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rita botto

Rita Botto. La custode della musica siciliana

di Omar Gelsomino   Foto di Teresa Bellina

Musica coinvolgente, voce fluida e talento indiscutibile. Sono questi i tratti distintivi di Rita Botto, l’affascinante cantante e autrice catanese, aperta alle sperimentazioni e ancorata alle proprie tradizioni. Una voce versatile che le permette di spaziare fra repertori diversi, cantando in siciliano e reinterpretando alcuni brani rimane fedele alla sua terra, regalando emozioni a chi l’ascolta.

Anche per lei la passione per la musica è nata molto presto. «Sin da piccola imitavo, davanti al televisore in bianco e nero, la grande Mina! Cantare è un dono di natura, bisogna solo riconoscerlo e poi coltivarlo. Si possono fare studi canonici, oppure come ho fatto io, tutto ad orecchio, con molto ascolto di musica e soprattutto di voci, le più disparate. Certo il mio modo, non mi ha semplificato sempre la vita, ma ha dato i suoi frutti e rende creativo il risultato». Così dopo diverse sperimentazioni ha scelto il suo genere musicale. «La musica folk è stata solo un punto d’approdo di tutte le mie diverse esperienze precedenti. Frutto di anni di sperimentazione tra diversi generi musicali. Tutto questo è una splendida palestra, ma ad un certo punto ti confondi, non sai che strada prendere. Credo che la scelta del folk sia nata dalla necessità di affermare la mia identità in una città come Bologna, in cui ho vissuto per più di 20 anni e dove per la prima volta ho cominciato a cantare. Finalmente potevo esprimermi nella mia lingua. Tutto questo mi dava una spinta maggiore, veniva fuori tutto il vulcano e il mare che avevo dentro».

rita botto

Alla domanda a chi si è ispirata, Rita Botto risponde seccamente: «A Rosa Balistreri. L’unica grande cantante del folk siciliano e prima cantautrice italiana. Una voce intensa e una vita sofferta, che ha saputo tramandare tantissimi canti della tradizione siciliana. Ad oggi tutti, cantano le sue canzoni. Rimane eterna. Non mi sono mai sentita la sua erede. Inizialmente, appena morta Rosa, ho sentito di non lasciare che la sua figura così forte venisse dimenticata, ed ho trovato nel suo materiale la possibilità di sciogliere tutte le mie emozioni cantando in siciliano. È giusto essere in tanti a farla rivivere nei cuori di chi ascolta».

L’amore è il tema dominante di tutti i suoi brani. «L’amore è importante per tutti, è il sale della vita. Cantare ciò che si sente aiuta l’interpretazione, anche quando si parla d’amore finito, spento. Da questa musica ho cercato di prendere i temi della tradizione più attuali, che rispecchiassero la mia contemporaneità. Bellissimi i canti che parlano del raccolto, della semina, certo, ci dicono qualcosa che non c’è più, almeno in quel modo! Ma i sentimenti nell’uomo, nel trascorrere tempo, restano un po’ quelli…».

La sua terra rimane un altro punto saldo oltre alla musica. «La Sicilia è il punto fermo della mia vita, è il luogo dell’anima. Sono e resto isolana! Conservo lì tutti i miei tesori, la famiglia, gli amici, i ricordi. Forte è il richiamo di odori e profumi, quanto di più atavico è nell’uomo. Adesso sono ritornata a vivere a Catania e non vedo l’ora dopo un viaggio di farvi ritorno. Ma ho lasciato un bel pezzo di me in Emilia, la sento come una seconda casa. Posso dire con le parole di Gesualdo Bufalino, che un siciliano è un concentrato di personalità indecifrabili persino a se stesso, una contraddizione vivente, dominato da bizzarri sentimenti! E poi, personalmente ho la tragedia dentro, alternata a grandi entusiasmi ed euforia, momenti teatrali. Ecco tutto questo abita in me, e l’essere un’isolana mi ha sempre spinto ad uscire fuori dai confini».

Per Rita Botto adesso è tempo di nuovi progetti. «Sto lavorando ad un tributo a Franco Battiato, assieme al coro Lirico Siciliano ed un ensemble di musicisti, dove interpreto alcune sue celebri canzoni. Ho appena finito di fare, per il centenario della sua morte, un bellissimo omaggio a Pier Paolo Pasolini, ospite dell’orchestra di Carlo Cattano, che mi vede cantare e recitare le poesie del maestro. E poi chissà cosa porterà questo nuovo anno».

 

“MI FAI STARE BENE” IL NUOVO SINGOLO DI LELLO ANALFINO

FUORI SU TUTTE LE PIATTAFORME DIGITALI

MI FAI STARE BENE
IL NUOVO SINGOLO DI
LELLO ANALFINO

LA VOCE DEL GRUPPO SICILIANO TINTURIA


ONLINE ANCHE IL VIDEOCLIP DEL BRANO
https://youtu.be/lx5WneeXvwY

IL BRANO ANTICIPA L’ALBUM
PUNTO E A CAPO
IN USCITA IL 9 SETTEMBRE
 

 

È disponibile da oggi su tutte le piattaforme digitali “MI FAI STARE BENE” (distribuzione ADA Music Italy – https://ada.lnk.to/mifaistarebene), il nuovo singolo del cantautore siciliano LELLO ANALFINO, frontman del gruppo Tinturia, che anticipa la pubblicazione del nuovo album dal titolo “Punto e a capo“, in uscita il 9 settembre.

 

Sonorità moderne, elettroniche e quasi psichedeliche preannunciano un nuovo cammino musicale per Lello Analfino, sempre costantemente alla ricerca di nuovi stili e nuovi suoni. Il viaggio di Lello Analfino intrapreso con questo progetto musicale racconta la volontà dell’artista di aprirsi a nuovi orizzonti, nel segno del desiderio di cambiare e conquistare il futuro usando il presente come incipit.

«Nel rumore, nel sudore, nei colori della città che si muove c’è poesia, quella che ci fa stare bene. L’amore dà forma a questa condizione e rende tutto straordinario e semplice allo stesso tempo – racconta Lello Analfino – Con gli occhi innamorati tutto si colora di bello. Non serve ricercare uno stato ameno quando quello che abbiamo basta per stare bene. Del resto, non è questo quello che cerchiamo, la condizione a cui tutti ambiamo?»

Mi fai stare bene” è anche un video, diretto da Fabio Florio, con il montaggio a cura di Antony Saldì, il soggetto scritto da Peppe Milia e la partecipazione di Simona Trupia. Il videoclip è disponibile al seguente link: https://youtu.be/lx5WneeXvwY.

Questa la tracklist di “Punto e a capo“: “Tutto sembra normale“, “Maschere“, “Svegliati“, “Eroi diversi“, “Mi fai stare bene“, “Ogni volta“, “Io mi diverto“, “Baci definitivi“, “Regine“, “La tristezza non esiste“.

Frontman del gruppo siciliano Tinturia, nel corso della sua carriera Lello Analfino si afferma e si conferma come vero e proprio “animale da palcoscenico”. I suoi concerti sono un’esplosione di musica e intrattenimento, col pubblico Lello si trasforma in un moderno folletto che non ha paura di esprimere liberamente i suoi pensieri attraverso la musica.

