La bandiera siciliana. La sua storia, la nostra storia

Articolo di Alessia Giaquinta

“Nun vulemu sfruttatori
Nun vulemu cchiù tiranni
Lu distinu nostru è granni
Nni la paci e l’onestà.
La bannera siciliana
È lu signu di l’onuri
È lu focu di l’amuri
Ppi la nostra libbertà.”

È così che, nei secoli precedenti, gli isolani inneggiavano alla libertà e all’indipendenza della loro terra, portando alta la bandiera siciliana come simbolo dell’unità contro il nemico.

I colori rosso e giallo raccontano l’alleanza tra i palermitani (rappresentati dal rosso) e i corleonesi (dal giallo) durante la guerra del Vespro. Tutto ebbe inizio il 30 marzo 1282, lunedì dell’Angelo, nel sagrato della Chiesa del Santo Spirito di Palermo. Gli Angioini avevano acquisito il controllo del Regno di Sicilia nel 1266 dopo la sconfitta di Manfredi, figlio di Federico II di Svevia. Secondo una ricostruzione storica, a dare il via a quelli che saranno ricordati come i “Vespri Siciliani”, fu l’abuso di potere nei confronti di una nobildonna da parte di un soldato francese che, con il pretesto di doverla perquisire, le mise le mani addosso. Il marito, allora, reagì prontamente uccidendo il soldato francese e dando il via alla caccia contro gli invasori, al grido “Mora, mora”. Da Palermo, a Corleone, a Messina, a Catania, Caltanissetta, Siracusa, e così per tutte le città dell’Isola, iniziò il massacro di soldati francesi che portò, man mano, alla riconquista della libertà siciliana. Palermo e Corleone, città-capofila nella ribellione, allora, si costituirono in liberi Comuni con un patto federativo di reciproco aiuto e il mutuo impegno.

Il rosso e il giallo disposti a mò di triangolo isoscele su uno scudo alla francese furono il simbolo della Sicilia fino al 1816. Il 28 marzo 1848 il Parlamento decreta: «Che da qui innanzi lo stemma della Sicilia sia il segno della Trinacria senza leggenda di sorta».
La Trinacria (dal greco treis e akra, ossia tre promontori) è collegata alla forma dell’Isola ed è raffigurata con tre gambe quale simbolo dei tre promontori siciliani: Capo Peloro, Capo Passero e Capo Lilibeo. Si rimanda, inoltre, questo simbolo ai tre aspetti del mondo materiale (terra, acqua e cielo), oppure alle tre manifestazioni di Dio. Si tratta però di un antichissimo simbolo religioso di origine indoeuropea, diffusosi in occidente grazie ai Greci e considerato, successivamente, un talismano contro il malocchio, utile a favorire la fortuna.

Durante l’epoca romana, alla Trinacria, furono aggiunte delle spighe ad indicare che la Sicilia era il granaio dell’Impero. In realtà le spighe andarono a sostituire i serpenti che coprivano la testa di Medusa, la gorgone protettrice degli inferi che era posta al centro della Trinacria.


Fu nel 2000, il 4 gennaio, che si stabilì che: «La bandiera della Regione è formata da un drappo di forma rettangolare che al centro riproduce lo stemma della Regione siciliana, raffigurante la Triscele color carnato con il gorgoneion e le spighe, come individuato all’articolo 2 della legge regionale 28 luglio 1990, n. 12. Lo stemma ha dimensioni pari a tre quinti dell’altezza della bandiera. Il drappo ha gli stessi colori dello stemma: rosso aranciato e giallo, disposti nel medesimo modo».

Ammirandola sventolare, allora, ogni siciliano dovrebbe conoscere la storia di una delle quattro bandiere più antiche al mondo, la prima in assoluto ad essere imposta “dal basso” e soltanto successivamente approvata dai governatori siciliani. Non si tratterebbe soltanto di conoscere una storia, bensì – cosa più importante – riconoscere noi stessi in quella che è la “nostra” storia.

guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments