Un’estate in Sicilia – Editoriale n.35

L’arrivo di questo numero coincide con quello della bella stagione: la tanto attesa estate, quest’anno sicuramente ancor più desiderata. Gli anni di restrizioni dovuti alla pandemia, infatti, non hanno fatto altro che accrescere in tutti noi il desiderio di ritorno alla libertà e la consapevolezza che la condizione di “normalità” è tutt’altro che scontata.

L’insegnamento che ne abbiamo tratto e che non dovremmo mai dimenticare è che la vita va vissuta e goduta giorno per giorno, a qualsiasi età, assaporando a 360 gradi le infinite vibrazioni che essa ci suscita attraverso le relazioni, l’arte in tutte le sue forme, i viaggi e il buon cibo.

Tutto ciò nutre ogni giorno la nostra esistenza, rendendoci la vita più bella.

È proprio questo il motivo che ci spinge, come redazione, a voler dare ai nostri lettori input e suggerimenti di viaggio entusiasmanti, racconti di personaggi di talento, descrizioni di piatti della tradizione e tanto altro, nell’intento di trasferire sensazioni ed emozioni sempre nuove.

La nostra protagonista è sempre lei: la Sicilia, terra di infinite meraviglie, capace di sorprendere sempre, coi suoi mari, le sue terre, la sua storia.

In questo numero ci siamo soffermati sulle riserve naturali dell’isola, un patrimonio da esplorare e da preservare in ogni modo. Vi porteremo anche ad Ustica, definita la capitale dei subacquei, per le incontaminate bellezze dei suoi fondali. Ma vi condurremo anche alla scoperta della cittadina la cui sagoma, dall’alto, ha la forma di uomo: Centuripe.

Faremo un passo indietro nel tempo e ci sposteremo a Pozzallo, nella Torre dei Cabrera, poi sosteremo presso il Castello della Zisa a Palermo e vi condurremo alla scoperta di un’antica pratica artigianale, quella dell’intreccio dei vimini.

In questo numero abbiamo intervistato, per voi, uno degli autori e cantautori più giovani e talentuosi d’Italia: Lorenzo Vizzini; ci siamo lasciati coinvolgere dall’energia e dalla bravura della DJ Helen Brown e dalle note calde e travolgenti di Giusy Ferreri, che ci ha condotti nelle sue “numerose vite”.

Insomma: i motivi per un viaggio ci sono, la musica pure. Se aggiungiamo pure un buon gelato alla manna e un’esperienza adrenalinica nella Zipline di San Mauro Castelverde, l’estate siciliana può dirsi iniziata nel migliore dei modi. Non credete?

E-state a leggerci… c’è ancora tanto altro da scoprire.

L’editore
Emanuele Cocchiaro

AREA SYSTEM realizza la vostra attività e il sogno diventa subito realtà

di Alessia Giaquinta , foto di Area System

Avete presente l’immagine della bacchetta magica capace di trasformare un sogno in realtà? Bene: l’ eloquenza di questo paragone è applicabile alla straordinaria efficienza di Area System, l’azienda ragusana che da oltre 40 anni, progetta e costruisce attività commerciali e ristorative in tempi rapidi e utilizzando le tecnologie più innovative in ogni campo.

No, non è una magia questa. Area System è una realtà che si avvale di professionisti capaci non solo di progettare e costruire la vostra attività, di fornirvi le attrezzature migliori e gli impianti idonei, ma anche la disponibilità per seguire il processo burocratico di apertura dell’ esercizio e una costante assistenza post-vendita sui macchinari acquistati.

Insomma: contattando Area System non avrete altri pensieri, se non quello di poter essere certi di vedere il vostro sogno realizzato, oltre ogni vostra aspettativa.

A guidare l’azienda, fondata negli anni ’80 da Giorgio Vitale e Sebastiano Lattuca, oggi ci sono cinque giovani professionisti, competenti, aggiornati e disponibili, accomunati dall’ obiettivo di portare avanti questa realtà, sempre più apprezzata e richiesta nel territorio (e non solo), per far sì che ogni cliente sia soddisfatto nel migliore dei modi. La giovane gestione, da qualche anno, ha puntato sul rinnovo del sistema delle vendite mettendo a disposizione anche un’ampia sala demo, un ambiente pensato per approfondimenti tematici e dimostrativi per le attività commerciali. Qui i clienti hanno la possibilità di provare i macchinari prima dell’acquisto, andando oltre ogni catalogo e acquisto “in fiducia”.

Daniele Cannizzo è il responsabile vendite di Area System, a coadiuvarlo c’ è Federica Lattuca che si occupa dell’area commerciale e logistica dell’azienda. La parte amministrativa e di assistenza è guidata da Luca Guarnaccia mentre William Hanna e Daniele Vitale sono i responsabili tecnici per gli impianti frigoriferi e di cottura. Una squadra determinata e all’avanguardia è quella di Area System che si avvale di numerose maestranze per garantire un servizio di altissimo livello ed un’ esperienza utente senza precedenti.

Area System è anche produzione artigianale. «Disponiamo di un centro di lavoro a controllo numerico a cinque assi che, azionato da un tecnico, è in grado di progettare e realizzare in maniera completamente autonoma arredi su misura per ogni tipologia di attività commerciale, in tempi brevi», dichiarano.

Ci sono vantaggi anche dal punto di vista economico: Area System offre ai propri clienti soluzioni sostenibili e concrete, dando la possibilità di accedere a leasing operativi, noleggi e a finanziamenti. Inoltre l’azienda mette a disposizione anche un’ampia sezione di macchinari usati, revisionati e dotati di garanzia, pronti ad essere rivenduti a prezzi competitivi.

Uno dei punti di forza di Area System è senza dubbio il servizio di assistenza che si avvale di personale altamente specializzato, periodicamente formato e aggiornato, in grado di gestire al meglio qualunque tipo di intervento e riparazione in loco, sia nei giorni feriali che in quelli festivi.

