Lello Analfino, la bandiera della Sicilia
Articolo di Omar Gelsomino Foto di Alessandro Castagna
Lui riesce a coinvolgere il pubblico come pochi sanno fare. Lello Analfino, frontman della storica band dei Tinturia, è un vero animale da palcoscenico. La passione per la musica nasce «Da quando ero nel grembo di mia madre, sono sempre stato innamorato della musica. Costrinsi i miei genitori a comprare degli strumenti musicali ma non studiai mai musica, anche se poi è diventata il mio lavoro».
Non tutti sanno però che Lello Analfino è anche un architetto. «Sono architetto per necessità, per spostarmi mi serviva la macchina ed io ero uno studente fuori corso, un giorno mio padre mi disse: “Se ti laurei te la regalo”. Allora mi sbrigai a laurearmi». E ci rivela che se non avesse intrapreso il mondo della musica gli «sarebbe piaciuto lavorare la terra, coltivare qualcosa, produrre uva o forse vini». L’incontro con i Tinturia diventa un legame indissolubile, un mix di energia e sonorità che da sempre li contraddistingue. «I Tinturia nascono circa vent’anni fa dall’unione di quattro ragazzi di Raffadali e uno di Agrigento. Abbiamo cominciato con alcune cover, ascoltarono delle canzoni che io avevo scritto e decidemmo di lavorarci insieme. La cosa bella dei Tinturia è che è un gruppo trasversale».
L’estro di Lello Analfino, autore dei testi e delle musiche, diventa l’immagine dei Tinturia, creando un genere musicale davvero originale, che lui stesso chiama “sbrong”, una fusion dal pop al rock, dal folk allo ska, dal reggae al funk e al rap, connotato sempre dalla sua radice siciliana. È diventato la bandiera della Sicilia con le sue canzoni di successo, a volte leggere, oppure irriverenti o poetiche, persino romantiche: “Coccio d’amuri”, “Donna riccia”, “Jovanotto”, “Occhi a pampina”, solo per citarne alcune. «La Sicilia per me è un onore, un privilegio talvolta anche un onere perché spesso mi capita di dover rappresentare una terra, un’intera società che non merita le cose che possiede. Mi duole il cuore vedere i rifiuti abbandonati nelle campagne, chiunque sia stato non merita di vivere la terra che vive. La Sicilia per me è una cosa meravigliosa, una bella donna che ti fa innamorare, ti mastica, ti assapora, e invece di ingoiarti ti sputa e tu rimani sempre come qualcosa di espulso. Mi riferisco ai tanti ragazzi che vanno via dalla Sicilia, questi sono gli espulsi, quelli masticati e sputati da questa terra, e questo mi addolora».
Dal suo esordio ad oggi tante le canzoni scritte e gli album pubblicati, tra cui anche uno live, la collaborazione col duo palermitano Ficarra e Picone, componendo la colonna sonora del film “Nati stanchi”, ha scritto il brano “Cocciu d’amuri” per il film “Andiamo a quel paese” interpretando l’attore che canta la serenata e partecipa alla composizione delle musiche per il film “Fuori dal coro” del regista Sergio Misuraca, ne “L’Ora legale” collabora con Ficarra e Picone dirige la produzione del brano di Arisa “Democrazia” e collabora con altri artisti.
Da poco è uscito il singolo “Rosanero Amore Vero”, il nuovo inno del Palermo. «L’ho scritto insieme a Salvo Ficarra ed Ettore Zanca. Anche se sono cittadino del mondo, vivo da oltre 20 anni a Palermo, quindi sono palermitano di adozione. Sono stato abbonato al Palermo calcio ed è una squadra che adoro. Anche se ho la mia squadra del cuore preferita ovviamente quando le siciliane giocano con squadre di fuori tifo per tutte loro». Poco prima di congedarsi Lello Analfino ci confida che presto ascolteremo il nuovo album dal loro sound inconfondibile. «Entreremo presto in studio, il nuovo disco è già pre-prodotto, spero che entro la fine dell’anno uscirà il singolo, e c’è l’ipotesi di far uscire il disco stampato solo in vinile nel 2020. Ci saranno delle collaborazioni importanti, il disco assumerà un aspetto più moderno, mi innamoro sempre più dell’elettronica ma non tralasciando mai l’acustica e i suoni importanti dei Tinturia, perchè è una band live, quando saliamo sul palco nun ci nnè pi nuddu».