La transumanza sonora di Alfio Antico – “Il Dio del tamburo”

La transumanza sonora di Alfio Antico - "Il Dio del tamburo"

Articolo di Omar Gelsomino e Foto di Jùlia Martins

Un legame profondo unisce l’uomo e i suoi tamburi, così come quello che lo lega alla sua terra. Un legame forte e indissolubile identifica la personalità di Alfio Antico. È lui il principale interprete della canzone popolare italiana con i suoi inimitabili tamburi e i loro suoni.
«Sono di Lentini e provengo dalla cultura pastorale, ho fatto il pastore sino a diciotto anni, ma ho sempre avuto la passione per il tamburo. In famiglia c’era mia nonna materna che suonava il tamburo, ricordo questa figura elegante e generosa, ed io ho imparato da lei. I contadini la chiamavano per benedire il frumento».
Una vita da pastore sicuramente dura ma piena di storie e cultura contadina.
Già, un pastore, un conciatore di pelli, un artigiano e un musicista. E poi arriva l’incontro che cambia la vita. «Nel 1977 mi scopre Eugenio Bennato, con Musicanova e da lì è iniziata la mia carriera. Nonostante le meravigliose esperienze fatte, rimango sempre legato alle mie radici, al mio passato e soprattutto alla mia scrittura. Dire bucolica è dire poco, ma è autentica, per cui avendo fatto il pastore uso questo linguaggio».
Diverse sono state le esperienze con i più grandi artisti Peppe Barra, Lucio Dalla, Vincenzo Spampinato, Carmen Consoli, Vinicio Capossela, Fabrizio De Andrè, Roy Paci, I Lautari; in teatro con Giorgio Albertazzi, Roberto De Simone, Massimo Ranieri, Ottavia Piccolo; e nella danza con Amedeo Amodio, George Iancu e Vittoria Ottolenghi e tanti altri che gli hanno permesso di raggiungere la sua maturità artistica.
«La transumanza la facevo con le pecore dalle parti del Biviere di Lentini, sino a Melilli». Nelle scorse settimane ha ripercorso la sua “transumanza sonora” nell’entroterra ennese, fra Troina e Cesarò che diverrà un docu-film, «ho dovuto provare alcuni giorni per abituare le mucche al suono del tamburo, imitando il loro passo con la campana legata all’impugnatura del tamburo, un animale molto più docile delle pecore, un’esperienza che mi ha emozionato tantissimo». La transumanza è un rito ancestrale e una tradizione ormai in estinzione ma capace di regalare emozioni che solo il contatto con la natura sa dare.
Alfio Antico rimane legato alle tradizioni, quell’insieme di memorie e testimonianze utili a non dimenticare chi siamo e da dove veniamo. «La tradizione la creiamo noi stessi. Oggi si è perso il dialogo, stiamo perdendo anche il dialetto e il rispetto di tutto ciò. Quando non ci sarò più, lascerò un segno che si chiama tradizione. Si dovrebbe fare un passo indietro per guadagnarne dieci in avanti. Bisogna educare la gioventù, cominciando dalla scuola. È necessario conservare la memoria». Nonostante che da anni viva a Ferrara continua il legame con la sua terra, «La Sicilia mi “allatta”, quando sono in Sicilia mi dice “non dirmi nulla, passeggia” e quando me ne vado, parto carico di emozioni, utili anche a scrivere le canzoni. La Sicilia per me è la terra più ricca al mondo, non ha eguali. Purtroppo siamo anche noi a disprezzarne alcune cose, ma sarò sempre legato a lei». Una terra che per Alfio Antico è fonte d’ispirazione oltre che di emozioni. «Offre sonorità diverse. Ogni tamburo ha la sua voce, il suo linguaggio, così come ogni paese ha la sua diversità nelle frasi e nelle sfumature. I tamburi sono artigianali, li realizzo io, sino a tanti anni fa io stesso mi procuravo le pelli e le conciavo, adesso le compro nelle Marche. Per ogni brano che scrivo c’è un altro colore, un altro linguaggio, un’altra musica. Suonare in giro per il mondo, insieme a tanti gruppi, mi ha portato a sviluppare le varie tecniche e sonorità musicali. Il mio tamburo suona, canta, ha un suono ritmico e armonico, come se fosse un’arpa, con cui cerco di imitare il movimento delle foglie al vento o la risacca del mare, l’infrangersi delle onde sugli scogli e il loro gorgoglio».
Alfio Antico da anima e voce alla natura, un mondo arcaico e agreste con il ritmo dei suoi tamburi, regalando quasi un afflato magico e poetico a chi lo ascolta.

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