Tra i progetti imminenti c’ è l’apertura del “Negozio delle minuterie” dove sarà possibile anche acquistare tutti gli accessori complementari per le varie attività (quindi bicchieri, piatti, utensili di ogni genere, ecc.) e anche l’ampliamento del magazzino, così da avere immediatamente a disposizione tutte le attrezzature prioritarie per il cliente.

Affidarsi ad Area System significa scegliere la professionalità, l’innovazione e la qualità di un servizio che è duraturo, efficace ed entusiasmante. Significa avere un sogno e vederlo diventare progetto, realtà e lavoro, in pochissimo tempo e con i migliori servizi e garanzie.

Riserve naturali. Un patrimonio da esplorare.

Di Merelinda Staita

In Sicilia, ormai da qualche decennio, sono state istituite delle aree protette in diverse zone del territorio. Un patrimonio naturalistico di grande importanza che rappresenta una fonte di ricchezza per l’isola. I turisti amano visitare le riserve per scoprire la loro storia e le loro attrazioni. Nessuno resiste al fascino di questi luoghi che meritano di essere visitati almeno una volta nella vita. Vi proponiamo alcune delle riserve più belle da visitare questa estate.

L’Area Marina Protetta del Plemmirio


FOTO DI ARCHIVIO CONSORZIO PLEMMIRIO

Una delle bellezze che ci consegna il Mediterraneo è l’Area Protetta del Plemmirio. Una porzione di terra che comprende 12 chilometri di costa e 2.500 ettari di mare protetto, nella penisola della Maddalena, tra Punta Castelluccio e Capo Murro di Porco, nel territorio di Siracusa.

L’Area Marina Protetta del Plemmirio è stata istituita nel 2005 a sud dell’isola di Ortigia, centro storico di Siracusa, città siciliana dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. Il “Plemmirio ondoso” di cui parla anche Virgilio nell’Eneide è un mare splendido che bagna coste incantevoli.

Gli sbocchi nel mare del Plemmirio sono trentacinque e le sue calette sono incontaminate e paradisiache.

Gli appassionati di immersioni possono attraversare una delle tredici “porte” di ingresso ai meravigliosi fondali del Plemmirio, ricchi di tante sfumature turchesi e verdi che disegnano un quadro di colori in cui perdere lo sguardo e il cuore.

Infatti, chi fa immersioni subacquee scoprirà un mondo affascinante tra le grotte scavate dal mare nella roccia bianca e calcarea, i colori di spugne, crostacei e molluschi. In mare aperto la fauna è ricca di tonni, ricciole, scrofani, e mammiferi marini come delfini e capodogli.

In zona “A”, la più tutelata e soggetta a restrizioni, ci si può immergere con i diving accreditati alla scoperta delle Grotte del Formaggio, della Grotta del Capo, della Secca del Capo, delle Tre Ancore e della Lingua del Gigante. In zona “B” forniti delle opportune autorizzazioni si potranno visitare: Gli Archi, il Costone di Capo Meli, le Stalattiti, le Corvine e i più recenti Geronimo e il relitto aereo Wellington Vikers. A sud, disponibili per gli amanti di subacquea anche il Costone della Fanusa e un percorso archeologico a Le Mazzere.

La flora è quella tipica di un clima subtropicale arido, punteggiata da arbusti, palme nane, ginestrino delle scogliere, finocchio marino, timo, macchia a lentisco, mirto e il fico d’India, mentre nelle acque cristalline si notano alghe di varie specie, come la poseidonia.

Il mare possiede le sue diverse prospettive e anche l’uomo lo ha arricchito con la presenza di una imponente Sirena, scultura in bronzo in memoria di Rossana Maiorca, la figlia del noto campione mondiale siracusano di apnea Enzo.

L’Area Marina Protetta del Plemmirio è piena di vita e si alternano magnifici panorami scenografici indimenticabili. Oltretutto, si è di recente aggiudicata il Premio “Parco Inclusivo” 2022, nel corso della edizione 2022 di “Obiettivo terra”, in collaborazione con Fiaba Onlus e Federparchi. Tra le motivazioni che hanno fatto scattare l’attribuzione del riconoscimento alla riserva marina siracusana, la “perseveranza” per gli interventi volti a favorire l’accessibilità e la fruibilità dell’accesso al mare alle persone con disabilità e a ridotta mobilità.

La Riserva Naturale Orientata dello Zingaro

FOTO DI ROSARIO RUGGIERI

Un set naturale a cielo aperto che merita assolutamente di essere esplorato e conosciuto.

La legge regionale 98/81 ha istituito la Riserva Naturale Orientata dello Zingaro, prima riserva in Sicilia affidata in gestione all’Azienda Regionale Foreste Demaniali.

La Riserva si trova nella parte Occidentale del Golfo di Castellammare, nella penisola di San Vito lo Capo che si affaccia sul Tirreno tra Castellammare del Golfo e Trapani. Il territorio è situato principalmente nel comune di San Vito lo Capo e in misura minore nel comune di Castellammare. All’interno della riserva si trovano: il Museo Naturalistico, il Museo delle Attività Marinare, il Museo della Civiltà Contadina, dove è riprodotto il ciclo completo del grano, il Centro di Educazione Ambientale, due aree attrezzate e dei caseggiati rurali adibiti al bivacco.

Sentieri bellissimi e ricoperti di tesori naturali. Il colore verde della vegetazione si fonde con l’azzurro delle acque e il bianco delle calette. Una varietà di ambienti rendono questa riserva straordinaria e sono presenti tante specie di animali. Lo Zingaro è anche il frutto dell’amore delle persone che hanno cura del territorio e che vogliono conservare il patrimonio paesaggistico originario.

 

Riserva Naturale Orientata Laghetti di Marinello

FOTO DI ASS. CULTURALE TINDARI s.r.l.

Il fascino di Tindari, frazione di Patti in provincia di Messina, è davvero unico. Un territorio che è diventato protagonista di miti e racconti.  Una delle leggende più note riguardano la nascita dei laghetti di Marinello ai piedi del promontorio che s’innalza sul Golfo di Patti, diventati Riserva Naturale Orientata. La storia narra la presenza di una maga ammaliatrice in una caverna, la Grotta di Donna Villa, sul fianco della montagna.