Mi fai stare bene Lello Analfino

Lello Analfino, infatti, è anche un cantautore che principalmente attraverso la composizione di colonne sonore è sempre stato in prima linea relativamente a tematiche di carattere sociale e politico come la lotta contro la mafia e ha prestato il suo volto a favore di diverse campagne di sensibilizzazione su varie tematiche. Lello porta avanti la sua carriera solista parallelamente all’attività con i Tinturia, riversando nel progetto tutta la sua creatività, in grado di spaziare senza difficoltà dal pop al reggae, dal funk al rap – con un pizzico di folk innato nelle sue radici sicule ormeggiate nel mare siciliano. Con i Tinturia, Lello Analfino ha pubblicato 6 album, esibendosi in tutta Italia e all’estero. Ha collaborato, nel corso degli anni anche con Ficarra e Picone, componendo brani per i diversi progetti televisivi e cinematografici del duo comico. Il brano “Cocciu d’amuri” scritto per il film “Andiamo a quel paese” è stato candidato ai Nastri D’Argento nel 2015. Si è esibito per Papa Benedetto XVI in occasione del suo pellegrinaggio a Palermo nel 2010 e al Concerto del Primo Maggio di Roma con Paolo Belli nel 2011, tornando a calcare quel palcoscenico per diversi anni ancora, tra cui nei 2015 con i Tinturia; e infine ha suonato per il la visita del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Partanna (TP) in occasione del 50° anniversario del Terremoto nella Valle del Belice e per Papa Francesco nel 2018. Altri suoi progetti sono stati la “Lello Analfino Lounge Orchestra“, una band formata dai maggiori esponenti del jazz in Sicilia e il “Lello Analfino Acoustic – 3io in4“, in cui ha unito la sua anima teatrale alla musica, grazie all’accompagnamento di un terzetto di musicisti, miscelando le sue radici etno con la sua anima pop. Nel 2017 Lello Analfino ha anche pubblicato un remake del celebre brano dei Righeira “L’estate sta finendo” riarrangiato e reinterpretato in una chiave più malinconia, con un suono rarefatto e psichedelico. Nel 2021 ha partecipato al Festival del Cinema di Venezia per aver composto il brano di chiusura del film “Cuntami“, diretto da Giovanna Taviani.

 

oriana civile

Tredici racconti in lingua siciliana: dalle leggende alla denuncia sociale di Oriana Civile

IL PRIMO ALBUM DI INEDITI DI ORIANA CIVILE

Tredici racconti in lingua siciliana: dalle leggende alla denuncia sociale

PRIMO SINGOLO ESTRATTO: UNNI SINI

Il video: https://www.youtube.com/watch?v=bRZNd3mfwYU

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Si intitola “Storii (tra il serio e il faceto)” il nuovo album di Oriana Civile, artista, studiosa delle tradizioni musicali siciliane e interprete del repertorio di tradizione orale della sua terra. Si tratta del suo primo disco di inediti: tredici brani, tredici racconti in lingua siciliana dalle sonorità minimaliste e di grande impatto. Registrato in presa diretta, come un live in studio insieme al chitarrista Nino Milia, sorprende per il carisma e la grande genuinità interpretativa della Civile. “Ho voluto un disco – dice l’artista – che fosse più vicino possibile a quello che si ascolta in un mio concerto. Per questo ho ricercato un suono reale e senza artifizi”.

A comporlo, come indica il titolo, una manciata di storie. Storie personali e storie collettive. Storie individuali e storie universali. Tredici brani che si aprono con una canzone il cui testo è una poesia dell’avvocato Pippo Mancuso, tratta dal libro “Malu Tempu – strofe strofacce aneddoti”. Tra le tracce del disco incontriamo poi paesaggi, leggende, denunce, provocazioni e strambi interrogativi ai quali dare finalmente una risposta definitiva, come il sesso dell’arancin*. Ma anche personaggi come Attilio Manca (la cui morte è uno dei misteri italiani legati a Cosa Nostra), Claudio (agente di scorta di Paolo Borsellino) e Luciano Traina e addirittura Lady Gaga, la pop-star americana originaria di Naso, il paese in provincia di Messina da cui viene anche Oriana Civile.

Questi brani – scrive la Civile nell’introduzione all’album – sono un esplicito invito ad approfondire la conoscenza di queste storie che sembrano lontane da noi ma non lo sono affatto”.

Nel booklet ogni canzone è accompagnata da una fotografia estratta dal progetto “Life (serie Faces and Hands)” di Raffaele Montepaone, fotografo calabrese, instancabile ricercatore di espressioni ed atmosfere senza tempo, “lo ringrazio sentitamente di vero cuore per aver abbracciato la mia idea; queste fotografie sono la testimonianza di un mondo pieno di dignità e bellezza che ci appartiene nel profondo, il mondo che io canto, e io le trovo semplicemente meravigliose”

Storii”, che è stato preceduto da una fortunata campagna di crowdfunding, esce per l’etichetta Suoni Indelebili ed è distribuito da Ird.

TRACCIA DOPO TRACCIA (Guida all’ascolto a cura di Oriana Civile)

01. U ME RITRATTU

testo di Pippo Mancuso – musica di Oriana Civile

U me ritrattu” mi descrive con le parole dell’Avvocato Pippo Mancuso. È l’unico brano del disco il cui testo non è scritto da me, ma mi racconta alla perfezione; io non sarei stata capace di descrivermi allo stesso modo. Il componimento è contenuto nella raccolta Malu Tempu – strofe strofacce aneddoti di Pippo Mancuso (Casa Costanza, 2018).

02. PUNTI DI VISTA – 14 LUGLIO 2017

Questo brano racconta l’arrivo dei migranti a Castell’Umberto il 14 luglio del 2017. Una piccola comunità sconvolta dall’arrivo di cinquanta ragazzini neri, accolti con le barricate dal sindaco e pochi suoi seguaci. Il paese, mai considerato prima dai media, è stato letteralmente invaso dalle telecamere; la RAI, Mediaset e persino la BBC hanno messo le tende a Castell’Umberto per settimane, intervistando passanti e abitanti pro e contro accoglienza. Un caso mediatico senza precedenti nelle nostre zone.

A Castell’Umberto c’è il seminario vescovile. In questa occasione io mi sono chiesta: ma se queste persone, invece che essere etichettate come “migranti”, fossero stati seminaristi? L’accoglienza sarebbe stata sicuramente diversa. Ecco l’importanza dei Punti di vista.

Da questa esperienza è nato il Coordinamento Senza Frontiere, la più bella realtà di accoglienza che abbia mai vissuto. Perché, come diceva “qualcuno”, se «dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior».

03. ‘A RISURVEMMU

Qual è il sesso dell’arancin*? Un’annosa questione, questa, per la nostra terra. Io l’ho risolta così: perché mai eliminare l’uno o l’altra? Sarebbe bene che convivessero e che magari lo facessero in pace, anzi in amore. La tradizione va mantenuta anche attraverso la lingua, certe volte, e questa è una di quelle. Dalle mie parti l’arancino è maschio; lo è sempre stato. Se a mio nonno parlavi di “arancine”, lui restava dubbioso di fronte a qualcosa che non conosceva. Lo stesso vale per Palermo e i palermitani; lì l’arancina è femmina e così deve continuare ad essere. Le motivazioni possono essere (e sono) svariate; proprio per questo è giusto mantenere e preservare ognuno le proprie tradizioni, senza cercare di eliminare quelle degli altri. D’altronde la diversità è ricchezza da sempre.

