Agrigento, la metafora che incanta
Articolo di Irene Novello, Foto di Andrea Raiti
“L’Italia senza la Sicilia non lascia alcuna immagine nell’anima: qui è la chiave di tutto”. Questa è la riflessione che fece Goethe, arrivato in Sicilia, durante il suo viaggio in Italia verso la fine del Settecento. Tra le città siciliane che visitò ci fu anche Agrigento e la Valle dei Templi che offre uno straordinario patrimonio paesaggistico e monumentale con i resti dell’antica colonia greca, all’epoca chiamata Akragas. Fondata nel 582 a.C. da coloni provenienti da Gela e da Rodi, fu una delle colonie greche più importanti della Sicilia. Costruita su un altipiano protetto a nord dal colle di Girgenti e dalla Rupe Atenea, sede dell’acropoli, a sud dalla Collina dei Templi, e delimitato ai lati dai fiumi Akragas e Hypsas che verso sud confluiscono in un unico corso d’acqua alla cui foce vi era l’antico porto della città. Durante la tirannia di Terone (488-471 a.C.) e la democrazia del filosofo acragantino Empedocle (471-406 a.C.) la città raggiunse fama e potenza. In questo periodo vengono costruiti i santuari dorici sulla Collina dei Templi. Il conflitto con i Cartaginesi segnò la fine dell’epoca di benessere della colonia e nel 406 a.C. Akragas fu distrutta. Tra il 338-334 a.C. la città vive una nuova fase di sviluppo con l’arrivo dei coloni greci guidati dal condottiero Timoleonte. Con le guerre puniche fu la base dei Cartaginesi contro i Romani che nel 210. a.C. conquistarono la città e cambiarono il nome in Agrigentum. Durante l’epoca cristiana sulla Collina dei Templi sorsero cimiteri e chiese, alcune di queste ricavate dalle strutture degli antichi templi, com’è il caso del Tempio della Concordia che insieme al Partenone (Acropoli di Atene), è considerato il tempio dorico meglio conservato al mondo. L’edificio sacro deve il suo nome a un’iscrizione latina con dedica alla Concordia Agrigentina, rinvenuta nelle sue vicinanze ma non connessa all’edificio sacro. Costruito tra il 440 e il 430 a.C. in calcarenite locale, il basamento poggia su quattro gradini, ha sei colonne sui lati brevi e tredici colonne sui lati lunghi. L’interno è articolato in tre vani: il pronao (l’atrio d’ingresso), la cella (la sede della statua di culto) e l’opistodomo (il vano posteriore dove erano conservate le suppellettili utili ai riti). La struttura era rivestita da uno strato di intonaco bianco decorato con elementi policromi. Il tempio è giunto a noi in ottimo stato di conservazione, perché fu trasformato in basilica cristiana verso la fine del VI secolo d.C.; il vescovo Gregorio lo consacrò ai Santi Apostoli Pietro e Paolo.
Nell’829 la città è conquistata dagli Arabi, all’epoca i quartieri residenziali erano già arroccati sul colle di Girgenti (dall’arabo Gergent), dove oggi si estende l’odierno abitato di Agrigento. Nel 1089 la città cade sotto il dominio dei Normanni.
Agrigento con la Valle dei Templi racchiude in sé l’importanza storica di un’antica città, il Parco offre uno scenario unico dichiarato nel 1997 Patrimonio Mondiale dell’Umanità. È uno dei siti archeologici del Mediterraneo più grande al mondo che ancora oggi non smette di regalare meraviglie. Una delle scoperte più recenti è quella del teatro ellenistico, individuato nell’ottobre del 2016, ancora in fase di studio e di ricerca, era rivolto verso il mare e la Valle, aveva un diametro di oltre cento metri.
Agrigento stupisce meravigliosamente agli occhi dei viaggiatori, definita da Pindaro “la più bella tra le città dei mortali”, terra florida di cultura che ha dato i natali a Pirandello, è oggi tra le dieci città finaliste candidate per il titolo di Capitale della Cultura 2020. La città ha superato in finale le altre ventuno candidate. Le finaliste dovranno presentare un progetto che interesserà l’offerta culturale con l’obiettivo di migliorare la coesione sociale, la creatività, l’innovazione e lo sviluppo economico dell’intera collettività. Il progetto sarà realizzato dalla città vincitrice, con un contributo statale di un milione di euro.