Il primo amore al tempo del covid 19. Tra poesia, realtà e speranza.

di Alessia Giaquinta

La Misura
Fatti chiù ddà…
ma no troppu luntanu!
C’è na misura pi vuliri beni:
comu… du’ vrazza jisati!
No… no… non su’ minchiati!
Jisa lu vrazzu e lu me vrazzu veni,
senza toccu di manu…
l’amuri è cca!

Aprile 2020. Due giovani ragazzi innamorati, tra gli scaffali di un supermercato, sperimentano quella distanza di sicurezza che divide i loro corpi, bramosi di abbracci e tenere effusioni. Gli sguardi, allora, s’intrecciano alle parole, diventate unica possibilità di espressione e condivisione.
Si tratta di una delle tante scene che – in questi mesi di restrizioni dovute all’emergenza Coronavirus – ha ispirato il pluripremiato poeta monterossano, Gaetano Lia, nella scrittura di un ventaglio, componimento poetico caratterizzato da rime a specchio (ABCD-DCBA). L’ obiettivo, come dichiara lo stesso poeta, era quello di «riuscire a raccontare una storia in soli otto versi» ma non una qualsiasi, bensì l’incanto dei primi giovani amori, al tempo del Covid-19.
Le rime, nel componimento, a loro volta sembrano voler rispettare quella “misura” – che è la distanza imposta – fino a ricongiungersi nella parte centrale, ove i versi finalmente si “baciano”.
Poesia nella poesia, dunque. Al tempo di Coronavirus, infatti, ci si può baciare solo “interiormente”, col pensiero, col desiderio, con l’immaginazione, mentre i corpi devono rispettare una distanza pari a du’ vrazza jisati, due braccia stese, come dice il poeta Lia nel suo ventaglio.
A meno che non si è… congiunti!
Ma no, purtroppo, non è il caso dei due ragazzi in questione che, pur ritenendo il loro sentimento forte e capace di sfidare il mondo, non sono congiunti [termine (ab)usato, oggi, per indicare gli affetti stabili, al di là dei vincoli giuridici]. Loro, come tanti altri, invece fanno parte di quelli che dovrebbero vivere l’ebbrezza del primo amore – quello delle farfalle allo stomaco, per intenderci, – nei timidi baci, nelle passeggiate al chiaro di luna, un amore alimentato da imbarazzi e segreti, fatto di sorprese e tenerezze. In questo caso, però, non si può! Non si può proprio vivere l’amore “liberamente”. A vietarlo, però, non è una legge – come credono in tanti – piuttosto la certezza che una mascherina e la necessaria distanza di sicurezza possano evitare il diffondersi del virus e, di conseguenza, mettere fine quanto prima allo stato pandemico.
La vicenda descritta non ha luogo perché, allo stesso modo e con le stesse dinamiche, si è verificata in Spagna, in Cina, in America o in Romania, così come in Inghilterra, Italia o Giappone: insomma nel mondo gli innamorati, al tempo di Covid-19, hanno tutti dovuto rinunciare a ciò che prima era per loro (e non solo!) ritenuto “normale”, “scontato”.
Questa situazione ci aiuterà, forse, ad apprezzare di più la bellezza dell’incontro con l’altro? E l’amore, così vissuto in questo periodo, svanirà? O sarà capace di attendere? Lasciamo, allora, rispondere Gabriel Garcìa Marquez che, nella sua celebre opera L’amore ai tempi del colera, scrive che il protagonista, Florentino Ariza, era riuscito ad aspettare “cinquantatré anni, sette mesi e undici giorni con le loro notti”.
Anche al tempo del Covid-19, anche senza toccu di manu, sfioramento di mani, nonostante ogni “misura”, l’amore – quello vero, anche il primo – deve saper vincere tutto.
«Omnia vincit amor», conclude il poeta, commentando l’episodio descritto. L’augurio è, infatti, che «questo maledetto Covid-19, che sta incidendo negativamente sull’organizzazione e l’economia del mondo intero, e sta sacrificando le legittime tenerezze dei ragazzi innamorati – proprio come fa la guerra! – non riesca, almeno, a sacrificarne i sentimenti».

 

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