04. UNCIA E SDUNCIA

Comincia il viaggio attraverso i paesi dei Nebrodi. Nei Nebrodi esiste una “figura mitologica”, ‘a Buffa di Lonci (il rospo di Longi), alla quale è legato un modo di dire diffuso in tutto il territorio che, quando l’ho sentito per la prima volta da mia nonna, non ci ho capito nulla e ho dovuto chiedere spiegazioni. Il detto è: «Uncia e sduncia, sempri carcirata a Lonci resti» (Gonfia e sgonfia, resti sempre carcerata a Longi). Questo detto si utilizza quando proprio non si vuole fare una cosa, ma è necessario farla, anche controvoglia, oppure quando qualcuno si dà delle arie senza averne motivo. A questo detto è legata una storia che si racconta da sempre e che io ho raccolto, scritto e musicato per farne un racconto in musica, così come per tutte le altre storie contenute in questo disco.

05. LADY GAGA NUN NNI CACA

Stefani Joanne Angelina Germanotta, in arte Lady Gaga, la più importante pop-star contemporanea del mondo, è originaria di Naso, il mio paese, in provincia di Messina. Il suo bisnonno Antonino è partito da lì, con la valigia di cartone, alla volta delle Americhe nei primi decenni del 1900, come milioni di altri siciliani. Da allora non è più tornato, ma la famiglia che si è costruito ha sempre avuto un forte legame con la terra di origine e anche Stefania Angelina rivendica spesso e volentieri le sue origini siciliane, nei suoi concerti e nelle sue interviste. Nel suo ristorante nel cuore New York, il padre di Lady Gaga, Joseph, ha appeso ai muri vecchie foto di famiglia in cui Naso è protagonista come le polpette al sugo lo sono sulla tavola. Peccato che Lady Gaga non sia mai venuta a trovarci. Peccato che si dica da anni di volerle dare la cittadinanza onoraria, ma non si sia mai fatto. Peccato che, se Lady Gaga venisse a Naso, non avremmo le risorse per riceverla come si deve. Peccato che le risorse che abbiamo spesso le lasciamo abbandonate a loro stesse, nonostante siano davvero importanti e di notevole interesse storico-artistico-culturale. Da qui il mio invito a curarci del Bello (cose e persone) e di trattarlo come merita. Solo così saremo un paese all’altezza di una diva.

Ma questo non vale solo per Naso; questo vale per tutti i paesini dell’entroterra siciliano che fanno fatica a creare circoli virtuosi di crescita e, piuttosto che puntare sulle proprie risorse, si lasciano andare all’incuria e all’abbandono, non credendo realmente nelle proprie potenzialità e, spesso, anche mettendo i bastoni tra le ruote a chi vuole e tenta di risollevare le loro sorti con tutta la sua buona volontà. La buona volontà però prima o poi finisce, se non è sostenuta dalla comunità e dalle istituzioni. Inutile andare a cercar lontano, se non vediamo quello che abbiamo sotto gli occhi.

06. SABBATURANI ANNACA-PUCCEDDI

In Sicilia, fino a pochissimo tempo fa, esisteva l’usanza di appioppare soprannomi (le cosiddette inciurie) alle singole persone o a intere famiglie, anche per distinguerle le une dalle altre, esistendo una forte omonimia tra i componenti della comunità. Nei Nebrodi (ma girando per la Sicilia mi sono accorta che è una pratica diffusa in tutta l’isola) i soprannomi vengono affibbiati anche a tutti gli abitanti di interi paesi che vengono definiti in un determinato modo a causa di fatti (secondo la credenza popolare realmente accaduti) che ne hanno stabilito l’identità.

A San Salvatore di Fitalia gli abitanti vengono chiamati Annaca-pucceddi, cioè Culla-maiali. Il perché lo racconto nella canzone. Da questo racconto emerge forte l’acume del popolo, che fa fronte comune per risolvere problemi importanti.

07. GALATISI ZZAPULÌA-SARDEDDI

Galati Mamertino è un bel paesino di montagna, dedito all’agricoltura e alla pastorizia. Fino a qualche decennio fa, i collegamenti con la costa erano infrequenti, oltre che difficili. La dieta dei galatesi, quindi, ha conosciuto il pesce solo quando il primo pescivendolo si è avventurato fino al paese. Questa storia è simbolo dell’ingenuità del popolo che, legando la propria sopravvivenza alla terra e alla sua coltivazione, si convince che può piantare qualsiasi cosa, per evitare di spendere i soldi che non ha; anche i pesci, invece di comprarli dall’ambulante.

L’abbanniata iniziale è di Maurizio Monzù, figlio di Nicola, il pescivendolo che per quasi 40 anni mi ha svegliato col suo canto imbonitore che il figlio replica alla perfezione. Sarà un’emozione fortissima per tante persone ritrovarla qui. In tanti volevamo bene a Nicola e risentire la “sua” voce riporterà, alla memoria di tanti, tanti bei ricordi.

08. FICARRISI ‘NFURNA-CANNILI

Anche questo soprannome l’ho scoperto da un modo di dire che usava mia nonna: “Chistu sì chi è veru Diu! Pisciò ‘nto furnu e si nni ìu!” (Questo sì che è vero Dio! Ha pisciato nel forno ed è scappato!). Mia nonna lo riferiva ad una persona che si credeva tanto intelligente, ma in realtà era una mezza calzetta.

La stessa storia esiste anche nel paese di Ucria dove, invece della cera, per costruire il Bambin Gesù viene utilizzata la neve.

09. ATTILIO MANCA – LAMENTU PI LA MORTI DI ATTILIO MANCA

Il 12 febbraio del 2004 il giovane urologo siciliano venne ritrovato cadavere nel suo appartamento a Viterbo. Il corpo presentava evidenti segni di colluttazione mentre dal naso era uscita una considerevole quantità di sangue. Da quella scena straziante iniziò uno dei casi di cronaca più sconcertanti della storia della nostra Repubblica reso ancor più sinistro dalle innumerevoli menzogne raccontate dal potere.

Dipinto come un tossicomane morto suicida per un’overdose causata da un mix di droga e farmaci autoinoculati, Attilio fu oggetto di scherno e di derisione in primis da coloro che avrebbero dovuto ricercare la verità. E i due buchi nel braccio sbagliato, lui che era un mancino? Quisquilie. L’assenza delle sue impronte dalle due siringhe ritrovate con tanto di cappuccio salva-ago inserito? Dettagli insignificanti. Il suo computer? Sparito. Il suo appartamento? Quasi completamente pulito a lucido da impronte.

E poi ancora, non c’è spiegazione alla “sparizione” di una telefonata di Attilio dei mesi gennaio-febbraio 2004 giunta ai genitori qualche giorno prima della morte e poi c’è quell’inquietante “coincidenza” dell’operazione alla prostata di Bernardo Provenzano a Marsiglia negli stessi giorni in cui Attilio si spostò in Francia “per lavoro”. Altra “coincidenza” è quella del mafioso Francesco Pastoia che morì suicida in carcere il 28 gennaio 2005 dopo essere stato intercettato mentre parlava di un urologo che avrebbe visitato Provenzano nel suo rifugio da latitante in convalescenza. La morte di Attilio Manca è quindi avvolta dalla stessa coltre nera che ha permesso la latitanza di Bernardo Provenzano. E tante altre sono le ombre sulla scena del caso Manca, ma una più di tutte è la più sinistra, quella dello Stato.