La maga cercava di attirare nella grotta gli incauti navigatori per rapinarli dei beni e poi divorarli. L’ origine dei laghetti, leggenda a parte, risalirebbe a circa due secoli fa.

La Riserva Naturale Orientata “Laghetti di Marinello”, istituita nel 1998 è affidata in gestione alla provincia di Messina. La sua estensione è di circa 378 ettari e il suo stato di conservazione è ancora buono. Gli ambienti sono abbastanza diversi e questi rendono l’area molto particolare. Inoltre, dove la morfologia del territorio lo consente ci sono viti e ulivi che arricchiscono il paesaggio della Riserva. I laghetti caratterizzano il litorale sabbioso e insieme ai laghi di Ganzirri rappresentano gli ultimi esempi di ambiente salmastro costiero presenti attualmente nella Sicilia nord-orientale.

Tutta la fascia costiera rocciosa si mostra affascinante, grazie alla presenza di insenature, piccole spiagge sabbiose e pareti a precipizio.La presenza dell’uomo nella Riserva risale ad epoche preistoriche, quando si è insediato sul pianoro di Mongiove e sul promontorio di Capo Tindari.

L’area lagunare di Marinello è sottoposta ad imponenti variazioni morfologiche che trasformano la linea di spiaggia e creano laghetti litoranei salmastri semipermanenti e temporanei.

Nella Riserva non manca una notevole ricchezza floristica, dovuta all’ ottima posizione geografica e alla geomorfologia della costa alquanto varia. Lungo i pendii che dalle rupi più alte scendono verso il mare, cresce rigogliosa la macchia mediterranea con il lentisco, l’alaterno e il caprifoglio mediterraneo.

La vegetazione dei laghetti è eterogenea e al loro interno, sommerse nelle acque salmastri, si rinvengono due rare piante vascolari: il fieno di mare e la halophila stipulacea.

Sulle rupi ci sono numerose specie endemiche, rare e a rischio di estinzione. Tra le specie che potrebbero scomparire ci sono: la lisca costiera, la vedovina delle scogliere, il garofano delle rupi, l’agnocasto, il cardo-pallottola spinoso, l’issopo di Cosentini e la centaurea di Seguenza.

I laghetti sono anche ideali per l’avifauna e diventano un habitat perfetto per diversi uccelli nidificanti: la cannaiola, l’ occhiocotto, lo scricciolo, il gabbiano reale, la gallinella d’acqua, la taccola, il corvo imperiale, la civetta, il gheppio, il saltimpalo e il barbagianni.

Insomma, un paradiso terrestre da visitare e ammirare per la sua straordinaria bellezza.

 

Riserva Naturale Orientata Saline di Priolo

FOTO DI Archivio RNO Saline di Priolo – Fabio Cilea

Davvero interessante è la storia delle saline di Priolo, un tempo conosciute come Saline Magnisi dal nome della penisola vicina, un bacino non molto profondo che ha goduto del clima favorevole e dell’ottima posizione geografica. La quasi assenza di pioggia, e la sua esposizione al sole, ha favorito la formazione di quest’area che ha iniziato a produrre sale sin dalla comparsa delle colonie greche.

Tantissime le specie di uccelli rilevate dal 1975 ad oggi ed è presente una considerevole fauna terrestre. Il 28 dicembre del 2000, la Riserva Naturale Orientata Saline di Priolo è stata istituita con D.A. numero 807/44 ed è stata affidata in gestione alla LIPU.

È stata costituita al fine di “tutelare il sistema dei bacini di cui è costituita la salina che ospita estesi Phragmiteti e Salicornieti che, unitamente alla zona umida propriamente detta, offrono particolare ricetto alla ricca avifauna migratoria e stanziale”.

Un luogo della nostra amata Sicilia che rappresenta uno spettacolo per l’animo umano.

Ustica: l’isola “dura e dolcissima”

di Alessia Giaquinta

Isola dura e dolcissima”, così lo scrittore Cesare Pavese definì Ustica in un suo componimento. Un’isola spesso ricordata per la terribile strage di cui fu protagonista negli anni ’80, ma che merita di essere inneggiata e menzionata specialmente per la ricca vestigia del suo paesaggio.

Magnifici scenari fatti di scogliere, sabbie scure, acque cristalline e incontaminate – dove si perpetua il miracolo della vita di numerosissime specie di flora e fauna marina – è quello che fa di Ustica un’isola da custodire come una perla nel cuore del Mediterraneo.

Ed è proprio definendola “Perla Nera” che possiamo riconoscerla nelle sue caratteristiche “dure e dolcissime”, di fuoco e di mare, di anfratti scoscesi e bianche spume, di mitologiche terre e profondissimi azzurri.

Un’isola che, per le sue attrattive naturalistiche e per la caratterizzazione biocenotica dei fondali particolarmente significativa, nel 1987 è diventata la prima riserva marina italiana protetta.

I fondali di questo tratto di mare, che sono ricchi di biodiversità e pertanto godono di una speciale fama in tutto il mondo, costituiscono sicuramente anche uno dei microcosmi incontaminati prediletti dai subacquei. Ustica per l’unicità dei suoi fondali può essere, infatti, considerata capitale mondiale dei sub. È qui, infatti, che si trova la sede storica dell’Accademia di Scienze e Tecniche Subacquee e dal 1959 qui si svolge la Rassegna Internazionale delle Attività Marine.

Per poter descrivere adeguatamente i colori e la ricchezza di flora e fauna marina che caratterizzano le coste di Ustica, bisognerebbe avere la penna di un poeta e gli occhi di un pittore. Solo chi ha la possibilità in prima persona di esplorare i fondali può essere all’altezza di narrare l’ esperienza suggestiva e gratuita che regalano i fondali dell’isola.

È bene sapere che non serve essere esperti subacquei per poter apprezzare gli scenari eccezionali che offre il mare di Ustica: anche con maschera e boccaglio si può fare un’esperienza entusiasmante e unica.

