I folletti di Arthur Conan Doyle
a cura di Stefania Minati
Non avrei mai creduto, pensando all’acutezza e alla razionalità di Sherlock Holmes, che Sir Conan Doyle potesse essere un appassionato di soprannaturale.
Eppure, oltre ad essere stato chiamato ad indagare sul caso delle Fate di Cottingley, si legge che fu convinto di poter parlare con gli spiriti ed in particolare con lo spirito del figlio, morto di polmonite in giovane età. Seguì il lavoro di alcuni Medium e scrisse diversi articoli tra cui “Fate fotografate, un evento epocale descritto da A. Conan Doyle”, apparso sullo Strand Magazine nel 1920. Tale passione caratterizzò la sua vita e in particolare l’amicizia che unì il nostro scrittore al grande Signore dell’illusione Houdini.
Quest’ultimo al contrario, si dichiarava altrettanto scettico di fronte a spiriti, folletti e fatine.
Non cambiò idea né dopo aver partecipato, su invito di Doyle, ad alcune sedute spiritiche con una delle più conosciute Medium Eva C. accreditata presso la Society for Phychical Research londinese, né di fronte alle fotografie scattate da due cugine, nel villaggio di Cottingley, che le ritraeva intente a giocare con le fate.
Dopo aver creato scompiglio nella comunità scientifica, anni dopo le due cugine Elsie Wright e Frances Griffiths, confessarono che quattro delle cinque fotografie erano state in realtà manipolate. A tenere in piedi il mito delle Fate di Cottingley, restano quindi una fotografia e l’insaziabile voglia di mistero degli appassionati che ancora oggi possono ammirare i bellissimi arredi urbani del villaggio ispirati proprio alle Fate.
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