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Giusina in cucina anjova

ANJIOVA: UN COOKING SHOW CON CHEF D’ECCEZIONE

 

Pronta al via la seconda edizione di Anjiova, il cooking show che vedrà protagonista l’acciuga, interpretata in cucina da quattro chef d’eccezione. La manifestazione si terrà giovedì 11 agosto 2022 a Valverde (Ct) a Masseria Carminello in via Carminello 21 a partire dalle ore 21. 

“Visto il successo della prima edizione di Anjiova –spiegano Antonio Rosano e Giovanni Samperi, organizzatori della serata- abbiamo deciso di replicare l’evento seguendo la stessa filosofia con la quale l’abbiamo ideata e organizzata. L’intento infatti è di valorizzare l’acciuga e di rendere omaggio all’antica tradizione gastronomica ad essa legata. Pur rispettando la storia culinaria, però, abbiamo dato a ogni chef la possibilità di esprimersi ai fornelli seguendo il proprio estro e la propria creatività. Sarà quindi un percorso enogastronomico che si svilupperà di piatto in piatto e di chef in chef in un crescendo di emozioni e di sapori”.   

Giuseppe Raciti

Ospiti di questa seconda edizione, presentata dal giornalista Antonio Iacona e da Valentina Grippaldi,  saranno lo chef stellato Giuseppe Raciti del ristorante Zash Country Boutique Hotel; la talentuosa Giusina in Cucina, al secolo Giusi Battaglia, conduttrice dell’omonima trasmissione televisiva su Food Network; Orazio Cordai, il re della crispella; Giorgio Samperi, pasticcere e gastronomo del Caffè Mazzella di Pedara (Ct) e Rosario Terranova, chef di Masseria Carminello. Chiuderà la serata la chef stellata Marianna Vitale del ristorante Sud di Quarto (Na), presente in video conferenza, che darà la possibilità ai presenti di degustare la sua proposta di cornetto Algida chiamato Sud.  La chef è stata premiata nel 2020 con la stella Michelin e con il Premio Michelin Chef Donna.

Nino Scaffidi

La serata prevede un menu con i piatti preparati da ogni chef ospite, degustazioni con prodotti tipici, momenti di intrattenimento a cura di Nino Scaffidi, un personaggio dalle mille sfaccettature che si è esibito in noti programmi tv come Italia got’s talent e Tu sì che vales. Prima dell’inizio del cooking show, il lungo viale del locale diverrà uno spazio per le degustazioni dalle 19.30 alle 21 con varie postazioni per le attività locali che offriranno prodotti a base di acciuga insieme a vini e birre. 

Il cooking show sarà aperto da Giorgio Samperi che ha realizzato l’Arancino all’acciuga con crema di pomodorino datterino giallo, formaggio dolce e panatura di cereali. “Ho sperimentato un arancino nuovo per questa occasione –spiega lo chef – combinando più ingredienti.  Sarà un arancino con riso aromatizzato con spezie ed erbe di stagione e zafferano. Tra gli ingredienti ci saranno salmone e zucchine di stagione, crema di pomodorino datterino giallo e aroma di mandorle tostate. Il formaggio dolce e le alici gli daranno un sapore deciso”. 

Seguirà la Parmigiana di alici con mousse di ricotta al basilico e vellutata di datterino all’acciuga preparata da Rosario Terranova e subito dopo ci saranno le crispelle di Orazio Cordai. 

Giusina in cucina anjova

Il menu prevede, inoltre, la Pasta c’anjiova di Giusina in Cucina. “Per me è un piatto importante, legato ai miei ricordi di bambina. La cosiddetta Pasta a milanisa è una ricetta che rappresenta la nostra tradizione gastronomica –spiega Giusi Battaglia-. Gli emigrati siciliani, infatti, portavano con sé gli ingredienti base di questo piatto, materie prime a lunga conservazione, per sentirsi a casa e gustare sapori tipicamente siciliani. Amo legare le storie ai piatti che preparo e questo non fa eccezione”. 

Toccherà allo chef stellato Giuseppe Raciti chiudere il menu con una seconda portata, la Pizzaiola di alici e acciughe. “Ho rivisitato un tradizionale piatto che mi ricorda l’infanzia –racconta-. Mia madre lo preparava come da consuetudine con la carne, patate e origano. Io, invece, l’ho reinterpretato, per questa occasione, senza carne”.  