Geologicamente Ustica è affine alle Eolie nella sua origine vulcanica: essa è, infatti, una vetta affiorante di un vulcano sottomarino. Forse per questo i latini la chiamarono “Ustum”, che significa appunto “bruciato”.

Oltre alle bellezze dei fondali, impreziositi da particolari faraglioni e grotte marine – visitabili per mezzo di escursioni in barca – è nota la cosiddetta “piscina naturale”, una vasca piccola e mediamente profonda, scavata dal mare ai piedi del faro di Punta Cavazzi, dove possono nuotare anche i bambini o chi è alle prime armi, apprezzando numerose specie ittiche anche a pelo d’acqua.

Anche se il mare è il vero protagonista dell’isola, il centro abitato offre altre particolarità rilevanti: dal Museo Civico Archeologico, inaugurato a settembre 2011, che espone una collezione di reperti risalenti all’Età del Bronzo (dal 1400 al 1200 a.C.), alla Torre Santa Maria, al Castello borbonico Falconiera, alla chiesa di San Ferdinando, all’antico villaggio preistorico.

Anche le case che popolano il centro abitato, di colore bianco e basse, rendono particolarmente suggestivo il paesaggio. Non serve automobile per visitare Ustica: anzi, il consiglio è proprio quello di scoprirla a piedi, attraversando le antiche strade a sanpietrini per apprezzarne le peculiarità.

Inoltre, a partire dagli anni ’70, alcuni artisti si sono cimentati nella realizzazione di particolarissimi murales per decorare le facciate delle case. Una chicca da non lasciarsi scappare!

Famosa è la lenticchia di Ustica, la più piccola d’Italia, che oggi è un Presidio Slow Food e il gambero di Ustica, di colore rosa e particolarmente apprezzato per la sua prelibatezza.

Un’isola pittoresca, ricca di meraviglie è Ustica: a 36 miglia da Palermo, circondata da acque abissali di impareggiabile bellezza, grembo pullulante di vita, scrigno di antichi miti e tesori da continuare a scoprire e preservare come una perla rara.

Alla scoperta di Centuripe

di Patrizia Rubino, foto aerea di Pio Peri

 

È una piccola antichissima meraviglia incastonata nell’entroterra siciliano in provincia di Enna: Centuripe, cittadina tutta da scoprire, è situata su un territorio collinare attraversato da tre fiumi: Salso, Simeto e Dittaino. La suggestiva immagine della sua sagoma vista dall’alto raffigurante una stella marina o anche un uomo disteso ha fatto il giro del mondo, ma ben più rilevante è il fatto che custodisce uno dei patrimoni archeologici più importanti della Sicilia. Fu fondata dai Siculi intorno all’VIII secolo a.C., ma nel territorio ci sono segni d’insediamenti umani, risalenti al Neolitico e all’Età del bronzo. Sulle pareti di una grotta, detta Riparo Cassataro, a ridosso del Simeto, sono presenti, infatti, graffiti in ocra rossa raffiguranti uomini e animali, databili a più di 5000 anni fa.

Il periodo di maggior splendore di Centuripe fu raggiunto sotto il domino romano tra il III e il I secolo a.C., notevole la produzione di statuette in argilla e di vasi policromi, i celeberrimi “vasi centuripini”, opere preziose presenti nei maggiori musei del mondo come il Louvre, il British Museam, il Metropolitan Museum di New York. Mentre i resti archeologici più importanti risalgono all’Età imperiale, tra il I e il III secolo d.c.; i due edifici funerari Castello di Corradino e Dogana, gli edifici termali “Acqua Amara” e “Bagni”, gli Augustales, un complesso architettonico in cui veniva celebrato il culto di Augusto, per citarne alcuni.

«Centuripe è la terza città, dopo Catania e Taormina, con importanti resti dell’architettura romana in Sicilia, segno di un rapporto di grande vicinanza con Roma». A spiegarlo è il primo cittadino Salvatore La Spina, appassionato storico dell’arte, fortemente impegnato per il rilancio e la giusta valorizzazione di un territorio che ha attraversato la storia dei secoli. Si deve anche alla sua determinazione il rientro, dallo scorso anno, di un prezioso busto marmoreo di Augusto, ritrovato alla fine degli anni Trenta a Centuripe, e allocato al Museo Paolo Orsi di Siracusa, insieme ad altre due teste in marmo, Druso Minore e Germanico. «Ѐ molto importante – afferma La Spina – che queste opere siano ritornate nel luogo in cui sono state rinvenute, in quanto rappresentano una testimonianza importante della grandezza della nostra città nell’antichità, per la nostra comunità e per un’offerta culturale che possa sempre più incentivare lo sviluppo turistico».

Le opere dallo scorso agosto sono esposte al Museo Archeologico Regionale di Centuripe, che custodisce notevoli reperti dall’Età neolitica all’epoca tardo imperiale. Ma questo piccolo borgo, oltre che per la sua ricchezza storica e artistica, incanta anche per le sue straordinarie bellezze paesaggistiche, è definito, infatti, “balcone di Sicilia” per i suoi panorami mozzafiato dai quali si può ammirare tutta la Sicilia orientale; dai Nebrodi all’Etna maestosa, ai monti Erei sino a Siracusa. Particolarmente suggestiva l’area dei Calanchi del Cannizzola, nella valle del Simeto. Una distesa di valli e di dune argillose color ocra che suscita stupore per la particolare conformazione e per la vista spettacolare che offre da ogni angolazione. Un luogo unico e misterioso che nel 1966 fu scelto per alcune scene del film kolossal “La Bibbia” e che continua ad essere una location di grande appeal per film, spot e video musicali.

