Attìa, siciliano sugnu!

siciliano sugnu

Articolo di Alessia Giaquinta   Foto di Alessandra Alderisi

A settembre, nei programmi delle scuole siciliane ci sarà spazio per l’approfondimento della cultura, storia e dialetto dell’Isola. Le nuove generazioni dovranno essere più consapevoli delle radici della nostra terra: ecco la via per un futuro migliore. Siamo siciliani. Siamo gli abitanti di una terra incantevole che, ahimè, non conosciamo abbastanza e forse per questo non amiamo abbastanza.
Siamo nati siciliani, è vero, ma lo siamo anche diventati. È giusto allora interrogare la storia e chiedersi: quando e come nascono i siciliani? E poi ancora in geografia: quali caratteristiche ha la nostra terra? Quante risposte, invece, potrebbe darci la grammatica: potremmo definire il nostro dialetto come il risultato dell’intreccio di popoli eterogenei che hanno abitato l’Isola nel corso dei secoli. Pensiamo così alle varie parole che derivano dal greco come babbiàri (scherzare) dal verbo babazo, oppure ciràsa (ciliegia) da kerasos o ancora càntunera (angolo) da kanduni. Numerose sono anche le influenze arabe, francesi e spagnole. Si pensi al concetto di conciarsi per bene tradotto in siciliano con azzizzarsi: questa parola deriva dall’arabo alaziz che significa splendore. ‘A criata ossia la serva, invece, deriva dallo spagnolo criada, mentre ‘a raggia (la rabbia) deriva dal francese rage.
Non dimentichiamo, poi, la nostra cucina: ogni piatto tipico presenta una storia, una leggenda, un fatto curioso che non può essere dimenticato. Si pensi alla tradizionale cuccìa preparata per la festa di Santa Lucia in memoria di un evento prodigioso attribuito alla Santa siracusana o ancora alle ‘mpanate , dallo spagnolo empanadas, ossia l’impasto simile al pane ripieno di verdure o di carne di agnello nel periodo pasquale, senza dimenticare la granita nata dalla neve raccolta presso l’Etna, e tanto altro ancora.
Quante cose potremmo dire, o forse meglio, quante cose dovremmo conoscere della nostra terra!
La Sicilia è stata culla di numerose civiltà: dai Siculi ai Sicani, dai Greci ai Romani, dagli Arabi ai Normanni, dai Savoia ai Borboni, sino a noi, spesso ignari della nostra storia.
Perché sconosciamo le nostre radici? Forse perché troppe poche volte siamo stati invitati a guardarle o forse perché, non siamo abbastanza motivati a conoscere.
Forse è proprio per questo che l’attuale Giunta regionale, presieduta dal Presidente Nello Musumeci, ha deciso di inserire nei programmi scolastici lo Studio della Storia Siciliana e del suo dialetto. Essere consapevoli del nostro passato può e deve portare a gestire meglio il nostro presente e, così, anche il futuro.
Quante chiese, monumenti, palazzi riempiono le nostre città? Spesso non conosciamo nulla della loro origine e non riusciamo neanche a dare piccole informazioni ai turisti che vengono ad ammirare, apprezzare e conoscere le bellezze della nostra terra.
Bisogna ripartire proprio da qui, dalla conoscenza e dunque dalla consapevolezza di cosa voglia dire essere siciliani.
La scuola, nel suo compito educativo, non può trascurare l’aspetto di rafforzare l’identità di un popolo attraverso lo studio del suo passato. A settembre, dunque, a scuola suonerà l’ora di “Storia della Sicilia e del dialetto siciliano” e, la data del 15 maggio, commemorazione dell’Autonomia siciliana, sarà dedicata a un approfondimento storico dell’evento, non sarà più uno sterile giorno di vacanza.

 

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