Proprio di questi giorni la notizia delle sconcertanti intercettazioni che potrebbero riaprire il caso e riaccendere la speranza di avere giustizia per Attilio.

10. CLAUDIO E LUCIANO

Claudio e Luciano Traina sono due fratelli.

Nel 1992 Claudio è stato trasferito a Palermo da poco tempo ed è agente di scorta di un leader di un’associazione antiracket, Costantino Garraffa, che nei fine settimana non è quasi mai in città e perciò Claudio il sabato e la domenica viene utilizzato come jolly a disposizione di chi serve. Il 17 luglio, venerdì, chiama suo fratello Luciano col quale condivide la passione della pesca e lo invita ad andare a pescare la domenica successiva, il 19 luglio. Partono di buon ora, ma intorno alle 9 Claudio dice al fratello che alle 14 deve rientrare in servizio, deve fare una scorta. Luciano si risente un po’ perché uscire per tre ore in barca “non ne vale la pena”, ma Claudio risponde che voleva stare un po’ con lui da solo in mare. Prima di andarsene, gli dice: “Mi raccomando, stasera riunisci la famiglia, ci vediamo tutti a casa di mamma”. Claudio quel giorno sostituiva un agente della scorta del Dottore Paolo Borsellino. Muore a 26 anni in Via d’Amelio dilaniato dal tritolo.

Luciano è un agente della sezione catturandi della Squadra Mobile di Palermo. Anche lui poliziotto, anzi è il tipo di poliziotto a cui suo fratello Claudio, di tanti anni più piccolo, si è sempre ispirato, anche se fanno lavori diversi. Luciano il 20 maggio 1996 è nella squadra che ha catturato Giovanni Brusca. Entra per primo nel covo del latitante dopo due giorni di appostamento senza neanche mangiare. Il giorno dopo della cattura viene chiamato dal Questore di Palermo e mandato in Sardegna, per motivi di sicurezza; pende una taglia sulla sua testa. Col senno del poi, Luciano ricostruisce tutto e realizza che il Questore di allora, Arnaldo La Barbera (che è stato addirittura promosso per aver messo in atto depistaggi e insabbiamenti su Via d’Amelio) lo manda in Sardegna, non per proteggerlo, ma per punizione. In vacanza prima, in pensionamento anticipato dopo. Le “menti raffinatissime” di cui parlava Falcone avevano voluto mandare Luciano Traina a catturare Giovanni Brusca, pensando che il poliziotto, trovandosi davanti a uno dei responsabili della morte di suo fratello, lo avrebbe ucciso per vendetta. Brusca doveva morire per evitare che diventasse collaboratore di giustizia; avrebbe avuto troppe cose da dire, troppi insospettabili da coinvolgere. Ma Luciano è un uomo per bene, è un poliziotto, e così “si limita” a fare il suo dovere, a catturare un latitante, un uomo seminudo e disarmato che gli fa persino schifo quando lo vede in quelle condizioni. Per questo motivo, per aver fatto il suo dovere, abbiamo perso un valoroso servitore dello Stato, mentre un traditore dello stesso Stato veniva promosso fino ad ottenere persino la decorazione di commendatore dell’Ordine al merito della Repubblica italiana. Luciano adesso continua a portare avanti la memoria di Via d’Amelio e continua a raccontare la sua storia a tanti ragazzi che lo stanno a sentire con le lacrime agli occhi; spiega loro cosa significa stare dalla parte giusta, parla di giustizia e del valore delle Istituzioni, anche se, confessa, a volte gli sembra di prenderli in giro. “Io ci credo poco – dice – ma loro devono crederci.”

11. ‘NA NUCI

Per questo brano ho preso spunto da una vicenda realmente accaduta ai miei nonni. A tutti capita di dover fare qualcosa, ma dimenticarsene per i troppi pensieri o le troppe cose da fare o per semplice sbadataggine. Così la convivenza, in qualche modo, ne risente.

12. U BOI E U SCICCAREDDU

Un classico: il bue che dice cornuto all’asino. Una storia antica come il cucco! Una prevaricazione talmente evidente che non smetterà mai di esistere perché non smetteranno mai di esistere la prepotenza del più “forte” sul più debole, l’arroganza, il pregiudizio e il silenzio complice e colpevole di chi dovrebbe far notare al bue che le corna è lui a portarle sulla testa. D’altronde chi lavora umilmente, con rispetto e dignità, commu ‘nu sceccu, da sempre è soggetto ai soprusi di chi si crede superiore, e per sempre lo sarà. L’importante è essere consapevole del proprio valore e del proprio operato. Tanto, prima o poi, al bue pruderanno; sentirà il bisogno di grattarsi e allora, raspannusi i corna, scoprirà di averle!

U boi chi cci dici curnutu ô sceccu è un paradosso destinato a ripetersi fino alla fine del mondo!!!

13. UNNI SINI

È il mio personale inno alla Solitudine, compagna inseparabile e fondamentale nella mia vita soprattutto nel momento della creazione.

Nello sviluppo del brano questa solitudine si evolve in un atto di autoerotismo, in cui lui (o lei) si identifica in una immaginaria presenza che lascia spazio alla fantasia erotica più di quanto farebbe un reale contatto.

ORIANA CIVILE

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Oriana Civile, cantante, attrice, autrice, appassionata studiosa delle tradizioni musicali della terra di Sicilia, è una interprete unica e preziosa del repertorio musicale di tradizione orale della sua terra.

È presidente della sezione ANPI Capo d’Orlando/Nebrodi Ignazio Di Lena.

È stata coordinatore artistico della rassegna Il Teatro siamo Noi del Teatro Vittorio Alfieri di Naso, importante borgo in provincia di Messina e suo paese di origine.

Nel 2018 le è stato assegnato il Premio Antimafia Salvatore Carnevale “per l’impegno culturale e civile profuso come attrice e cantautrice, sempre congiunto a meritevoli battaglie di legalità e alla valorizzazione del ruolo di coraggiose figure femminili del movimento antimafia”.

Nel 2016 ha aperto il concerto di Noa e Gil Dor in occasione della XXIII edizione del Capo d’Orlando in Blues Festival, consacrando così le sue qualità di interprete in grado di calcare importanti palcoscenici internazionali.

Ha all’attivo numerose collaborazioni con artisti italiani e internazionali, tra cui Mario Incudine, Antonio Putzu, Salvo Piparo, Marco Corrao, Roy Paci, Pierre Vaiana, Salvatore Bonafede e altri.

Ha preso parte a diverse produzioni discografiche e ha realizzato due album da solista come interprete: Arie di Sicilia (di Oriana Civile e Maurizio Curcio, OnAir Records, 2009) e Canto di una vita qualunque (di Oriana Civile, Autoproduzione, 2016), che contiene i brani dell’omonimo spettacolo di teatro-canzone da lei scritto, diretto e interpretato.

