ho scritto molti pezzi dell’album e poi ho voluto altri due cantautori con me che sono Francesco Guasti e Andrea Maestrelli». Quest’anno è stato ricco di emozioni e di grandi soddisfazioni ma Alice Caioli rimane con i piedi per terra «Non volersi aspettar nulla per evitare di prendere una batosta che poi è un po’ quello che succede in tutte le grandi esperienze, forse anche quelle più grandi di te. Il mio desiderio sarebbe quello di riuscire ad emozionare il più possibile la gente, a far sognare le persone con i miei album, i miei testi, con ciò che scrivo, avere un pubblico che sappia amarmi per quello che sono, per quello che dono, per quello che regalo a chi mi ascolta». Ad Alice, giovane e talentuosa cantante, auguriamo un brillante futuro pieno di successi e soddisfazioni.

 

Bianca Magazine  web

Tony Canto, il suono “Moltiplicato”

a cura di Paperboatsongs,  Foto di Charlie Fazio

Cantautore, autore, compositore, arrangiatore, chitarrista e produttore. L’esperienza poliedrica di un siciliano che è già maestro musicale della nostra terra. Tony Canto è un artista “Moltiplicato”.

Ciao Tony e benvenuto tra le pagine della nostra rubrica che si consolida sempre di più grazie alla partecipazione di artisti veri e importanti come te. Partirei proprio dal tuo ultimo album chiedendoti, forse banalmente, perché il titolo “Moltiplicato”?

«“Moltiplicato” è l’album che avrei voluto fare da sempre ed è soprattutto l’album che vorrei fosse ascoltato dai miei figli quando non ci sarò più, perché è ciò che realmente sono in musica, come espressione, sintesi delle mie esperienze e anche come testi in cui loro sono molto presenti. Con “Moltiplicato” ho fatto dell’anacronismo la mia bandiera, perché lavorando nel campo a 360 gradi, come hai detto tu, ne vedo tante di mode passeggere che sono chimere del momento e non avendo velleità da classifica o da radio ho preferito essere me stesso completamente.

Questo declino del mondo per me è una tabula rasa, è un volano per essere carbonaro e fare lo stesso le cose come le sento. All’estero sta avendo parecchi riscontri ma è prematuro parlarne qui, un po’ per scaramanzia.

Il titolo è dovuto alla track title e vuol rappresentare il fatto che in questo momento della mia vita non mi identifico in nessuno e non ho punti di vista, ripudio le correnti di pensiero ed io stesso sono acqua nel mare, potrei essere uno, nessuno, centomila (l’hanno già detto?). Sono musicista, padre, marito, cuoco, uomo, ma forse sarò un’altra cosa domani e forse sono già stato altro in vite precedenti. L’esistenza è una delle possibilità. Il mio e il nostro destino è comunque straordinario».

 

Cinema e musica, due mondi che sappiamo s’incrociano spesso nel tuo percorso artistico. Avendo collaborato alla creazione e scritto alcune colonne sonore, racconteresti ai nostri lettori come hai vissuto fino ad oggi questo binomio e se questa esperienza ti ha arricchito come artista?

«È importantissimo per un musicista praticare il teatro e il cinema musicalmente. Il linguaggio si arricchisce e si capisce che l’enfasi è alla base della musica. Una singola nota suonata in modi diversi evoca qualcosa, è la magia della musica. Questa cosa mi ha molto cambiato».

 

Come riesci a separarti dai tuoi progetti musicali personali per calarti con lucidità nelle vesti di produttore per altri artisti?

«Questa è la cosa più facile e che mi arricchisce. Quando leggi un libro assorbi l’esperienza della vita di chi lo ha scritto ma non sei lui. Io agisco sulle vite, riesco a immedesimarmi nelle vite degli artisti che produco apportando il mio vissuto ovviamente».

 

Hai qualche anticipazione per il prossimo futuro da rivelarci?

«Sì, alcune. A marzo uscirà “Ci vuole un fisico”, un film commedia prodotto da Rai Cinema di cui ho curato l’intera colonna sonora che già si trova su Apple Music. Per l’interpretazione di un brano del film da me composto ho chiamato “Le Sorelle Marinetti”, un trio molto famoso che sposa i suoni anni ‘40. Poi sto collaborando con almeno cinque artisti per co-scrittura e produzione, un paio sono big ma non posso rivelare nulla. Inoltre, ho delle belle novità, come anticipavo, per l’estero per quanto mi riguarda».

 

La nostra rubrica dedica solitamente l’ultima domanda ai giovani lettori e artisti che vogliono intraprendere una carriera nel mondo della musica. Hai qualche consiglio da dare, vista la tua grande esperienza?

«L’unico consiglio che mi sento di dare è di essere sempre professionali, anche se intorno tutto sembra fatiscente, nel senso di essere preparati sulle cose che si fanno e di essere puntuali che è un segno di grande rispetto per se stessi e gli altri. Suonare allo stesso modo in un pub con tre persone e in un teatro con tremila».