E, dulcis in fundo, il cornetto Algida di Marianna Vitale che si collegherà in video per salutare i presenti e raccontare i segreti alla base del suo gelato. 

arancina, pane e panelle e sfincione

Street Food Siciliano. Hai mai sentito il palato esultare?

di Giulia Monaco, Foto di Gaia Corselli, Federica Gorgone e Marsala Food Porn

Non puoi dire di aver visitato la Sicilia se insieme agli occhi e al cuore non ha esultato anche il tuo palato. Provare lo street food siciliano è un’esperienza memorabile: quando ci si aggira per le vie delle città, è impossibile non lasciarsi conquistare da profumi inebrianti che provengono da qualche moto-ape appostata all’angolo, dietro alla quale armeggia un venditore ambulante, una figura ibrida tra un alchimista e un incantatore di serpenti che saprà conquistarti in un attimo sventolandoti davanti al naso una delle sue prelibatezze.  Ma quali sono le specialità che non devi assolutamente perderti se vieni giù in Sicilia? L’elenco potrebbe non finire mai, ma intanto restringiamo il campo a sei. Al prossimo viaggio ci sarà sempre tempo per lasciarsi ispirare da nuovi gusti e sapori.

Arancina/o

Iniziamo con lei! (o lui?) La regina! (o il re?) del Made in Sicily. È una palla di riso fritta, dalla panatura croccante, e malgrado oggi venga condita con ogni tipo di farcitura, le varietà tradizionali sono due: alla carne (con tritato di carne e piselli) e al burro e prosciutto. Fa’ attenzione a come la chiami, perché gli ultras dell’arancina-gender sono molti di più di quanto pensi! In Sicilia occidentale è di forma tonda e ricorda un’arancia, a cui deve il nome (l’ha detto anche la Crusca!), per cui l’arancina è “fimmina”. In Sicilia orientale ha invece una forma appuntita che ricorda un po’ la vicina Etna. Qui l’arancino è “masculo”. Insomma: femmina, maschio, ci importa davvero? È un’esplosione di gusto, godiamocela tutta.

arancino

 

Sfincione

Pietra miliare dello street food, “u sfinciuni” può essere definito come la “pizza palermitana”. Si tratta di una sorta focaccia di pasta bianca condita con sugo di pomodoro, acciughe, caciocavallo, cipolla, origano e pan grattato. L’impasto alto dalla consistenza sofficissima ricorda la forma e la morbidezza di una spugna, tanto è vero che è al termine latino spongia che deve il suo nome. Di lambrette di “sfincionari” sono piene strade e viuzze del capoluogo siculo, impossibile non lasciarsene conquistare.

sfincione

Pane e panelle

Le panelle si ottengono dalla farina di ceci, vengono fritte al momento in olio di semi bollente e servite dentro una pagnotta morbida di pane bianco dalla crosta ricoperta di sesamo. Prima di addentarla, è d’obbligo una copiosa spruzzata di limone. Insieme alle panelle, il panellaro ti offrirà sicuramente anche le crocchè (crocchette di patate), con cui formano un binomio imbattibile.

pane e panelle

Pane ca’ meusa

Altro must del cibo da strada palermitano, il famigerato pane con la milza, che si prepara con frattaglie di milza e polmone di vitello bollite e poi fritte nello strutto. Prima di servirvela vi chiederanno “Schetta o maritata?”, laddove la “maritata” rappresenta la versione accompagnata da scaglie di caciocavallo e ricotta grattugiata. Buon appetito!

pane ca meusa

Pane cunzato

Se ti trovi nella provincia trapanese, non puoi esimerti dall’assaggiare il delizioso pane cunzato. Letteralmente si traduce con “pane condito”, ma niente a che vedere con un banale panino imbottito: il pane, intanto, è di per sé una sinfonia: casereccio, cotto a legna e dalla crosta ben tostata. La farcitura è fatta di ingredienti semplici, ma che insieme sono un’esplosione di sapori: pomodoro, acciughe, formaggio, sale, pepe, origano e abbondante olio fresco. Questa la versione tradizionale, cui si sommano le varianti con aggiunta di cipolla, tonno o salumi.