Oriana ha, inoltre, collaborato a numerose produzioni cinematografiche; una per tutte Ore diciotto in punto del regista Pippo Gigliorosso, investendo nella produzione e interpretando la colonna sonora composta da Francesco Di Fiore, della quale nel 2019 è stato pubblicato il disco dall’etichetta olandese Zefir Records.

L’11 ottobre 2019 il debutto alla Cité de la Musique di Marsiglia con il progetto A Vuci Longa della “chanteuse sicilienne” Maura Guerrera insieme a Catherine Catella, progetto che punta alla riproposta delle complesse forme polivocali di tradizione orale contadina siciliana.

Per approfondimenti: https://it.wikipedia.org/wiki/Oriana_Civile

Giusy Ferreri e e le sue vite

di Omar Gelsomino, foto di Cosimo Buccolieri

La sua voce particolare le permette di spaziare su più generi musicali e la sua timbrica inconfondibile ne hanno fatto una straordinaria cantante di successo. Giusy Ferreri, all’anagrafe Giuseppa Gaetana Ferreri, si è imposta nel panorama musicale sin da subito, partecipando ai più importanti festival canori e ottenendo riconoscimenti internazionali per la sua bravura. Senza dimenticare che i suoi brani sono tra i più venduti.

Giusy Ferreri in realtà detiene anche tre record: è la cantante lanciata da un talent show ad aver venduto più copie nel mondo, oltre 2,5 milioni tra album e singoli; è rimasta al primo posto per 47 settimane nella classifica italiana dei singoli con Non ti scordar di me, Novembre, Roma-Bangkok, Amore e capoeira e Jambo; insieme a Baby K con Roma-Bangkok è l’unica artista italiana ad aver vinto il disco di diamante per un singolo digitale.

Di origini siciliane ha sempre vissuto in Lombardia, ma non ha mai abbandonato le sue radici perché la Sicilia è nel suo cuore.

«Sono andata via da Palermo in fasce, ma sento forte il legame delle mie origini. Certamente! Frequento normalmente Palermo». Come tutti anche lei ha fatto la gavetta, coltivando giorno per giorno la sua passione, conciliando il suo vero lavoro, sino al meritato successo che continua tuttora.

«La passione per la musica nasce sin da quando ero bambina. Sono cresciuta in un ambiente predisposto alla musica, poiché passione anche di mio padre con il suo pianoforte, un organo in casa e diverse chitarre e musicassette, cd e vinili di artisti italiani e internazionali di vario stile e genere. Mi sento vicina al rock e al blues. Il pop con tutte le sfumature e influenze di vario genere mi riesce bene. La musica ha unito ancor di più la mia famiglia perché è sempre stato un bellissimo motivo di condivisione. Le mie prime esperienze musicali risalgono a quando ero bambina. Mi piaceva partecipare ai concorsi canori sia da solista sia in gruppo con altri bambini. Poi a 13 anni ho iniziato con la prima formazione cover band e da lì in poi è stato un susseguirsi di varie formazioni di cover band di vari generi musicali tra rock, blues, hard rock, southern rock, new wave e nell’adolescenza ho iniziato a scrivere i miei primi brani che portavo in gara nelle varie manifestazioni per band emergenti. Non è mai stato difficile conciliare il lavoro con gli impegni artistici perché avevo scelto di lavorare part-time e avevo parecchio tempo a disposizione e soprattutto riuscivo ad esibirmi anche nei locali in tardissima serata. Come una doppia vita».

La popolarità di Giusy Ferreri inizia con la classificazione al secondo posto alla prima edizione di un famoso talent show e nonostante il successo raggiunto lei è rimasta sempre se stessa. «La partecipazione ad X Factor nel 2008 rappresenta l’esordio della mia popolarità e l’inizio di un nuovo percorso artistico e professionale. Quando penso alla mia vita penso a come se stessi attualmente vivendo la mia quarta vita, mentre nel 2008 possiamo dire che fosse appena iniziata la mia terza vita. Penso a più vite perché le ho vissute catapultandomi in ruoli e situazioni differenti. Ma più che cambiata mi sento solo cresciuta, continuo a riconoscere sempre me stessa nella mia testa e nel pensiero, solo più matura e consapevole di qualche anno fa».

In questi anni ha partecipato quattro volte al Festival di Sanremo, nell’ultima edizione con il brano Miele, e diverse le collaborazioni che hanno suggellato delle vere e proprie hit di successo. «Sanremo è sempre una bella occasione per presentare un nuovo progetto. Quest’anno ci tenevo molto ad esserci per poter parlare anche del mio nuovo album “Cortometraggi” oltre al brano presentato in gara. Sono davvero tante le collaborazioni di cui vado molto fiera e orgogliosa, e tantissime volte mi hanno portato a conoscere qualcosa di nuovo di me stessa. Quella che ho desiderato tanto personalmente e che ho cercato perché più attinente al mio percorso sin da ragazza, è stata la collaborazione con Linda Perry delle 4 non Blondes che ho voluto coinvolgere per la scrittura a quattro mani di nuovi brani che poi ho inserito nell’album “L’attesa”. Parlo di gratificazione personale artistica ovviamente».

Con l’approssimarsi dell’estate a farci compagnia ci sarà qualche tormentone a segnare le nostre giornate e come è capitato in passato alcuni di questi sono di Giusy Ferreri, tanto che l’hanno definita la regina delle hit, ma lei rimane la cantante di sempre che conosciamo ed ammiriamo. «Non mi sento regina delle hit estive, mi è stato attribuito perché più di un brano ha ottenuto un grande riscontro anche se per me è stato solo un gioco. Artisticamente sono una persona istintiva e volevo provare qualcosa di diverso. Takagi e Ketra mi hanno coinvolta in quella nuova avventura e ho apprezzato molto l’energia, la freschezza, l’originalità e la leggerezza dei loro brani, per cui mi sono divertita».

È già uscito il suo ultimo disco ricco di sonorità e brani introspettivi ma soprattutto di collaborazioni importanti che porterà in giro per l’Italia nel suo lungo tour. «“Cortometraggi” è un album versatile molto curato negli arrangiamenti e nella produzione. Suonato dai musicisti che mi accompagnano durante i tour ormai da diversi anni. Contiene 12 piccoli film, come amo definirli, che arrivano dritti al cuore, alcuni più introspettivi intervallati da altrettanti brani energici sempre ricchi di significato. In questo album sono sia interprete sia cantautrice come per i miei album precedenti. Tra le firme più importanti che hanno scritto per me ci sono Gaetano Curreri, Marco Masini, Bungaro, Diego Mancino, Casalino e Simonetta. Per l’estate vi sarà sicuramente un brano estratto da questo album a farci compagnia. In programma ho il tour estivo e tour autunnale nei teatri, con la formazione musicale accompagnata da Andrea Polidori (Batteria) Gabriele Cannarozzo (basso, moog), Mattia Boschi (violoncello, chitarra) Fabrizio Leo (chitarre) Fabiano Pagnozzi (pianoforte, sinth)».

 

In attesa di vederla tornare dal vivo questa estate nelle più belle località italiane, già annunciate le due anteprime teatrali di questo autunno, prodotte e organizzate di Friends & Partners: il 1° ottobre al Parco della Musica di Roma (Sala Sinopoli) e il 3 ottobre al Teatro dal Verme di Milano.

