Il funambolo cammina tra le stelle
Articolo di Stefania Minati, Foto di Alberto Bigoni e Simone Engelen
Andrea Loreni, classe ’75, ci dimostra come il binomio passione e impegno dia risultati strabilianti. La consapevolezza del corpo e la gestione del disequilibrio attraverso la meditazione forgiano il coraggio di questo artista che dai trampoli si sfida camminando su cavi d’acciaio ad altezze vertiginose.
Come nasce la tua passione per gli artisti di strada e le tecniche circensi?
«Nel ’95, alla Fiera di Milano, vidi lo spettacolo degli “Oh Bej! Oh Bej!”. Questo mi permise di vedere come la distanza e le barriere psicologiche tra le persone venissero immediatamente abbassate tra sorrisi e allegria. È stata una vera rivelazione sentire il crearsi di quel momento magico. La responsabilità e la libertà condivisa tra artista e pubblico, di dare e ricevere emozioni, mi hanno spinto ad intraprendere questa strada».
Il passaggio dai trampoli alla fune, com’è avvenuto?
«Per sperimentazione ed evoluzione della prospettiva. Restano in comune gli spazi scenici “di strada” e il riunirsi in piazza anche se cambia il punto di vista mio e degli spettatori. Il bello è riscoprire gli ambienti urbani che pensavi di conoscere, i tetti delle città sono bellissimi e non lo sapevo fino a dieci anni fa! Con il funambolismo perdo il contatto diretto con le persone ma le sento immedesimarsi al concetto di camminare sul filo, è una cosa comune a tutti nella vita. Diversamente se da giocoliere la spontaneità dello spettacolo è quella che appaga e funziona di più, sul filo la consapevolezza e lo studio dei gesti è quello che ti permette di restare saldo e non farti male».
In cosa consiste il tuo allenamento?
«In parte in esercizi generici di ginnastica ma per lo più pratico la meditazione Zen, mi permette di avere piena consapevolezza del mio corpo. È necessaria moltissima sensibilità per praticare il funambolismo e ascoltare il mio corpo reagire alle situazioni esterne, è un allenamento che posso praticare sempre e ovunque».
Hai camminato al di sopra di burroni, piazze e fiumi, con e senza scarpe: cosa ti piace di più?
«Se il cavo è bagnato o inclinato cammino a piedi nudi, altrimenti con la scarpetta di cuoio, che preferisco, mi dà la possibilità di scivolare meglio sui miei passi e lavorare di più sul ritmo e con un po’ di vezzo. La mia prima camminata l’ho fatta sul Po e ho iniziato con l’acqua, più riesci a starle vicino più le sensazioni sono forti, perché è un abisso sotto il quale non vedi, allo stesso tempo non ho una vera e propria preferenza. L’acqua con il suo scorrere rispecchia di più il concetto di divenire. Non sono ancora pienamente consapevole del come, ma se il cavo come oggetto di per sé è statico, la camminata è un vero e proprio percorso di cambiamento spirituale, non solo un arrivare dall’altra parte».
La tua professione ti ha portato a lavorare con grandi artisti della musica e del cinema. Cosa ti va di raccontarci?
«Come funambolo ho lavorato con Nicolò Fabi per il video di “Solo un Uomo” e nel tour di Vasco Rossi Live Kom ‘011. Per il cinema invece ho collaborato con Matteo Garrone per la scena finale del film “Il Racconto dei Racconti”. Sono esperienze fantastiche perché entri a far parte di un ingranaggio di professionisti che amano il loro lavoro e lo fanno all’unisono. È bellissimo vedere che ogni singolo anello della catena che realizza lo spettacolo è ugualmente importante».
All’attivo hai anche la realizzazione del tuo progetto di camminata in un tempio Zen in Giappone, un record italiano di 250 metri di camminata a 90 metri di altezza. Il tuo prossimo obiettivo?
«Stiamo cercando la location e il momento giusto per superare il record mondiale d’inclinazione che oggi è di 39 gradi. Mi cimenterò su un cavo inclinato di 40 gradi. Per quanto riguarda il Giappone, un progetto a cui ho dedicato molte energie è la realizzazione di un documentario che sarà seguita dalla pubblicazione di un libro. Nonostante le difficoltà ho imparato a vivere le gioie dei passi fatti giorno per giorno, senza avere l’oppressione dell’incertezza di arrivare al traguardo. Come dicevo, è una vita di continuo divenire, crescita e libertà».