pane cunzatu

Brioscia e granita

Non si può non concludere con un succulento dessert. E la brioscia con granita è una vera istituzione. I più raffinati la chiameranno brioche, ma lei, la regina dei dessert, fa “brioscia” di nome e “col tuppo” di cognome: un impasto burroso e soffice, un lievitato perfetto, e poi il “tuppo”, quella sorta di cappellino alla sua sommità che ricorda uno chignon. Una consistenza che si sposa perfettamente con la granita siciliana: provala con quella alla mandorla, e difficilmente la dimenticherai.

brioscia con granita

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Piatti e cibi siciliani da Oscar


di Alessia Giaquinta

Gesù, gli arancini di Adelina! Li aveva assaggiati solo una volta: un ricordo che sicuramente gli era trasùto nel Dna, nel patrimonio genetico”,

Andrea Camilleri ne “Gli Arancini di Montalbano”.

La raccolta di racconti, trasposta poi in buona parte sul piccolo schermo nelle serie tv “Il Commissario Montalbano” e “Il Giovane Montalbano”, prende il titolo dal piatto forte di Adelina, la cammarera del Commissario, che in procinto del Capodanno lo delizia con uno dei suoi piatti forti: gli arancini, appunto.

commissario montalbano
L’ espressione di estatica goduria assunta dal protagonista sin dal primo morso dato all’arancino è ben nota a coloro che conoscono il gustosissimo sapore di questo cibo tradizionale a cui è veramente difficile resistere. Ed è proprio così che i profumi e i sapori della cucina siciliana hanno raggiunto il vasto pubblico televisivo e cinematografico: attraverso le pellicole, le dettagliate inquadrature, le espressioni estasiate dei personaggi che ne hanno fomentato la curiosità e l’ interesse.

Come non ricordare, a tal proposito, il maestoso timballo di maccheroni, protagonista della tavola nel celebre film di Luchino Visconti “Il Gattopardo”, o ancora le ricche tavolate imbandite con cura dove non mancano mai il vino, i maccheroni al sugo e altre prelibatezze, del film “Il Padrino” di Francis Ford Coppola.

È qui che si coglie l’ essenza della Sicilia: i piatti ricchi, abbondanti e assai conditi, proposti per ogni occasione (dai pasti quotidiani alle cerimonie, alle veglie funebri) raccontano la prosperità di una terra che ha inglobato nei cibi la vasta e variegata storia di dominazioni e scambi culturali che è al centro della sua storia e che è il cuore della sua identità.

Anche nel film “Quei bravi ragazzi” di Martin Scorsese, i protagonisti siciliani fanno della tavola un vero e proprio rito da onorare nel migliore dei modi, e così spaghetti, pane fresco, salumi, conserve, formaggi e persino aragoste arricchiscono i pranzi dei personaggi, finanche in carcere.

Una scena cult del film “Il Padrino” insegna che, qualsiasi cosa accada, non bisogna mai dimenticare i cannoli. È sempre in questo capolavoro cinematografico degli anni ‘70, che il personaggio Peter Clemenza consiglia a Rocco (che ha appena ucciso Pauline): “Lascia la pistola, prendi i cannoli”.

cannolo

E tornando al Commissario più amato d’Italia, nell’episodio “Il Campo del vasaio” assistiamo alla scena, a tratti buffa, dell’irrefrenabile golosità di Montalbano innanzi ad un vassoio di cannoli: mentre attende l’arrivo del dottor Pasquanò, infatti, scorge sulla scrivania un tabbarè (vassoio, ndr) con i tipici dolci alla ricotta e non resiste alla tentazione di mangiarne uno. Così come la pasta ‘ncasciata, uno dei piatti preferiti del Commissario, un particolare tipo di pasta al forno che però viene cotta direttamente nella pentola, tipica del territorio messinese.

È anche in questo modo che la tradizione di una terra si manifesta, si rinvigorisce e si perpetua, oltre a legarsi ancor più al territorio di cui è essa stessa espressione. Sono tantissimi i turisti che raggiungono la Sicilia per assaggiare gli arancini di Montalbano, i cannoli tradizionali, la pasta ‘ncasciata o semplicemente per essere protagonisti dell’abbondanza delle tavolate siciliane.

