Arturo Di Modica e il suo Nuovo Rinascimento
Articolo di Salvatore Genovese Foto di Sam Valadi
Non si può parlare dello scultore Arturo Di Modica senza ricordare la sua opera più famosa, quella che gli ha dato la notorietà a livello mondiale: il toro di Wall Street, il Charging Bull, diventato il simbolo della Borsa americana.
Di Modica è un artista multiforme che guarda sempre “oltre”, tanto da indurlo a creare a Vittoria, dove è nato, anche se la sua vita si è svolta soprattutto a New York, una grande struttura, che poggia su una superficie di centomila metri quadrati, dove, tra centinaia di palme e ulivi ultracentenari, sta sorgendo una Scuola Internazionale di Scultura, una fucina di artisti internazionali e uno studio/esposizione, oltre quello che ha nel Wyoming, per esporre e produrre le sue opere: sculture in bronzo, in acciaio, in legno e in marmo.
Struttura che, ci dice, è pronta all’ottanta per cento e che sarà inaugurata entro la fine del prossimo anno. Varcare la soglia dei suoi laboratori è come entrare in un mondo “fatato”.
Per visitarli bisogna spostarsi in macchina, tanto è vasta la struttura in via di realizzazione.
«Piano piano – spiega – la finirò, anche se occorrono molti capitali ed io non ho avuto aiuto da alcuno, né enti pubblici, né privati. Sto facendo tutto con le mie sole forze».
L’idea finale è realizzare due grandi cavalli rampanti in acciaio, alti quaranta metri, che si contrappongono e si sostengono a vicenda: saranno posizionati sulle sponde del fiume Ippari e ospiteranno un ristorante, due Musei Archeologici, quello di Vittoria e quello di Ragusa, ed altre sale.
Un progetto ambizioso, che lui dichiara di voler fare per la sua città, perché crede fermamente che diventeranno un’attrazione internazionale in grado di interessare turisti da tutto il mondo «solo il turismo può salvare una città come Vittoria, nella quale di recente si sono verificati spiacevolissimi episodi di cronaca».
Di questi cavalli rampanti sono state realizzate, nello studio del Wyoming, tre copie, ciascuna di otto metri di altezza, di cui due in bronzo, destinate alla vendita, ed una in acciaio, che resterà nella struttura vittoriese, posizionata su due piedistalli già pronti ad accoglierla.
«Per realizzare i due grandi cavalli ipparini occorrono trentasei milioni di euro e io non li ho. Per questo intendo rivolgermi alla Comunità Europea e ad altri Enti. Occorre trovare un sistema per avvicinare gli altri a questo mio progetto, perciò sto realizzando, con fondi esclusivamente miei, le tre copie di otto metri, che presenterò insieme al mio studio ed alla galleria del Nuovo Rinascimento».
Arturo Di Modica, instancabile benché non più giovanissimo, ha grinta e determinazione per attuarle. Tutti elementi che dichiara di assorbire dalla sua attività di scultore e di artista.
E sono state proprio queste caratteristiche ad indurlo a realizzare e ad abbandonare, molti anni fa, la pesante scultura bronzea davanti alla Borsa di Wall Street. Ma il suo toro oggi non parla solo americano: anche altre borse, a Shanghai, Amsterdam e Corea gli hanno chiesto di collocare il suo Charging Bull davanti alle rispettive borse. All’originale, quello newyorkese, di recente sono occorsi due strani episodi: il primo è stato attuato da alcune femministe americane, che hanno collocato la statua di una bambina davanti al toro, per dire: “Noi siamo qua e siamo pronte ad andare contro tutto e tutti”. La statua della bambina è stata poi fatta rimuovere dallo stesso Di Modica «perché la mia scultura non c’entra niente con le tematiche femministe». Altro episodio, che risale a pochi giorni fa: il Charging Bull è stato preso a martellate da qualcuno che gridava: “A Trump, a Trump”.
«Che nesso c’è tra il toro e Trump?», gli chiedo.
«Siccome Trump sta facendo le cose con grinta, viene paragonato al toro. Inoltre un giornale americano due mesi fa ha pubblicato una caricatura di Trump che cavalca il mio toro».
La città, quella sana, che è la parte più cospicua, aspetta. Sa che questa struttura, una volta realizzata, ne costituirà il vanto. Sia dal punto di vista culturale, che economico.