Lorenzo Vizzini. Il nuovo De Gregori della musica italiana

di Alessia Giaquinta, foto di Julieta Vivas

Qualcuno lo ricorderà come l’imitatore che, a soli cinque anni, conquistò il pubblico della trasmissione televisiva “Bravo Bravissimo” condotta da Mike Buongiorno. Eppure Lorenzo Vizzini, ormai ventinovenne, da allora ne ha fatta di strada… tanta e nel migliore dei modi! Il giovane ragusano, infatti, oggi è considerato uno dei migliori autori e compositori italiani. Ha scritto brani per Renato Zero, Ornella Vanoni, Arisa, Marco Mengoni, Anna Tatangelo, Laura Pausini e tanti altri noti artisti del panorama musicale. Insomma, alla sua giovane età Lorenzo vanta già un curriculum di collaborazioni importanti, di brani e dischi di successo e la vincita del Premio Siae per gli autori under 30 distinti nel panorama nazionale.

Un Francesco De Gregori più giovanelo ha definito Ornella Vanoni. E come darle torto?!

Dalle melodie alle parole, alle emozioni che evoca: la musica di Lorenzo è un’esperienza di bellezza ad alti livelli, un turbinio di poetiche immagini capaci di emozionare chiunque ascolti i suoi brani.

Artista da sempre. Dalle imitazioni alla musica, alla scrittura. Come è avvenuta la scoperta di ciascuna di queste arti?
«Quello con la musica è stato un innamoramento. Non l’ho scoperta, è accaduto. Ad esempio, quando avrò avuto al massimo 2 anni chiesi a mia madre come regalo un palcoscenico con gli strumenti musicali. È stata una scelta istintiva, come i cani che rincorrono gli odori dai quali sono attratti».

Quando hai scritto il primo brano? E l’ultimo?
«Il primo non l’ho propriamente scritto, avevo 5 anni e mi passava questa melodia in testa. Quando capii di averla inventata io, non ho smesso più. L’ultimo non è mai l’ultimo, c’è sempre una nuova canzone da scrivere».

Se potessimo osservarti nell’atto di comporre un brano, cosa vedremmo?
«Ve la vorrei rendere più bella da immaginare, ma probabilmente vedreste una persona dissociata dalla realtà che lo circonda. Nella testa è tutto chiarissimo, ma da fuori potrebbe risultare alienante».

Lorenzo autore e cantautore. Cosa segna il margine tra scrivere per sé e scrivere per altri?
«Più che un margine, c’ è un oceano in mezzo. Tutte le canzoni che scrivo per me hanno delle caratteristiche che rappresentano la mia persona. Allo stesso modo ogni canzone che scrivo per un altro interprete cerco di immaginarla il più vicino possibile alla sensibilità di chi la canterà».

Raccontaci un aneddoto della tua carriera che ti ha particolarmente emozionato.
«Quella che per me è la carriera, in senso strettamente professionale, mi emoziona raramente. Fare musica per me è un lavoro sacro, che amo e cerco di onorare al massimo ogni giorno. Per questo, più che la carriera in termini aneddotici, il momento che fino ad oggi continua ad emozionarmi di più è quando scrivo una canzone. Quello è il periodo che mi regala più entusiasmi, gioie, estasi, qualche volta felicità. È sempre una mappa del tesoro da riscrivere da zero».

Vivi a Milano, ormai. Cosa ti manca più della Sicilia e qual è la prima cosa che fai appena torni nella tua terra?
«Mi manca vederla, guardare le spiagge, i mandorli in fiore, i fichi d’India. Quando torno a casa vado a mangiare le ‘mpanatigghie e da talassodipendente quale sono torno banalmente davanti al mare».

Cosa canta (se canta) Lorenzo sotto la doccia?
«Ammetto di cantare poco sotto la doccia. È il mio momento di tregua, quindi quando riesco e sono da solo mi godo il silenzio. Quelle poche volte che canto in doccia, solitamente canto canzoni che non esistono».

Nel cassetto hai più sogni o progetti? Cosa puoi svelarci?
«I miei sogni sono i miei progetti. In ambito musicale e personale, nei prossimi anni mi piacerebbe conoscere e studiare le culture degli altri continenti. Mi piacerebbe viaggiare in America, Asia e Africa per diversi mesi e conoscere da vicino le radici di scuole musicali che mi hanno da sempre affascinato. Poi ho ancora mille altri sogni, ma mi hanno detto che se li racconti prima non si avverano. Magari ve li racconterò quando li avrò realizzati!».

Zabor

È uscito il nuovo singolo e il videoclip con la ninna nanna indie “CERCO TE”

Comunicato stampa

Una ninna nanna indie, che tiene svegli con gli occhi della speranza.

La canzone più dolce dell’estate 2021 – con tutti i suoi turbamenti, sentimenti ed emozioni – si intitola “Cerco te”, il primo singolo del cantautore siciliano Zabor, accompagnato da un videoclip disponibile su tutte le più famose piattaforme musicali, da YouTube a Spotify.

YOUTUBE: https://www.youtube.com/watch?v=IR9c6jyp1AU

SPOTIFY: open.spotify.com/track/0TbXAaf1N38NE1Z3uwTn2Q

 

Una canzone che scardina tutte le moderne teorie stilistiche in una ballata vecchio stampo.

Il brano presenta delle sonorità piene, ma mai pungenti, con una melodia che evoca la musica dolce di un carillon e si sviluppa su un giro armonico ripetitivo, offrendo supporto ad un testo con un linguaggio chiaro ed incisivo. Il tema della ricerca viene affrontato in modalità differenti, passando dalla necessità di trovare, all’accettazione della mancanza, con un velo di malinconia che accompagna tutta l’intonazione della voce.

Il video, girato tra la casa del musicista e la riserva naturale della Pizzuta, enfatizza ancora di più il concetto di trovare il proprio io dentro la ricerca di qualcuno o qualcosa. Un percorso che ci porta direttamente dentro la canzone.

“Cerco te” è stata registrata allo Studio78 di Palermo ed è stata mixata e masterizzata al Vdss Recording Studio di Ceprano. Nel brano Zabor canta e suona le chitarre acustiche ed elettriche. Con lui: Ivan Ragusa alla batteria, Ciccio Stampa al basso e Alessio Felice alle tastiere.

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MINIBIOGRAFIA – Zabor è Salvo Cacioppo, cantante e chitarrista palermitano nato nel 1984. Si dedica sin da bambino allo studio della musica, laureandosi alla magistrale di Musicologia all’Università di Palermo e della chitarra pop-rock a Milano. In attività come session man con vari artisti, tra cui Federico Poggipollini e Riccardo Simoncelli, è alla sua prima pubblicazione come solista.

LA Propaganda live

Le Glorius 4 in “Tour intorno al mondo”

Articolo di Angelo Barone

Le radio continuano a trasmettere la musica accompagnando le nostre giornate di lockdown, ma il settore della musica dal vivo ha subito un crac in tutto il mondo e la ricerca di nuove prospettive per la creazione e la diffusione della musica durante la pandemia ha animato tante iniziative sui social.
Una delle più riuscite, per l’originalità e lo spirito positivo che anima il progetto, è il tour virtuale intorno al mondo delle Glorius4, iniziato durante il lockdown, cantando in sette lingue con la partecipazione di star come Paolo Belli, Massimo Moriconi (bassista di Mina), Tony Canto, Faisal Taher e altri artisti di calibro internazionale. Sono tappe di un minuto e riescono a creare un’osmosi emozionale con la loro vocalità, i suoni e le armonie del Paese virtualmente visitato.