Di recente su una terrazza panoramica dei Calanchi è stata installata la “Big Bench” una gigantesca panchina rosa e blu, per ammirare lo splendido paesaggio da una prospettiva diversa. Un’iniziativa no-profit avviata dall’architetto americano Chris Bangle circa dieci anni fa in Piemonte. In Italia ci sono oltre duecento grandi panchine collocate in luoghi dai paesaggi incantevoli. «Questa meravigliosa panchina panoramica, oltre ad essere una grande attrazione – conclude il sindaco – sarà anche una sorta di sentinella sul territorio, contro atti d’inciviltà e d’incuria che nonostante la preziosità di questi luoghi siamo ancora costretti a contrastare».

 

Torre Cabrera e la Sicilia granaio del Mediterraneo

Articolo e foto di Alessia Giaquinta

È là, adagiata sulla spiaggia di Pozzallo, maestosa ed imponente, che guarda il mare e protegge la città, ormai da secoli. La Torre Cabrera, che vanta anche il riconoscimento di Monumento Nazionale, è sì il simbolo della città di Pozzallo ma è anche la testimonianza di una storia che appartiene inevitabilmente alla Sicilia e ai siciliani.

Facciamo un salto nel passato e chiediamo all’immaginazione di riportarci agli scenari di quel tempo in cui Pozzallo altro non era che un’estensione della Contea di Modica, dove vivevano pochi pescatori in piccole e umili dimore vicino al mare.

Correva l’anno 1429 quando fu posta la prima pietra di Torre Cabrera laddove era costruito il Caricatore, un complesso di magazzini di grano e di viveri voluto dalla famiglia dei Chiaramonte, divenuto luogo prediletto per gli assalti dei pirati. A volere la costruzione di una torre di difesa, però, fu Giovanni Bernardo Cabrera, figlio del primo conte dell’importante famiglia spagnola che, fedele sostenitrice della casata Aragonese che regnava in Sicilia, ne ebbe in cambio la Contea di Modica, confiscata ai ribelli Chiaramonte.

Costruita in pietra iblea, di pianta quadrangolare e alta quasi 30 metri dal piano stradale, la Torre Cabrera non servì però solo come fortezza difensiva e punto di controllo, bensì – secondo recenti studi e ritrovamenti – fu anche residenza signorile.

A sostegno di questa tesi ci sono gli elementi decorativi ritrovati nei piani più alti della Torre, costituiti da mattonelle maiolicate probabilmente di fattura spagnola (gli azulejos heraldicos, così chiamati per il colore azzurro degli stemmi raffigurati), ma anche le volte a crociera dei saloni in cui è ricorrente lo stemma della famiglia Cabrera raffigurante una capra. Una meravigliosa terrazza, nell’ultimo piano, a cui si giunge attraverso una scala a chiocciola, dà l’accesso ad una straordinaria vista panoramica del territorio.

Turris ingens et magnifica così la descrisse lo storico cinquecentesco Fazello, una torre potente e splendida, in cui viveva il regio castellano e prestavano servizio soldati, artiglieri e cavalieri al fine di tutelare le ingenti quantità di frumento e altre merci che erano custodite nei magazzini del Caricatore.

Con l’erezione della torre, l’importanza del Caricatore crebbe ulteriormente tanto da diventare il secondo più importante del Regno, dopo quello di Palermo. Il grano che da qui partiva raggiungeva i più importanti porti del Mediterraneo.

Questa serve per securtà del grano che quivi si conduce, che serve la maggior parte per l’isola di Malta, per essere il più vicino luogo di tutta l’isola di Sicilia per distanza di sessanta miglia”, scrisse l’architetto fiorentino Camilliani che nel XVI secolo esplorò le coste siciliane.

Si può ben immaginare, allora, quanta gola facesse questa ricchezza ai saraceni e ai corsari che giungevano a Pozzallo per razziare i magazzini e attaccare la città. E si può intuire anche che la Torre, di conseguenza, predisponesse di sistemi di tortura e prigionia per i criminali che ne osassero l’attacco. È ancora visibile la camera sugli scogli dove venivano percossi e poi incatenati i prigionieri, il cui destino era l’annegamento, con l’arrivo dell’alta marea. Chissà quanti furono giustiziati nel “Pozzo della Morte”, una buca posta all’interno di una stanza, ancora oggi visibile. Così come visibili sul muro sono i segni incomprensibili dei condannati a morte, prodotti con le unghie o con piccole schegge trovate sul pavimento.

Inoltre una delle sale della Torre, era adibita a cappella dedicata a Santa Maria della Pietà.

Attraversare la Torre Cabrera, visitandone gli ambienti, dà la possibilità di ripercorrere un tempo remoto che ci appartiene, che ci racconta la storia di una Sicilia granaio del Mediterraneo, che ci riporta ai costumi di quel tempo, che ci meraviglia e ci lascia a bocca aperta, ogni volta che ne siamo consapevoli

La residenza estiva del Re Guglielmo II: il Castello della Zisa

di Federica Gorgone

Se siete passati da Palermo vi sarà sicuramente capitato di sentir parlare dell’imponente Castello della Zisa. Esso dal 2015 fa parte dei beni Unesco Patrimonio dell’Umanità all’interno dell’itinerario “Palermo Arabo-Normanna e le Cattedrali di Cefalù e Monreale”.

Ma cosa vuol dire “Zisa”? Il termine “Zisa” deriva dall’arabo “Al-Aziza”, ossia “la splendida” e già dal nome possiamo iniziare ad immaginare quante bellezze furono associate proprio a questo palazzo.

La sua costruzione, secondo fonti storiche, risale circa al XII secolo e fu iniziata durante il regno di Guglielmo I per poi essere ultimata dal figlio Guglielmo II. È proprio quest’ultimo che la scelse come sua residenza estiva preferita. Il Castello fu costruito all’interno del “Jannat al-ar”, ossia il genoardo, uno splendido giardino immerso nel verde.

Questo delizioso palazzo è da considerarsi ad oggi come una delle maggiori testimonianze della dominazione arabo-normanna in Sicilia ed è il monumento meglio conservato della cultura islamica a Palermo.

