Lo chef Seby Sorbello: “A Capodanno concediamoci il meglio”

Di Patrizia Rubino   Foto Di Alessandro Castagna

L’ultimo giorno dell’anno rappresenta lo spartiacque tra quello che è stato e ciò che verrà; è il momento dei bilanci, delle speranze e dei buoni propositi per il futuro che ci aspetta. Come tutti gli eventi speciali amiamo festeggiarlo a tavola, che sia a casa o al ristorante, con le persone a noi più vicine e un numero esagerato di portate all’altezza dell’occasione. Ma come dovrebbe essere il cenone di Capodanno, su cosa puntare per renderlo veramente unico?

Abbiamo parlato di questo, e non solo, con Seby Sorbello chef siciliano tra i più esperti ed apprezzati anche a livello nazionale. Nato a Zafferana Etnea, in provincia di Catania, dove continua a vivere e a lavorare, 46 anni, sposato da 16 con Marilena e papà di Lorenzo di 6 anni, Sorbello in cucina ci è praticamente cresciuto grazie all’azienda di famiglia che vanta oltre quarant’anni di esperienza nel settore della ristorazione. Moltissima gavetta alle spalle e soprattutto tanto studio ispirato da curiosità e passione innata per la cucina, gli hanno consentito di raggiungere importanti traguardi e prestigiosi riconoscimenti durante la carriera. Per 8 anni alla guida dell’Associazione Provinciale Cuochi Etnei, ideatore della manifestazione Cibo Nostrum – la festa della cucina che riunisce cuochi da tutti Italia – diverse pubblicazioni all’attivo, oggi è patron chef del ristorante Sabir Gourmanderie a Zafferana Etnea, dove propone un percorso gastronomico emozionale che unisce tradizione, ricerca e gusto.

 

Il cenone di fine anno è un evento irrinunciabile per noi siciliani, cosa non può mancare nel menu degno di una serata tanto speciale?

«Finalmente dopo un periodo particolarmente complicato l’augurio è di poter tornare a festeggiare e a gioire tutti insieme. La pandemia non ha causato solamente un grosso danno economico al nostro settore, ha portato via il piacere della convivialità e della partecipazione che alimenta la passione e la dedizione verso il nostro lavoro. Sin da bambino, ho vissuto il Capodanno insieme ai tanti clienti del ristorante di famiglia, molti di loro dopo tanti anni continuano ad essere presenti ai nostri cenoni, e di fatto sono diventati amici come di famiglia. Abbiamo sempre riservato grande attenzione e cura nella preparazione di questo evento; la magia del cenone di Capodanno sta nel fatto che si festeggia qualcosa di veramente speciale, pertanto il menu deve essere ricco, lussuoso, con cibi di pregio. Tra le nostre portate, ad esempio, non possono mai mancare i crostacei, ma i sapori della nostra tradizione restano i protagonisti, li portiamo per così dire in trionfo attraverso delle rivisitazioni che ne esaltano la straordinarietà».

Lei è un fiero ambasciatore dell’Etna. La sua è una cucina che attinge a piene mani nella tradizione del territorio etneo, ma è anche un racconto molto accurato volto all’innovazione.


«La mia cucina celebra il nostro vulcano; l’Etna, la nostra montagna è strettamente legata al mare, vi è un rapporto quasi simbiotico. Attraverso la combinazione equilibrata delle loro straordinarie materie prime: il pesce, le erbe spontanee e gli aromi, sull’Etna si contano circa 115 spontaneità, si possono realizzare pietanze eccezionali che sono frutto oltre che di un’intuizione, dello studio e della ricerca. La creatività in cucina da sola non basta occorre, infatti, la conoscenza tecnica, come ad esempio le giuste cotture per esaltare al meglio ogni ingrediente».

I prodotti d’eccellenza della nostra terra, sono sempre protagonisti nelle sue proposte, molto apprezzate nella rubrica enogastronomica “Gusto” del Tg5. Cosa pensa in generale dei programmi di cucina presenti in tutti palinsesti?
«Trovo che la tv sia un mezzo importante per comunicare e promuovere appunto. In questi anni, i diversi programmi di cucina hanno contribuito parecchio ad aumentare l’attenzione attorno al mondo della ristorazione. Ma sicuramente la tv non può formare, le abilità e le competenze si ottengono solo attraverso lo studio e l’esperienza sul campo».

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