Per le Glorius4 (Agnese Carrubba voce/pianoforte/percussioni, Federica D’Andrea voce, Cecilia Foti voce e Mariachiara Millimaggi voce/pianoforte/percussioni), il 2020 doveva essere l’anno del tour in Usa – dopo il successo ottenuto nel 2017 in Francia con la vittoria del Primo Premio e Premio d’Onore al Concours International Leopold Bellan di Parigi, e aver rappresentato l’Italia nel 2018 in Giappone in occasione del 19 Osaka International Music Competition.La pandemia da Covid-19, però, ha bloccato il tour dell’inconsueto ensemble al femminile con arrangiamenti e sonorità vocali originali dal sapore jazz, arricchiti dalla loro eclettica sicilianità, ma di certo non ha fermato la loro creatività e la voglia di vivere con la musica.

«Da Marzo a oggi non ci siamo fermate un attimo, siamo state molto prolifiche, abbiamo deciso di sfruttare questo periodo di minor attività dal vivo per lavorare, studiare, sperimentare, produrre e abbiamo trovato una diversa modalità di lavoro che ci ha permesso di cantare anche a distanza e di trovare un nostro modo di esprimerci per noi stesse e anche per dare un messaggio di gioia e creatività, il risultato è stato non solo inaspettato, ma oseremo dire esaltante. Dato l’annullamento del nostro tour in USA in programma lo scorso aprile, abbiamo iniziato a volare nel solo modo a noi concesso: con la musica!».

Comincia con tanta energia positiva questa intervista corale fatta su piattaforma digitale. Era dalla loro partecipazione al Premio Paladini della Cultura 2019 che non ci si vedeva. Le trovo molto cariche e con tanta voglia di fare: uniscono talento e simpatia, impegno sociale e allegria che riescono a trasmettere anche in questo tour virtuale che comincia dal Sud Africa e continua in Jamaica, Giappone, Russia, Grecia, Messico, Palestina, Usa, Francia, Nuova Zelanda e una tappa anche in Italia.

«Diversi artisti ci hanno seguito in questo viaggio da un minuto, che ancora continua, un meraviglioso scambio. E poi LA7 e la RAI… un anno musicale meraviglioso! Lo possiamo dire?».
Certo che lo possono dire, se uno come Diego Bianchi, che di social è un esperto, con la sua trasmissione cult “Propaganda Live” su LA7 le fa esibire, virtualmente dal parcheggio del Four Seasons Total Landscaping negli USA per rendere omaggio alle origini siciliane della First Lady americana Jill Biden e con Paolo Belli partecipano su Rai 2 alla raccolta fondi per la ricerca Telethon con “Sorridi e va avanti”, che è lo spirito che tutti dovremmo avere per vivere meglio il nostro tempo.

Lo possono dire, perché il loro successo è frutto di tanto lavoro e studio a cominciare dalla tesi di laurea in arrangiamento jazz di Agnese Carrubba, “Glorius Vocal Quartet”, l’unicità di quattro voci femminili in una sintesi originale con 110/110 e lode al Conservatorio Corelli di Messina e seguita da anni di studi insieme a Cecilia Foti, Federica D’Andrea e Mariachiara Millimaggi con prestigiosi maestri e proficue collaborazioni artistiche.

In attesa di poterle sentire dal vivo, potete seguire il “Tour intorno al mondo” su www.facebook.com/gloriusvocal4et e ascoltare il loro Disco Play su Spotify.

Foto DARIA BIANCARDI

Daria Biancardi, la cantante palermitana dalla voce soul

Articolo di Omar Gelsomino   Foto di ILYA FOTOGRAFIA

 

Una sonorità calda e potente dalla voce soul incanta tutti. Lei è la cantante palermitana Daria Biancardi. L’ingresso nel gruppo gospel Palermo Spiritual Ensemble le permetterà di collaborare con gruppi di fama internazionale come gli Chieftains e gli Earth Wind and Fire e partecipare al disco di Francesco Baccini “Nostra Signora degli Autogrill”.
«Sono una donna in preda alla passione per il canto da tantissimi anni. Una donna resiliente per natura, che non si arrende mai e che è alla continua ricerca della felicità, perché è il motore principale della mia vita».
In realtà la vita di Daria Biancardi è sempre stata contraddistinta dalla passione per il canto, anche se inizialmente non se ne rendeva conto.
«La passione è nata da bambina, anche se inizialmente non me n’ero resa conto perché volevo fare tutt’altro. Quand’ero ragazzina le mie passioni andavano dalla danza classica al cinema, dai libri e alla scuola, perché ero appassionata di lingue, ne parlo ben quattro. Quando mi diplomai all’Istituto Tecnico per il Turismo volevo fare l’interprete. Cantando sempre ed essendo un po’ il giullare di corte in tutte le feste, amici e parenti mi consigliarono di frequentare la scuola di canto, perché secondo loro ero brava e dovevo studiare: da lì capii che forse avevano ragione loro e che dovevo seguire questa strada. La prima passione vocale da grande è stata per il gospel, perché ho sempre ascoltato musica, ma sono sempre figlia degli anni ‘90, del pop, di Madonna e di Michael Jackson. La scuola di canto mi ha portato verso una natura che non pensavo di avere, cioè una voce nera da gospel, blues o da soul come vengo definita adesso».
Eppure è sempre stata così determinata da prendere decisioni risolute come quella di rinunciare alla sicurezza del suo posto fisso in ospedale e inseguire il suo sogno.
«Lo rifarei cento milioni di volte. Il fuoco della mia vita è proprio la ricerca della felicità, io devo seguire le mie passioni, il mio cuore. Chiaramente non è un consiglio per gli altri, non vorrei che passasse il messaggio che bisogna fare di questi voli pindarici, mollare tutto e andare via senza avere responsabilità. Ho lavorato in ospedale per quasi dieci anni e l’ho fatto perché avevo delle responsabilità familiari. Sono convinta che ci sia un momento per tutto e bisogna scegliere con il cuore. Se ho fatto bene, ne riparleremo fra dieci anni (ride, ndr)».
Daria Biancardi ha partecipato al talent show “The Voice of Italy”, l’anno dopo ha pubblicato il suo primo album e di recente ad “All together now” interpretando “Gloria” è arrivata in finale e ha ottenuto milioni di visualizzazioni sul web. Un successo inarrestabile. A ottobre ha vinto la XII edizione di New York Canta – Festival della Musica Italiana svoltosi al Master Theater di Brooklyn con il singolo “Come una danza”, scritto da Cassandra Raffaele, incantando il pubblico e la giuria di esperti con la sua voce straordinaria, trasmesso in mondo visione su Rai Italia, e poi ha partecipato alla parata del Colombus Day.
«Ho provato un’immensa gioia, quasi indescrivibile. È come se avessi potuto toccare la felicità con un dito. Questa volta invece ce l’ho fatta, non riuscivo a crederci che si fosse realizzato un sogno. Gioia immensa e incredulità, ho detto allora è vero che prima o poi, se ci credi davvero, i sogni si realizzano. Così come ho detto durante la premiazione, non ho mai vinto niente nella mia vita e quindi prendermi una soddisfazione di questo genere, nella città in cui ho vissuto per diversi anni, è immensa. La puntata del New York Canta è stata trasmessa in mondovisione il 31 ottobre, lo stesso giorno di diciotto anni fa ero sul palco dell’Apollo Theater di New York, il tempio della musica black, che cantavo una canzone di Whitney Houston, una coincidenza impressionante. Sto preparando alcuni live per il mese di dicembre, poi uscirà il video di “Come la danza” e del brano “Gloria” che mi ha dato notorietà nella veste di cantante italiana e non mancheranno tante altre sorprese».