Negli anni però, la sua struttura originaria ha subito molteplici trasformazioni come ad esempio quella fatta ad opera di Giovanni Sandoval che acquistò il palazzo subito dopo i regnanti normanni. Egli diede un tocco di barocco allo stile puramente arabo-normanno del Castello della Zisa aggiungendo i balconi ed una grande scalinata monumentale all’interno della struttura.

Nell’800 la proprietà del Castello passò nelle mani della famiglia Notarbartolo che aggiunse tramezzi e solai al palazzo per poi in fine giungere nel 1955 alla Regione Siciliana che si occupò di restaurare il palazzo e farcelo conoscere così come lo possiamo ammirare adesso.

Ma com’ è strutturato questo meraviglioso Castello? Al suo interno troviamo tre diversi piani. Nella parte centrale del palazzo ritroviamo due sale: la “Sala della Fontana” e la “Sala del Belvedere”, due imponenti sale di rappresentanza. Mentre ai lati si trovano gli appartamenti privati del Re.

La “Sala della Fontana” è sicuramente da considerarsi tra le stanze più belle del Castello. Al suo interno è possibile respirare a pieni polmoni i tratti stilistici-architettonici dell’arte islamica. Essa, infatti, ci ricorda il “Salsabil” un ambiente nobiliare al cui interno vi era un corso d’acqua che rievoca il paradiso di cui si parla nel Corano.

Se siete appassionati di storie e leggende, poi, non potete che scoprire una storia legata proprio al Castello della Zisa: la leggenda dei sette diavoli. Prima di entrare nella “Sala della Fontana” vi è un arco barocco dove vi sono degli affreschi raffiguranti delle creature della mitologia romana (probabilmente risalenti a quando il palazzo passò nelle mani dei Sandoval). Si tratta dei diavoli della Zisa che, secondo una leggenda popolare, proteggono un tesoro nascosto da due giovani innamorati all’interno del palazzo. Secondo questa storia chiunque provi a contare il numero dei diavoli raffigurati non riesce mai ad ottenerne il numero esatto perché questi sembrano muoversi fra loro generando confusione nel conteggio. Inoltre si narra anche che il 25 marzo, giorno dell’Annunziata, chi fisserà i diavoli troppo a lungo li vedrà muovere la coda o storcere la bocca con delle smorfie. Provare per credere!

 

Se vi state chiedendo cosa c’ è oggi all’interno del Castello della Zisa, possiamo dirvi che vi ha sede il Museo di Arte Islamica di Palermo che raccoglie delle opere prodotte tra il IX e il XII raccolte dai diversi paesi del Mediterraneo. Tra i più importanti reperti che possiamo trovare al suo interno vi è una lapide con delle iscrizioni in ebraico, latino, greco-bizantino e arabo simbolo della multietnicità di Palermo fin dal periodo medievale.

Giusy Ferreri e e le sue vite

di Omar Gelsomino, foto di Cosimo Buccolieri

La sua voce particolare le permette di spaziare su più generi musicali e la sua timbrica inconfondibile ne hanno fatto una straordinaria cantante di successo. Giusy Ferreri, all’anagrafe Giuseppa Gaetana Ferreri, si è imposta nel panorama musicale sin da subito, partecipando ai più importanti festival canori e ottenendo riconoscimenti internazionali per la sua bravura. Senza dimenticare che i suoi brani sono tra i più venduti.

Giusy Ferreri in realtà detiene anche tre record: è la cantante lanciata da un talent show ad aver venduto più copie nel mondo, oltre 2,5 milioni tra album e singoli; è rimasta al primo posto per 47 settimane nella classifica italiana dei singoli con Non ti scordar di me, Novembre, Roma-Bangkok, Amore e capoeira e Jambo; insieme a Baby K con Roma-Bangkok è l’unica artista italiana ad aver vinto il disco di diamante per un singolo digitale.

Di origini siciliane ha sempre vissuto in Lombardia, ma non ha mai abbandonato le sue radici perché la Sicilia è nel suo cuore.

«Sono andata via da Palermo in fasce, ma sento forte il legame delle mie origini. Certamente! Frequento normalmente Palermo». Come tutti anche lei ha fatto la gavetta, coltivando giorno per giorno la sua passione, conciliando il suo vero lavoro, sino al meritato successo che continua tuttora.

«La passione per la musica nasce sin da quando ero bambina. Sono cresciuta in un ambiente predisposto alla musica, poiché passione anche di mio padre con il suo pianoforte, un organo in casa e diverse chitarre e musicassette, cd e vinili di artisti italiani e internazionali di vario stile e genere. Mi sento vicina al rock e al blues. Il pop con tutte le sfumature e influenze di vario genere mi riesce bene. La musica ha unito ancor di più la mia famiglia perché è sempre stato un bellissimo motivo di condivisione. Le mie prime esperienze musicali risalgono a quando ero bambina. Mi piaceva partecipare ai concorsi canori sia da solista sia in gruppo con altri bambini. Poi a 13 anni ho iniziato con la prima formazione cover band e da lì in poi è stato un susseguirsi di varie formazioni di cover band di vari generi musicali tra rock, blues, hard rock, southern rock, new wave e nell’adolescenza ho iniziato a scrivere i miei primi brani che portavo in gara nelle varie manifestazioni per band emergenti. Non è mai stato difficile conciliare il lavoro con gli impegni artistici perché avevo scelto di lavorare part-time e avevo parecchio tempo a disposizione e soprattutto riuscivo ad esibirmi anche nei locali in tardissima serata. Come una doppia vita».

La popolarità di Giusy Ferreri inizia con la classificazione al secondo posto alla prima edizione di un famoso talent show e nonostante il successo raggiunto lei è rimasta sempre se stessa. «La partecipazione ad X Factor nel 2008 rappresenta l’esordio della mia popolarità e l’inizio di un nuovo percorso artistico e professionale. Quando penso alla mia vita penso a come se stessi attualmente vivendo la mia quarta vita, mentre nel 2008 possiamo dire che fosse appena iniziata la mia terza vita. Penso a più vite perché le ho vissute catapultandomi in ruoli e situazioni differenti. Ma più che cambiata mi sento solo cresciuta, continuo a riconoscere sempre me stessa nella mia testa e nel pensiero, solo più matura e consapevole di qualche anno fa».

