Pellegrinaggio della Madonna dell’Alto. Un cammino in ascesa, oltre la fede
Di Giulia Monaco Foto di Valerio Li Puma
Il mese di agosto è, in Sicilia come altrove, il mese più acclamato dell’anno: eventi, musica, euforia, clima vacanziero. Frotte di turisti e viaggiatori affollano le spiagge, ciarlano nei lidi, cicaleggiano nei bar delle piazze cercando riparo dalla calura estiva.
Ma esiste un altro tipo di viaggio che si nutre di raccoglimento e di silenzio. Un viaggio la cui meta è un luogo di culto, una chiesa rupestre o un vecchio santuario, ammantato di fascino e sacralità. Quasi sempre si tratta di luoghi situati su delle alture, perché il percorso per raggiungerli è un cammino in ascesa, impervio e al tempo stesso di conquista e di scoperta.
Tra le mete di pellegrinaggio più importanti in Sicilia figura il Santuario della Madonna dell’Alto, che si erge sul Monte Alto, sulle Madonie. Con i suoi 1819 metri sul livello del mare, si colloca tra le vette più alte della Sicilia e tra i santuari mariani più alti d’Europa.
Sulla fondazione del santuario non si hanno notizie certe: le prime testimonianze scritte risalgono al 1454. Il simulacro della Vergine è invece datato 1471 e attribuito a Domenico Gagini o alla sua scuola. Leggenda narra che la statua sia stata rinvenuta a seguito di un naufragio all’interno di una cassa vicino al mare, nei pressi di Campofelice di Roccella, e dopo vari tentativi di collocazione in varie chiese dei paraggi, e il suo continuo ritrovamento sul litorale al mattino seguente, fu posta su un carro trainato da buoi, e affidata alla sorte. I buoi non si fermarono finché non giunsero sul Monte Alto, e da allora la chiesetta e la montagna vennero intitolate alla Madonna.
Le leggende che aleggiano intorno ai santuari mariani, che hanno come leitmotiv il ritrovamento miracoloso di una statua, sono più numerose di quanto si creda, ma il fascino del mito e dell’evento prodigioso non serve che a rafforzare la fede popolare e il comune sentire, parti integranti di ogni collettività.
E, infatti, anno dopo anno, la tradizionale “Acchianata a’Madonna” che parte da Petralia Sottana nella notte tra il 14 e il 15 agosto, continua a essere un culto fortemente sentito da tutta la comunità.
Per raggiungere il santuario seguendo il percorso “canonico” occorrono tre o quattro ore; il cammino è difficile e la strada molto ripida e scoscesa, e chi ne ha fatto voto lo affronta a piedi scalzi, tra spine, acquitrini, terra mobile, pietre e sassi. Nugoli di persone si avventurano invece per la scorciatoia, ma la valenza simbolica rimane identica: il protagonista di questo viaggio è il pellegrino che si appresta a intraprendere una rotta di fede, che si tratti di fede religiosa, fede nella potenza della natura o nell’energia del proprio corpo e delle proprie gambe. Meta del pellegrinaggio è in qualche modo lo stesso cammino.
Alle prime luci dell’alba l’incantevole scenario che si dipana davanti agli occhi dei pellegrini è quello di un cielo dai colori cangianti e di vallate sterminate che si rivestono d’oro: la meraviglia è tale da lenire ogni fatica.
Tradizione vuole che la prima volta che si va a piedi alla Madonna, giunti al valico tra il Monte Alto e il Monte San Salvatore, prima di affrontare l’ultima irta salita che conduce al santuario bisogna prendere un sassolino con il solo aiuto della bocca, e portarlo così fino in chiesa, farlo cadere nella fonte d’acqua benedetta e riprenderlo a fine messa. La pietra assume un valore apotropaico, e diviene un amuleto che serve a tenere lontani male e tempeste.
La processione ha luogo a mezzogiorno del 15 agosto: il simulacro della Vergine, facendo il giro del santuario, si ferma a benedire tutti i paesi del circondario. Il significato simbolico è molto potente: la statua è emblema di quella carica divina necessaria al cerchio del tempo per continuare a girare: con tale carica, la Madonna si fa dominatrice dell’universo circostante: dove i suoi occhi si posano, sarà diffuso il suo potere sacrale.