Gaetano Savatteri: la nuova immagine della Sicilia
Articolo di Omar Gelsomino, Foto di Fabio Navarra
Lui è un giornalista ed uno scrittore affermato. È nato a Milano ma è originario di Racalmuto, la stessa città di Leonardo Sciascia. Lo incontro a Caltagirone poco prima della presentazione del suo ultimo libro “Non c’è più la Sicilia di una volta” (Laterza), e davanti ad un caffè inizia l’intervista a Gaetano Savatteri.
Una passione per il giornalismo che inizia quando «da ragazzini leggevamo i libri di Sciascia che raccontava del paese in cui vivevamo, c’era questo strano vivere allo specchio, perché tu leggevi il libro poi uscivi e vedevi i luoghi, le persone, le situazioni che Sciascia aveva raccontato anni prima. Da qui è nata l’illusione, la certezza, il bisogno che si potesse esistere solo se si esiste nella scrittura. Essendo molto giovani e non avendo trovato un autore che ci raccontasse fondammo un piccolo giornale (Malgrado tutto, nda) per raccontare il nostro tempo, denunciare le cose che non ci piacevano, credendo che la parola scritta, detta, pubblica fosse un valore che dava significato alle nostre idee: cominciammo con Giancarlo Macaluso, oggi al Giornale di Sicilia, Luigi Galluzzo e Carmelo Sardo oggi a Mediaset, un piccolo gruppo di ragazzi che si sono inventati un giornale, poi diventato un modo di vita, il nostro mestiere».
Giornalismo e scrittura sono legati da un comune denominatore, raccontare storie «non vedo tanta differenza se a raccontare una storia sono giornalisti o scrittori, alla base vi è il piacere di raccontare a qualcuno una storia, raccontarla costruendola nel modo, come diceva il mio capocronista, “che se uno comincia un articolo, se è bravo, devi farglielo finire”, lo stesso funziona con i libri. Se uno è bravo, se la storia funziona, chi comincia a leggere un articolo, un libro o segue un servizio lo fa fino alla fine».
Nella sua ultima fatica letteraria, “Non c’è più la Sicilia di una volta” Savatteri spiega che «non si può continuare a raccontare la Sicilia con strumenti letterari vecchi, usandoli come guida turistica. È vero che grandi scrittori hanno raccontato l’animo umano ma non possiamo pensare che girando per la Sicilia col Gattopardo sotto il braccio dobbiamo incontrare ogni passo i suoi personaggi. Quel tipo di profilo non esiste più. Ve ne sono altri, forse migliori o peggiori. Io ho tentato di raccontare che c’è una Sicilia letteraria, cinematografica, artistica, imprenditoriale che si muove, partendo dal 1992, anno delle stragi, in cui qualcosa è cambiata. Da allora sono passati 25 anni, un tempo sufficiente per creare una nuova immagine della Sicilia».
La stessa Isola che ogni anno si svuota, vede i propri figli realizzarsi fuori dai suoi “confini”, che ha tante contraddizioni. «Non ho scritto un libro di statistica comparata fra come si stava ieri e come si sta oggi, ho lavorato sull’immaginario. Proprio questi figli che vanno lontano sono quelli che contribuiscono a costruire un’immagine nuova della Sicilia, al cui interno c’è anche tutto quello che non va. Nel libro parlo anche di quella corrente di siciliani antisiciliani, che dicono “Buttanissima Sicilia” come Buttafuoco, che la Sicilia è da buttare: sicuramente questo problema esiste, ma nonostante le sue deficienze e carenze la Sicilia non è ferma, cambia, non possiamo descriverla come immobile».
È chiaro il segnale che Gaetano Savatteri vuol dare con il suo libro ed invita a «non continuare a ripetere la frase del Gattopardo, “Tutto cambia perché nulla cambi”. Questo è l’alibi di chi non vuol cambiare, un alibi che usa la classe dirigente, amministratori, studiosi, giornalisti compresi quando dicono che è inutile impegnarsi per fare qualcosa, perché tanto non cambia niente. Non dobbiamo stupirci se i nostri figli se ne vanno, perché siamo stati noi stessi a dire “loro di andare, perché qua è inutile fare qualunque cosa”. Pensare nulla cambi è il peccato peggiore che possiamo fare».
E come tutti i siciliani il rapporto con la Sicilia è molto contrastante per Savatteri «viviamo dentro un dilemma terribile, la odiamo e la amiamo, anzi, per qualcuno la Sicilia è come le belle donne che possono vivere né con te, né senza di te».