In questi anni ha partecipato quattro volte al Festival di Sanremo, nell’ultima edizione con il brano Miele, e diverse le collaborazioni che hanno suggellato delle vere e proprie hit di successo. «Sanremo è sempre una bella occasione per presentare un nuovo progetto. Quest’anno ci tenevo molto ad esserci per poter parlare anche del mio nuovo album “Cortometraggi” oltre al brano presentato in gara. Sono davvero tante le collaborazioni di cui vado molto fiera e orgogliosa, e tantissime volte mi hanno portato a conoscere qualcosa di nuovo di me stessa. Quella che ho desiderato tanto personalmente e che ho cercato perché più attinente al mio percorso sin da ragazza, è stata la collaborazione con Linda Perry delle 4 non Blondes che ho voluto coinvolgere per la scrittura a quattro mani di nuovi brani che poi ho inserito nell’album “L’attesa”. Parlo di gratificazione personale artistica ovviamente».

Con l’approssimarsi dell’estate a farci compagnia ci sarà qualche tormentone a segnare le nostre giornate e come è capitato in passato alcuni di questi sono di Giusy Ferreri, tanto che l’hanno definita la regina delle hit, ma lei rimane la cantante di sempre che conosciamo ed ammiriamo. «Non mi sento regina delle hit estive, mi è stato attribuito perché più di un brano ha ottenuto un grande riscontro anche se per me è stato solo un gioco. Artisticamente sono una persona istintiva e volevo provare qualcosa di diverso. Takagi e Ketra mi hanno coinvolta in quella nuova avventura e ho apprezzato molto l’energia, la freschezza, l’originalità e la leggerezza dei loro brani, per cui mi sono divertita».

È già uscito il suo ultimo disco ricco di sonorità e brani introspettivi ma soprattutto di collaborazioni importanti che porterà in giro per l’Italia nel suo lungo tour. «“Cortometraggi” è un album versatile molto curato negli arrangiamenti e nella produzione. Suonato dai musicisti che mi accompagnano durante i tour ormai da diversi anni. Contiene 12 piccoli film, come amo definirli, che arrivano dritti al cuore, alcuni più introspettivi intervallati da altrettanti brani energici sempre ricchi di significato. In questo album sono sia interprete sia cantautrice come per i miei album precedenti. Tra le firme più importanti che hanno scritto per me ci sono Gaetano Curreri, Marco Masini, Bungaro, Diego Mancino, Casalino e Simonetta. Per l’estate vi sarà sicuramente un brano estratto da questo album a farci compagnia. In programma ho il tour estivo e tour autunnale nei teatri, con la formazione musicale accompagnata da Andrea Polidori (Batteria) Gabriele Cannarozzo (basso, moog), Mattia Boschi (violoncello, chitarra) Fabrizio Leo (chitarre) Fabiano Pagnozzi (pianoforte, sinth)».

 

In attesa di vederla tornare dal vivo questa estate nelle più belle località italiane, già annunciate le due anteprime teatrali di questo autunno, prodotte e organizzate di Friends & Partners: il 1° ottobre al Parco della Musica di Roma (Sala Sinopoli) e il 3 ottobre al Teatro dal Verme di Milano.

Lorenzo Vizzini. Il nuovo De Gregori della musica italiana

di Alessia Giaquinta, foto di Julieta Vivas

Qualcuno lo ricorderà come l’imitatore che, a soli cinque anni, conquistò il pubblico della trasmissione televisiva “Bravo Bravissimo” condotta da Mike Buongiorno. Eppure Lorenzo Vizzini, ormai ventinovenne, da allora ne ha fatta di strada… tanta e nel migliore dei modi! Il giovane ragusano, infatti, oggi è considerato uno dei migliori autori e compositori italiani. Ha scritto brani per Renato Zero, Ornella Vanoni, Arisa, Marco Mengoni, Anna Tatangelo, Laura Pausini e tanti altri noti artisti del panorama musicale. Insomma, alla sua giovane età Lorenzo vanta già un curriculum di collaborazioni importanti, di brani e dischi di successo e la vincita del Premio Siae per gli autori under 30 distinti nel panorama nazionale.

Un Francesco De Gregori più giovanelo ha definito Ornella Vanoni. E come darle torto?!

Dalle melodie alle parole, alle emozioni che evoca: la musica di Lorenzo è un’esperienza di bellezza ad alti livelli, un turbinio di poetiche immagini capaci di emozionare chiunque ascolti i suoi brani.

Artista da sempre. Dalle imitazioni alla musica, alla scrittura. Come è avvenuta la scoperta di ciascuna di queste arti?
«Quello con la musica è stato un innamoramento. Non l’ho scoperta, è accaduto. Ad esempio, quando avrò avuto al massimo 2 anni chiesi a mia madre come regalo un palcoscenico con gli strumenti musicali. È stata una scelta istintiva, come i cani che rincorrono gli odori dai quali sono attratti».

Quando hai scritto il primo brano? E l’ultimo?
«Il primo non l’ho propriamente scritto, avevo 5 anni e mi passava questa melodia in testa. Quando capii di averla inventata io, non ho smesso più. L’ultimo non è mai l’ultimo, c’è sempre una nuova canzone da scrivere».

Se potessimo osservarti nell’atto di comporre un brano, cosa vedremmo?
«Ve la vorrei rendere più bella da immaginare, ma probabilmente vedreste una persona dissociata dalla realtà che lo circonda. Nella testa è tutto chiarissimo, ma da fuori potrebbe risultare alienante».

Lorenzo autore e cantautore. Cosa segna il margine tra scrivere per sé e scrivere per altri?
«Più che un margine, c’ è un oceano in mezzo. Tutte le canzoni che scrivo per me hanno delle caratteristiche che rappresentano la mia persona. Allo stesso modo ogni canzone che scrivo per un altro interprete cerco di immaginarla il più vicino possibile alla sensibilità di chi la canterà».