progetto

Desirée Rancatore, una voce che incanta

Articolo di Omar Gelsomino   Foto di Franco Lannino e OUTUMURO

Un nome che risplende fra le cantanti liriche, nel panorama internazionale, è il soprano Desirée Rancatore. Bella, solare e allegra. Palermitana d’origine da anni calca i teatri dell’opera di tutto il mondo con la sua voce armoniosa.
«Iniziai a studiare il pianoforte a quattro anni e il violino quattro anni dopo. La mia è una famiglia musicale: mio padre è clarinettista e mia madre cantante al Teatro Massimo, quindi ho sempre bazzicato nel mondo dell’opera senza mai pensare di poterne far parte. Frequentando il corso di canto corale dovetti preparare la “Petite messe solennelle” di Rossini, così m’innamorai follemente del canto.

Questo mio percorso iniziò a sedici anni e in pochi anni vide un’evoluzione di enfant prodige. Grazie a mia madre e ai suoi sapienti insegnamenti è uscito fuori questo dono del cielo. Arrivarono le audizioni, vinsi tre concorsi internazionali, debuttai a diciotto anni al Festival di Salisbrugo e ho cantato nei teatri di tutto il mondo». Una scelta sicuramente non facile quella di essere una cantante lirica ma che l’ha affascinata sin da subito. «È bello poter esprimere delle emozioni con la voce, perché parte dall’anima e arriva ai cuori di chi ti sta ascoltando e poi impersonare le eroine dei personaggi di un passato meraviglioso con delle storie d’amore avvincenti anche se quasi sempre tragiche, ma molto intense, molto belle. Sicuramente c’è il fascino di emozionare emozionandosi». Ma oltre alla formazione strumentistica e tecnica si apprendono e portano con sé anche degli insegnamenti per tutta la vita. «Ho iniziato a studiare canto con la mia mamma che continua a essere la costante nella mia vita, lei è molto severa, esigente e perfezionista e questo ha influito sul mio modo di essere.

Per tredici anni ho avuto la fortuna di collaborare a Roma con Margaret Baker Genovesi, dei suoi insegnamenti mi porto dietro la precisione, la disciplina, il chiederti il perché di alcune cose di quello che stai cantando, oltre a prepararmi tecnicamente. È stato interessante raffrontarmi con Mariella Devia, per me un mito assoluto dopo la Callas, sia tecnicamente sia umanamente, perché mi ha dato tantissimo nella nuova parte del mio repertorio che sto ampliando perché la voce si evolve, ho debuttato con Norma grazie ai suoi insegnamenti». In realtà, in tutti questi anni sono molteplici i ruoli che ha interpretato, a volte affatto facili, ma Desirée Rancatore li ha affrontati con la sua versatilità. «Penso di non aver fatto mai cose facili. Ho avuto tanta incoscienza e la ringrazio infinitamente per essere stata la mia compagna fedele per tanti anni, anche se un po’ mi spiace averla persa. A diciotto anni ero ignara di tutto quello che mi aspettava, prendevo tutto come un gioco, non conoscevo neanche i cantanti famosi che avevo accanto a me. Mi sono divertita a interpretare tanti ruoli difficili, c’erano delle responsabilità che all’epoca non sentivo più di tanto. Quando la carriera arriva a un certo livello, ti rendi conto che sei sempre molto giudicata, anche criticata perché fa parte del gioco, ti responsabilizzi e capisci che devi mantenere un certo livello». Nonostante sia sempre in giro per il mondo per lavoro, la Sicilia rimane sempre la sua casa. «Sono legatissima alla mia terra, alla mia famiglia, ai miei valori. Ho una famiglia molto bella e penso che questo faccia sì che sia molto legata ai valori e alle tradizioni prettamente nostre: il sole, il cibo, il mare, specialmente da quando sono in Irlanda, che è bellissima, ma la Sicilia è la mia terra e non la cambio per niente». Dopo la masterclass a Foligno, aver ricevuto il premio “Il Parnaso 2019” a Montecatini, a ottobre Desirée Rancatore sarà in tour in Cina e in Giappone con il Rigoletto e la Traviata, poi debutterà con Liu nella Turandot a Trieste e con Anna Bolena a Genova incantando ancora una volta con la sua voce, in continua evoluzione, il suo pubblico.

BM

Deborah Iurato ft. Soul System, un nuovo progetto discografico che unisce i due vincitori dei talent

Articolo e foto di Samuel Tasca

Era il 2014, quando una giovanissima cantante ragusana vinceva Amici, il talent show di Maria De Filippi in onda su Mediaset. Stiamo parlando della bella e brava Deborah Iurato che, con la sua voce portentosa e la sua naturalezza, aveva conquistato, da subito, il cuore e l’affetto degli italiani.
«In questi anni sono cresciuta e sono maturata, adesso mi sento più donna – ci racconta Deborah su una spiaggia del Lido di Noto durante le prove del suo concerto -. Il percorso ad Amici ha fatto sì che il mio sogno più grande diventasse il mio lavoro. Lo rifarei altre diecimila volte perché mi ha dato tanto e mi ha fatto crescere».
Ma stavolta la Iurato non è da sola, assieme a lei ci sono i Soul System, vincitori della decima edizione di X Factor nel 2016, che firmano, insieme a Deborah, il nuovo singolo Stammi bene (On my mind), uscito il 7 giugno.
«Hanno quell’anima r’n’b e soul che a me piace un sacco – dice Deborah riferita ai Soul System – quindi abbiamo pensato di uscire insieme con questo singolo che segue appunto i miei tre anni di stop. È stato super, perché si è creata questa energia e sintonia incredibile al punto tale da decidere di andare in tour insieme».
È tanta la complicità e l’allegria che si percepisce tra la solista siciliana e il gruppo dei Soul System che la definiscono affettuosamente la loro “soul sister”. «La cosa che ci ha conquistato di più di Deborah è che, alla prima prova, ha portato i cannoli siciliani e quindi, già da lì, avrebbe potuto anche stonare tutto il tempo, ma per noi sarebbe stata sempre la miglior cantante del mondo» – ci svela il batterista della band concludendo con un sincero “viva i cannoli siciliani!”.
Quindi cosa aspettarci da questo tour insieme?
«Solo cose belle, come si dice dalle mie parti – ci risponde scherzando Deborah –. A parte gli scherzi, noi ci stiamo divertendo tanto e fortunatamente abbiamo anche avuto tanto riscontro dal nostro pubblico, il pezzo è piaciuto molto e siamo felici di portarlo in giro in tour».
Con quest’ultima affermazione ci salutano Deborah Iurato e i Soul System prima di salire sul palco, affacciandosi su un lungomare già gremito di fan impazienti di ascoltare la loro nuova hit!