Ma che bontà! Il dolce di Carnevale e Pasqua!

Articolo di Alessia Giaquinta   Foto di Totò Messina

Nel vasto e ricco mondo della cucina siciliana, un posto assai notevole è occupato dai dolci.
Una peculiarità della gastronomia siciliana è sicuramente l’impiego di elementi semplici e poveri che, abbinati tra loro, danno origine a pietanze non solo gustosissime ma anche cariche di valori simbolici.
Uno dei dolci tipici del Carnevale, in Sicilia, è la pagnuccata, pignoccata o pignolata, così chiamata in base alle zone in cui viene preparata.
Si crede che l’origine di questo dolce, a base di zucchero e miele, sia araba. In seguito furono le suore a tramandarne la ricetta tradizionale che, nel tempo, è rimasta per lo più invariata.
Le religiose preparavano questo dolce in prossimità del Carnevale perché, prima del digiuno quaresimale, tutti potessero gustarlo e, in special modo, i più poveri.
Anticamente pare che venissero utilizzati i pinoli e dunque per questo fu chiamata, in alcune zone della Sicilia, pignolata. Si narra, però, che un giorno le suore, sprovviste di pinoli, abbiano inventato una nuova ricetta che prevedeva l’uso di pasta fritta tagliata a cubetti al posto degli eduli semi.
È considerata anche il “torrone dei poveri” poiché, per prepararla, s’impiegano solo uova, farina, miele e zucchero. Le classi agiate, infatti, per molto tempo non gradirono questa pietanza per via delle umili origini della ricetta.
Gli spagnoli, nel Cinquecento, aggiunsero ingredienti più ricercati, quali la glassa al cacao o quella al limone. Nacque così la pignolata messinese, così chiamata per la caratteristica forma a pigna che acquisisce nella preparazione finale.
La pigna, infatti, rappresenta l’uovo cosmico e dunque è legato alla nascita e anche all’immortalità, poiché l’albero di pino è un sempreverde. Si pensi così alla rinascita della natura in Primavera e alla Pasqua con chiaro riferimento all’immortalità di Cristo.
Nella Contea di Modica questo dolce non ebbe variazioni di ricetta. Il nome utilizzato in queste zone, però, è pagnuccata che, come scrive l’etnologo Serafino Amabile Guastella, altro non è che la “scorrezione di pinocchiata, è un dolce a forma di pinocchia, di farina impastata con gialli d’ova, poi fritto nel grasso porcino, indi cotto e ingiulebato nel miele”.

Al di là dei dilemmi linguistici e delle varianti di zona, possiamo dire che si tratta di uno dei dolci più sfiziosi della cucina siciliana. L’unica avvertenza è avere denti sani per rompere e dunque masticare la pagnuccata: si potrà scoprire così la piacevolezza del croccante e la dolcezza del miele che lo ricopre. Una vera e propria estasi per il palato!

Vi proponiamo la ricetta con la sola raccomandazione di metterla in pratica e diffonderla. Un tempo le nonne preparavano i dolci e, nel frattempo, raccontavano storie affascinanti. Facciamo sì che questa magia non venga interrotta: via i tablet e i telefonini, è l’ora di preparare la pagnuccata!

 

INGREDIENTI

3 uova medie
250 gr di farina di grano duro
300 gr di zucchero
3 cucchiai di miele
Un pizzico di sale


PROCEDIMENTO
Impastate la farina e le uova fino a ottenere un impasto morbido e omogeneo. Aggiungete un pizzico di sale.
Ricavate dall’impasto dei bastoncini larghi circa un centimetro e tagliarli a cubetti.
Mettete a friggere nell’olio (o nello strutto) i cubetti di pasta e, appena cotti, fateli asciugare nella carta assorbente e dunque raffreddare.
Preparate, in un’altra padella, il caramello amalgamando lo zucchero al miele e mescolando fino a ottenere un composto liquido.
Una volta pronto, aggiungete i cubetti fritti.
Separate, possibilmente su un piano di marmo, il risultato ottenuto in piccole porzioni e, servendovi di una bacinella d’acqua fredda (per bagnare le mani), stringete la pagnuccata così da darle forma.
Aggiungete, a piacimento, palline arcobaleno o altre decorazioni.

CURIOSITÁ
Anticamente, con il caramello che colava si ricavavano le caramelle per i bambini.
Era proprio una festa preparare e mangiare la pagnuccata!

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