Raccontaci un aneddoto della tua carriera che ti ha particolarmente emozionato.
«Quella che per me è la carriera, in senso strettamente professionale, mi emoziona raramente. Fare musica per me è un lavoro sacro, che amo e cerco di onorare al massimo ogni giorno. Per questo, più che la carriera in termini aneddotici, il momento che fino ad oggi continua ad emozionarmi di più è quando scrivo una canzone. Quello è il periodo che mi regala più entusiasmi, gioie, estasi, qualche volta felicità. È sempre una mappa del tesoro da riscrivere da zero».

Vivi a Milano, ormai. Cosa ti manca più della Sicilia e qual è la prima cosa che fai appena torni nella tua terra?
«Mi manca vederla, guardare le spiagge, i mandorli in fiore, i fichi d’India. Quando torno a casa vado a mangiare le ‘mpanatigghie e da talassodipendente quale sono torno banalmente davanti al mare».

Cosa canta (se canta) Lorenzo sotto la doccia?
«Ammetto di cantare poco sotto la doccia. È il mio momento di tregua, quindi quando riesco e sono da solo mi godo il silenzio. Quelle poche volte che canto in doccia, solitamente canto canzoni che non esistono».

Nel cassetto hai più sogni o progetti? Cosa puoi svelarci?
«I miei sogni sono i miei progetti. In ambito musicale e personale, nei prossimi anni mi piacerebbe conoscere e studiare le culture degli altri continenti. Mi piacerebbe viaggiare in America, Asia e Africa per diversi mesi e conoscere da vicino le radici di scuole musicali che mi hanno da sempre affascinato. Poi ho ancora mille altri sogni, ma mi hanno detto che se li racconti prima non si avverano. Magari ve li racconterò quando li avrò realizzati!».

La zipline di San Mauro Castelverde: 90 secondi di autentica emozione

di Giulia Monaco, foto di Giovanni Nicolosi

“Torno già a volare le distese azzurre e le verdi terre, le discese ardite e le risalite, su nel cielo aperto”. Mogol e Battisti parlavano di stati d’animo, ma se vi dicessi che in Sicilia esiste un posto in cui è possibile trasformare queste metafore in realtà?

Si trova a San Mauro Castelverde, tra le valli del Parco delle Madonie, un sito geopark Patrimonio Unesco. Qui due anni fa è nata la zipline più a sud d’Europa, tra le più moderne e all’avanguardia. Si tratta dell’unica zipline in Italia a quasi 1000 metri sul livello del mare. E ce lo raccontano gli scenari unici e i panorami mozzafiato di cui si può godere lanciandosi dal pianoro sito nei pressi del Convento dei Benedettini.


La discesa è lunga 1600 metri, con un dislivello di 260 metri tra il punto di partenza e quello di arrivo. È un tuffo selvaggio verso il mar Tirreno, tra i boschi delle Madonie e quelli dei Nebrodi: ci si libra tra querce, ulivi secolari e lecci; si svetta sulla vallata di Pollina, unico sito al mondo in cui si estrae la manna dal frassino; e durante il volo, scrutando il mare, si vedono le isole Eolie, e persino l’isola di Ustica quando il cielo è terso.

Con la modalità di lancio a “volo d’angelo” si vola in discesa libera sospesi a 170 metri d’altezza su una teleferica d’acciaio, a braccia spalancate, raggiungendo i 130 chilometri orari di velocità: un minuto e mezzo di pura adrenalina.
Oppure, per i più pavidi, c’ è la modalità “seggiolino”, che viaggia più lentamente (va a 90 chilometri orari e impiega due minuti). Grazie a un particolare sistema di sicurezza e una speciale imbracatura, inoltre, anche i diversamente abili possono provare l’ebbrezza del volo adrenalinico a picco sulle vallate.

 

«Si tratta di un’esperienza catartica, proprio come la intendeva Aristotele: trasformazione delle emozioni, cura, elevazione – racconta l’amministratore unico Giovanni Nicolosi – dopo la paura che si prova nella fase di lancio, quando la velocità è sostenuta e ci si misura per la prima volta con il senso di vuoto e di profondità, a un certo punto grazie a un particolare sistema di frenaggio il volo rallenta, e si ha la possibilità di rilassarsi, godersi il viaggio, ammirare il panorama. Ci si carica di coraggio. E una volta atterrati, si avrà voglia di rifarlo ancora».

Non è un caso che Giovanni citi Aristotele: a 18 anni ha deciso di allontanarsi dalla Sicilia e andare a studiare a Bologna. Lì si è laureato al Dams e in Discipline semiotiche, e può pregiarsi di aver avuto il maestro Umberto Eco tra i suoi insegnanti di comunicazione. Questo background gli ha donato sguardo visionario, senso estetico e capacità critica, doti che gli sono state indispensabili quando ha deciso di tornare nella sua terra e creare qualcosa di nuovo e unico.

«Non è stato facile, ho passato anni di tentativi vani e frustrazioni. Ci è voluta molta forza di volontà, ma anche studio e formazione».

Oggi Giovanni è presidente di “Madonie Outdoor”, che si occupa di turismo naturalistico ed ecosostenibile; organizza escursioni in gommone alle Gole di Tiberio – piccolo canyon naturale riconosciuto dall’ Unesco; è una guida ambientale escursionistica, una guida rafting e un istruttore di nordic walking.

E nel 2020 la grande svolta con la zipline più moderna d’Europa, il vero polo attrattivo del borgo, che da quando è stata inaugurata richiama migliaia di visitatori internazionali.

La zipline è fruibile da aprile a novembre, ma si prevedono anche aperture on demand nel resto dell’anno (condizioni metereologiche permettendo). Alla stazione di arrivo, inoltre, è possibile visitare un ecomuseo open air che narra le antiche pratiche contadine di San Mauro Castelverde: c’è una carbonaia, una fornace per mostrare dal vivo come si faceva il formaggio, un antico pagliaio.

Reduci da un tuffo nell’immenso, insomma, ci si concede anche un tuffo nel passato.