La televisione, il cinema e la comunicazione audiovisiva possono considerarsi una spinta motivazionale per i viaggiatori. È mediante queste che un territorio può uscire dall’isolamento turistico e farsi apprezzare non solo per le sue bellezze paesaggistiche e peculiarità architettoniche ma anche per i suoi cibi e i suoi prodotti tipici.

Serve allora potenziare sempre più, e sempre meglio, questo legame che – se incorrotto da stereotipi e banali cliché – può considerarsi una delle migliori strategie di marketing per la promozione della nostra terra.

 

BM

Arancino o Arancina? L’eterno dilemma

Articolo di Omar Gelsomino  Foto di Samuel Tasca

Mai avremmo immaginato che per colpa di una vocale sarebbero nate delle dispute che ormai vanno avanti da anni. In particolare dell’eterna disputa fra palermitani e catanesi. L’oggetto del contendere? Stiamo parlando della specialità siciliana conosciuta in tutto il mondo e che rappresenta una parte importante del patrimonio gastronomico della nostra Isola, lo street food per eccellenza e non solo. L’arancino o arancina, a seconda se ci troviamo nella cittadina etnea o nel capoluogo siciliano. Le due città ne rivendicano con orgoglio il nome. L’arancina palermitana (una delle golosità protagoniste in occasione delle festività di Santa Lucia) generalmente ha una forma rotonda mentre quella catanese e della Sicilia orientale ha anche la forma appuntita, quasi a voler richiamare l’Etna. L’importante che sia preparata col riso e ripiena di ragù ricco di ingredienti ed una panatura croccante.
A dirimere la questione è intervenuta persino l’Accademia della Crusca, secondo cui “il gustoso timballo di riso siculo deve il suo nome all’analogia con il frutto rotondo e dorato dell’arancio, cioè l’arancia, quindi si potrebbe concludere che il genere corretto è quello femminile arancina. Ma non è così semplice”. In realtà l’origine di questa gustosa pietanza di riso la si fa risalire alla dominazione araba, tra il IX e l’XI secolo, quando appallottolavano un po’ di riso allo zafferano nel palmo della mano e lo condivano con carne di agnello, chiamando le loro “polpette” con un nome che rimandasse ad un frutto: ecco le arancine, ispirate appunto al frutto più popolare coltivato in Sicilia.
Nel 1857 ne parla il Biundi nel Dizionario siciliano-italiano definendolo come “una vivanda dolce di riso fatta alla forma della melarancia”, più tardi l’Artusi parla di un “dolce fatto di pastafrolla e crema” mentre Traina dall’arancinu rimanda a crucchè: “una specie di polpettine gentili fatte o di riso o di patate o altro”. Tutte pubblicazioni che non citano nè la carne nè il pomodoro, in ogni caso distanti il supplì dalla tradizione araba, ma molto probabile che il dolce di riso sia stato trasformato in una specialità salata. “Nel dialetto siciliano il frutto dell’arancio è aranciu, diventando nell’italiano regionale arancio, solo in seguito si userà il femminile per i nomi dei frutti e il maschile per quelli degli alberi. Dal dialettale aranciu per arancia corrispondono il diminutivo arancinu, che significa piccola arancia, arancino nell’italiano regionale”. Ecco il nome maschile usato per indicare il supplì di riso, poi ripreso da altri dizionari e inserito nei Prodotti Agroalimentari Tradizionali Italiani e utilizzato nei racconti di Montalbano. Il nome del frutto è oscillante, arancio o arancia, anche se a volte prevale il femminile nello scritto ed è percepito come più corretto, poiché distinguiamo l’albero dal frutto. Arancino sarebbe dialettale mentre arancina lo sdoganerebbe in tutta Italia. Alla fine, accontentando tutti, però la Crusca sentenzia “il nome delle crocchette siciliane ha sia la forma femminile sia la forma maschile”. Quindi, se vogliamo chiamarlo arancina o arancino, se sia rotondo o a punta, che sia quello tradizionale o nelle sue innumerevoli varianti (al burro, con gli spinaci, alla norma, al pistacchio, ai gamberetti, ecc. ecc.) non ha importanza, godiamoci questa prelibatezza tutta siciliana, un piacere per il palato, vera delizia per i turisti e apprezzata in tutto il mondo.