I fantastici mondi di sabbia di Stefania Bruno
Articolo di Omar Gelsomino Foto di Vincenzo Bruno
Da bambini e da adulti, tante volte al mare abbiamo fatto dei castelli di sabbia oppure scritto delle frasi cancellate dal mare, come se volesse portarle via con sé. C’è chi ne ha fatto un’arte, come Stefania Bruno, una bella sand artist che su un tavolo retroilluminato muovendo le mani disegna immagini, mondi e personaggi, trasposti su un maxi schermo, raccontando storie e facendo immergere gli spettatori in un mondo di magia.
Una passione per l’arte che Stefania Bruno ha avuto sin da piccola. «Nasce insieme a me, disegnare era il mio gioco preferito, qualunque superficie, carta, la cera della provoletta, un vetro appannato, l’anta dell’armadio bianco della mia cameretta erano sfondi per le mie “creazioni”. A sedici anni comincio a dipingere, per esprimere tutta la sofferenza e il disagio legati ad un’adolescenza segnata da un lutto, la perdita di mio nonno Vincenzo. Dipingeva anche lui, e un giorno mi regalò i suoi colori, pennelli, tavolozza e tela. Realizzai il mio primo piccolo quadro (un vaso coi mughetti) e il nonno muore proprio quella sera. Da quel giorno non ho mai smesso di dipingere e la pittura è diventata un cordone, che mi lega al nonno. Dipingere è un giardino segreto, è un labirinto intrigante ed erboso, è un bosco fresco e notturno, misterioso e avvolgente, è un mondo invisibile di cui possiedo le chiavi, è una lingua fatta di segni, simboli, colori, profumi. È una sfida, è astrazione dalla realtà, è rifugio paziente, è compagna silenziosa che ascolta la tua voce interiore mentre impegni la tela, è un urlo silenzioso, è un sogno che puoi guardare, è amore, dolore, visione, è anestetico, è libertà, è strumento, è una fortuna, è un dono».
La stessa dimestichezza con l’uso dei colori arriva veloce anche con la sabbia. «Il passaggio dalla pittura (mai abbandonato) alla sand art, arriva nel 2007, mi fu chiesto di aiutare un’associazione che combatte il neuroblastoma, e di parlare così della piccola Ludovica Gammino, morta a sei anni, dopo tre di calvario. L’anno precedente avevo realizzato per i suoi genitori il ritratto, e l’anno seguente decisi di partecipare alla raccolta fondi durante lo spettacolo che “Insieme per la vita, ricordando Ludovica” organizza puntualmente, con una performance di sand art. Mi era stata lanciata una sfida, credevano non sarei riuscita nell’impresa del racconto di sabbia… (meglio non sfidarmi… O forse si!). Il risultato fu una standing ovation alla fine della mia performance, a Villa Filippina, davanti a 2500 persone. Una nuova avventura era appena iniziata! Ho scelto la sand art, gioco che mi divertiva molto da piccola in spiaggia, perché grazie al fatto che posso muoverla, aggiunge dinamismo alla staticità del disegno su carta, posso raccontare storie, non solamente realizzare fotografie dell’anima. Certo, sono due linguaggi diversi».
La svolta arriva partecipando ad un talent show in cui riscuote un successo straordinario. «L’esperienza di “Tu si que vales” è stata incredibile, emozionante e incisiva con l’inizio del mio percorso con la sand art da professionista! Nessuno sapeva niente riguardo la mia partecipazione al programma, anche i miei genitori l’hanno scoperto guardando la TV! Mi ricordo di questa esperienza come di un sogno, alcune immagini sono molto nitide, altre fluttuano nella mia mente come ologrammi… Trasparenti. Ricordo invece con molta rievocazione, il battito a mille del mio cuore, quando stavo davanti ai tre giudici. Ho vissuto quel momento con incoscienza, coraggio e voglia di mettermi in gioco. Vorrei ringraziare Maria De Filippi, che ha saputo analizzare ogni dettaglio della mia performance, e per il coraggio che le sue parole hanno scaturito in me. Anche Gerry Scotti e Rudy Zerby rimasero positivamente colpiti dalla mia performance, tanto che Rudy, alla fine dello stesso anno, mi chiese di esibirmi a Riccione al suo Capodanno insieme a Radio Deejay».
Assistere agli spettacoli di Stefania Bruno vuol dire fare il pieno di emozioni e vivere momenti di magia intensa.